Intervista di Luciano Fassari (QS) al segretario FP CGIL Medici Andrea Filippi che boccia tutte le prime mosse del Governo a partire dalla manovra che “finanzia solo il caro energia” passando per l’indennità di pronto soccorso che pensa “di risolvere il tutto con qualche risorsa”…
Segretario, il Governo in Manovra ha messo sul piatto 2,15 mld in più sulla sanità per il 2023 ma nessuno pare apprezzare.
Il motivo è semplice: di fatto questo Governo finanzia solo il caro energia, c’è qualcosa per i vaccini e per i farmaci anti Covid. Niente di più.
Ci sono anche i 200 mln per l’indennità per chi lavora in Pronto soccorso.
Saranno solo dal 2024 ma il problema è che intervengono sul contratto di lavoro senza alcun coinvolgimento dei sindacati. Un’operazione parziale incentrata solo su un premio retributivo che non affronta i reali problemi dei Pronto soccorso, della difficoltà di reclutamento del personale, alla natura del sovraffollamento causato dall’iper afflusso e dalla carenza di posti letto e di assistenza territoriale. Banalmente manca una visione di sistema e si pensa di risolvere il tutto con qualche risorsa.
In prima istanza va rivisto il Dm 70 sugli standard ospedalieri rivedendo i parametri sui posti letto che ormai sono anti storici rispetto alla situazione attuale degli ospedali perché il problema principale per cui i pazienti permangono nei Pronto soccorso è che non ci sono posti letto e che non sono stati ancora creati i servizi sul territorio.
Ecco su quest’ultimo punto sia il sottosegretario Gemmato che il Ministro Schillaci hanno bocciato il Dm 77 e soprattutto le Case della Comunità.
Sbagliano a voler affondare l’impianto della riforma del territorio. Il Dm 77 va certamente modificato ma andando ancora più a fondo nella direzione che il provvedimento traccia. Ovvero creare nuovi servizi come le Case della Comunità all’interno delle quali ci dev’essere un’organizzazione professionale che possa lavorare insieme a pari condizioni di lavoro. E in questa equipe ci devono essere anche i medici dipendenti delle Case della Comunità. Quello che non funzionava nell’impianto messo a punto dal precedente Ministro non erano le Case della Comunità ma il fatto che non si aveva il coraggio di andare oltre una sanità del territorio basata solo sugli studi singoli dei medici di medicina generale.
Senta, il Ministro ha dichiarato che per far fronte alle lunghe liste d’attesa occorrerà che i sanitari siano incentivati a lavorare più ore. È d’accordo?
È un’altra testimonianza di un’assenza di visione della realtà del lavoro nelle aziende sanitarie. In tutti i servizi i medici sono ormai al di sotto della soglia minima di sostenibilità. Ovunque lavorano già molto di più delle 38 ore settimanali, i professionisti ogni anno accumulano un extraorario medio di 200 ore che poi viene occultato senza essere retribuito, per non parlare delle ferie non godute, se il governo ha intenzione di smantellare l’orario di lavoro troverà la nostra ferma opposizione. Casomai il problema delle liste di attesa si risolve assumendo personale e affrontando il problema dell’appropriatezza prescrittiva che sia le regioni sia le aziende non hanno mai voluto colpevolmente vedere. Ecco noi avevamo fiducia che il fatto di avere un Ministro tecnico potesse darci l’opportunità di confrontarci seriamente invece mi pare che abbiamo di fronte un Ministro universitario che nemmeno convoca i professionisti che sono i più competenti in materia dato che la vivono ogni giorno.
E intanto si allarga il fenomeno dei ‘medici a gettone’.
Quello che sta accadendo con i ‘gettonisti’, che noi ripudiamo come idea perché è gravissimo che si trasformi l’immagine dei medici in mercenari, in realtà sta però restituendo il vero valore economico della nostra professione facendo capire quanto vale in realtà il lavoro dei medici che non è quello del contratto di lavoro
Nel dibattito di queste settimane c’è anche la nuova spinta che il Governo vuole dare all’autonomia differenziata.
L’ennesimo colpo mortale al Ssn. Sia chiaro, bisogna essere onesti in sanità con la riforma del Titolo V già esiste una regionalizzazione e abbiamo visto che essa continua a creare disuguaglianze enormi. Ecco se dovesse passare un’autonomia ancora più spinta che interviene sui rapporti di lavoro, sui contratti e sulla formazione non si farà altro che acuire le disuguaglianze. Al di là delle dichiarazioni di facciata avremo un’Italia sempre più spaccata.
Il 15 dicembre scenderete in piazza anche per il contratto.
Ad oggi stiamo ancora aspettando che il Mef bollini l’atto indirizzo per avviare le trattative di un contratto già scaduto e che ha già copertura economica. Un fatto gravissimo e non vorremo essere costretti a discutere l’accordo in tempi brevi perché le risorse vanno distribuite. Noi vorremo avere il tempo per inserire nella contrattazione anche possibili soluzioni organizzative per risolvere i problemi del Ssn anche potenziando le relazioni sindacali, aspetto fondamentale per far ripartire i servizi pubblici che proprio a causa della rinuncia alle relazioni con corpi intermedi sono oggi in crisi.
Fonte: Quotidiano Sanità