Proprio mentre il 31 dicembre il Presidente Mattarella pronunciava il tradizionale discorso di fine anno, richiamando tra tante cose anche i valori della Costituzione, centinaia di detenute e detenuti in regime di semilibertà rientravano a dormire in carcere dopo due anni di licenza straordinaria e di ineccepibile dimostrazione di reinserimento. Il Governo e il Parlamento sono stati sordi di fronte all’appello dei garanti per il rispetto del principio di progressività nel trattamento penitenziario. D’altronde non c’è da aspettarsi senso di umanità da parte di chi proclama di voler essere garantista nel processo e giustizialista nel carcere e alza la bandiera della certezza della pena. A questi bisogna ricordare la lezione di Alessandro Margara.
L’art. 27 della Costituzione rappresenta il fondamento di una concezione della pena non vendicativa e non è un caso che anche in questa legislatura sia stata presentata una proposta per modificarlo cambiandone il segno. Se la modifica dovesse entrare nel confronto politico reale, oltre che essere una bandiera di propaganda, mi auguro che la voce di Mattarella si alzerà forte e chiara.
Fra pochi giorni si insedierà il nuovo Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, il dottor Giovanni Russo, fino ad ora procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia. La scelta del ministro Nordio rientra nella tradizione di affidare quel delicato ruolo a magistrati, preferibilmente a pubblici ministeri. Aspettiamo dunque alla prova dei fatti le intenzioni e l’impostazione che verrà data. Dirigere il sistema carcerario è un compito gravoso per la complessità della macchina amministrativa da riorganizzare a livello centrale e periferico, ma soprattutto per rispondere alle contraddizioni poste da una vasta detenzione sociale che si è manifestata drammaticamente con il record di suicidi l’anno scorso.
Una grande riforma del carcere è indilazionabile e davvero si sa tutto quel che si dovrebbe fare. Si vedrà presto se l’ambizione sarà all’altezza dei problemi o se si sceglierà la strada della gestione burocratica a difesa delle corporazioni.
A Udine per il nuovo anno il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale e due associazioni, Icaro e Società della Ragione, hanno preparato e diffuso un Calendario intitolato “Oltre i muri”, destinato ai detenuti, alla polizia penitenziaria e a tutto il personale e al volontariato, con la scelta di dodici articoli della Costituzione, le immagini della storia della repubblica, alcune poesie dell’Italia civile per accompagnare un anno di grande impegno per la ristrutturazione del carcere, in particolare per la creazione di un polo culturale e formativo.
L’idea è di costruire una diversa concezione del tempo che in galera è un tempo vuoto: un luogo che non sia caratterizzato dal nulla e dal senza, soprattutto senza speranza.
I fronti prioritari su cui si dovrà impegnare la rete dei garanti e il movimento delle associazioni per la giustizia vanno dalla applicazione integrale e aggiornata del Regolamento del 2000, alla risposta ai problemi della salute mentale (senza nostalgie manicomiali), alle pene alternative sul territorio per la popolazione detenuta classificata come tossicodipendente.
Occorre anche una risposta per chi è condannato a pene brevi o a chi è a fine pena: evitare che le persone stiano fino all’ultimo giorno in carcere è davvero un investimento sociale contro la recidiva. La proposta di costruire “case di reintegrazione sociale” per questi soggetti, con una gestione affidata ai sindaci, rivisitando l’esperienza delle case mandamentali, rappresenta una strada che vale la pena di sperimentare per abbattere il sovraffollamento e aiutare a sanare le ferite sociali.
Insomma, una prassi ricca di fantasia e originalità può segnare la differenza.
fonte: il manifesto – Fuoriluogo