Il 2023 sarà l’anno della sanità digitale? Ecco cosa serve per farcela. di Sergio Pillon

La “digitalizzazione” della sanità è spesso solo di facciata: le prestazioni eseguite in “tele” conservano la stessa macchinosità di quelle eseguita nell’era analogica. Eppure le linee guida per fare bene ci sono. Servono però dei percorsi che abbiano il digitale nel DNA. Non è semplice, ma neanche impossibile

Anno nuovo, governo nuovo, si avvicinano le scadenze del PNRR, il digitale langue e abbiamo un Sistema Sanitario Nazionale sempre più in crisi. Questi sono gli elementi chiave da cui partire per ragionare su cosa vorremmo dal 2023, anzi, piuttosto, su “cosa vorremmo nel 2023” .

Quali sono i cambiamenti di base, plausibili, raggiungibili, che possono portare ad avvicinare le soluzioni ai problemi che tutti noi, addetti ai lavori e non, ben conosciamo? La digitalizzazione può aiutare? Sì ma come?

La ricetta elettronica: emblema di una digitalizzazione solo di facciata

Iniziamo dalla base, dai fondamentali, come dicevano una volta gli allenatori del calcio: la ricetta elettronica. La possiamo chiamare, con sfumature relative al diverso significato operativo, prescrizione elettronica, ricetta dematerializzata… come preferite; ma per il medico ed il paziente nel SSN è sempre la stessa cosa: è un assegno che impegna lo Stato all’esecuzione di una prestazione o alla fornitura di un farmaco o di un dispositivo, sostenendo il SSN tutte o la maggior parte delle spese. Il medico prescrive, il paziente riceve, la regione (lo Stato) paga.

Semplice, certamente, fino a quando vivevamo in un mondo analogico. Scanner ottici, fustelle, numeri unici e codici a barre da digitare nei gestionali, una burocrazia bizantina che si è pian piano “digitalizzata” e lo metto deliberatamente tra virgolette, perché quello che è accaduto è che si è semplicemente cambiato il gestionale, senza cambiare veramente il processo.

Il medico scrive nel PC quello che faceva a penna (almeno può fare copia/incolla o ripetere ricette già fatte con un clic), poi viene compilato un documento PDF, qualcuno (il medico, il farmacista, il paziente) lo stampa e poi…se si tratta di un farmaco ci si “appiccicano” le fustelle adesive staccate dalle confezioni, se si tratta di una visita in ambulatorio quasi sempre bisogna portare la ricetta stampata quando si va per la visita o per l’esame strumentale. Poi l’ambulatorio ci deve mettere un bel timbro di “eseguito” e deve rimandare la ricetta, debitamente firmata sotto il timbro (qualche volta anche controfirmata dal paziente) in modo che possa venire accettata dei sistemi regionali. Dimenticavo, “signora si ricordi il giorno dell’appuntamento di venire in anticipo, dovrà passare al CUP per registrare la ricetta e pagare il ticket, tenga presente che dovrà fare un po’ di fila…”.

Le anomalie della ricetta bianca dematerializzata

Il sistema varia di regione in regione, e, come se non fosse già questo abbastanza ridicolo, le prestazioni eseguite in “TELE” conservano la stessa macchinosità. Ma non finisce qui: i farmaci prescrivibili non sono solo quelli a carico del SSN, sono anche quelli, cosiddetti, di fascia C, a carico totale del paziente. Per capirci, molti ansiolitici, antidolorifici per patologie non croniche, spray, sciroppi, sono prescrivibili con ricetta cosiddetta bianca. Non tutte le regioni hanno attivato la ricetta bianca dematerializzata, oggi si inviano per Whatsapp improbabili foto di ricette ai cellulari dei pazienti, che sperano in farmacisti caritatevoli che, in violazione della legge, forniscano il farmaco. Digitalizzato? Dematerializzato? Mamifacciailpiacere, citando l’intramontabile Totò. Anche in questo caso servono regole nazionali e tempi certi nazionali. La ricetta bianca è prevista per legge ma l’applicazione su scala nazionale è in ritardo. Sempre sulla prescrizione, la “ricetta”, bisogna evidenziare un ultimo “vulnus”: per i medici che non sono nel SSN la ricetta dematerializzata a carico del paziente, una ricetta bianca, non è fattibile, in quanto, anche dove la ricetta bianca è presente, sono state utilizzate le stesse credenziali del SSN. Di conseguenza una televisita privata si deve concludere sempre senza prescrizione, per cui anche molti servizi privati di telemedicina non possono prescrivere, se non con le solite, improbali ricette scannerizzate. Certamente potrebbe essere prodotto un documento con un referto o una ricetta firmata digitalmente ma poi come darlo al farmacista o alla compagnia di assicurazione? Stampato? E come si verifica la firma elettronica sul documento digitale stampato? La soluzione per il 2023? Una profonda, profondissima revisione del sistema della prescrizione/erogazione, una revisione che detti regole nazionali e tempi certi di applicazione.

Nuovi percorsi diagnostico terapeutici assistenziali con il digitale nel DNA

Passiamo al secondo punto decisivo per un 2023 digitale: i medici e gli altri operatori sanitari eseguono visite, consulti, assistenza, ma queste cose hanno nomi differenti per indicare cose analoghe.

Lo screening, la riabilitazione, sono interazioni verbali e fisiche operatore sanitario/paziente, qualche volta con l’interposizione di strumenti, dispositivi medici, dal pulssossimetro, l’ecografo all’elettrocardiografo e molto altro. Se ci mettiamo davanti il prefisso “tele” abbiamo quanto descritto nella gazzetta ufficiale serie generale n.256 del 2 novembre 2022 “Linee guida per i servizi di telemedicina – requisiti funzionali e livelli di servizio.” Nell’incipit si dice chiaramente che “Affinché un assistito possa usufruire dei servizi di telemedicina implementati a livello regionale, quest’ultimo deve risultare eleggibile dal punto di vista clinico, tecnologico, culturale e di autonomia o disponibilità di un caregiver , qualora necessario, nella fruizione dei servizi di telemedicina”. Questa frase è importante perché definisce la base per la telemedicina e, quella trattata nel documento, viene definita chiaramente. Sappiamo che il termine telemedicina non vuol dire molto, la telemedicina è definita dagli atti sanitari compiuti con il tele davanti. In questo decreto viene chiaramente detto che  “i servizi minimi che la infrastruttura regionale di telemedicina deve erogare sono i seguenti:

  1. televisita;
  2. teleconsulto/teleconsulenza;
  3. telemonitoraggio;
  4. teleassistenza”.

Come si farà nel 2023 a rendere questi servizi realmente erogati? Come fare in un SSN con carenze sempre maggiori di personale ad aggiungere questi servizi? Il modello deve essere quello della semplificazione dell’erogazione delle prestazioni sanitarie e man mano che l’infrastruttura di telemedicina verrà acquisita ed installata nelle ASL dovranno crescere di pari passo la domanda e l’offerta. Bene, sembra facile ma non lo è. Una soluzione possibile, che sta portando avanti il DG della ASL Frosinone, Angelo Aliquò, è la realizzazione di “nuovi” percorsi diagnostico terapeutici assistenziali, PDTA, che abbiano il “tele” incorporato nel DNA.

Dunque, televista, teleconsulto, telemonitoraggio, teleassistenza, telescreening e teleriabilitazione nativi nel PDTA della BPCO, delle patologie cardiovascolari, del diabete, ma anche per il tumore della mammella, per il melanoma e in genere tutti i percorsi. Certamente sappiamo che i percorsi possono rimare semplici “pezzi di carta” se poi non c’è una forte pressione del management perché vengano resi operativi ma in questo caso costringono anche l’azienda a ripensare tutto il modello organizzativo, dalla casa della comunità all’ospedale della comunità, alla COT per la gestione delle transizioni assistenziali, al servizio 116117, ambulatorio, MMG, ospedale, distretto.

Conclusioni

Naturalmente servono piattaforme, connettività, infrastruttura informatica di supporto robusta. Le regole nazionali esistono, la piattaforma cloud nazionale è operativa, i fondi per le ASL e le AO per l’infrastruttura e le connessioni sono in arrivo. Nel 2023 cosa vorremmo? Documenti di indirizzo sui PDTA digitali, con il tele all’interno.

L’AGENAS ha pubblicato alcuni eccellenti documenti di indirizzo, ad esempio il PDTA della Sclerosi Multipla che contiene addirittura una scheda per le valutazioni delle competenze informatiche del paziente. Ma non è solo l’AGENAS l’attore: la “palla” sta anche nel campo delle società scientifiche. Vorremmo documenti di posizionamento sul chi, quando, dove, perché e come inserire il tele all’interno dei percorsi. Su tutto? No, ma almeno per l’oncologia, il diabete, la cardiologia, la neurologia e la pneumologia, al centro della trasformazione digitale della gestione dei pazienti. Vorremmo quindi, caro nuovo anno, due cose, solo due: la revisione del sistema della prescrizione/erogazione, una revisione che detti regole nazionali e tempi certi di applicazione e documenti di indirizzo sui PDTA digitali, con il tele all’interno. AGENAS, AIFA e Ministero della salute potrebbero essere la guida per arrivare al risultato.

fonte: agendadigitale.eu

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