Sordi e sordomuti: il linguaggio giuridico e l’uso corrente. di Franca Orletti

La Legge 95/06 [“Nuova disciplina in favore dei minorati auditivi”, N.d.R.] ha stabilito che il termine sordo sostituisse quello di sordomuto in tutti i dispositivi legislativi vigenti, ma non ha detto nulla sull’adozione dei termini sordomuto e sordo in contesti non ufficiali, e qui è l’uso, e non la legge, a dettare le scelte, ovvero la consapevolezza di chi utilizza i termini, gli orientamenti interni alla comunità dei non udenti, la pressione mediatica, e tutti i fattori socio-contestuali che possono influenzare i comportamenti linguistici e orientare le opzioni per l’uno o l’altro termine.

La legge mira a tutelare la persona con disabilità uditiva dalla fallace associazione generalizzata fra due disabilità, insita nel termine sordomuto e nei suoi derivati, come sordomutismoSordità e mutismo sono disabilità distinte, l’una relativa all’udito e l’altra alla produzione orale. Il metterle insieme oscura il fatto che nei sordi l’apparato fono-articolatorio è integro, quindi i sordi possono imparare a parlare. Su questo aspetto si fondano i cosiddetti metodi “oralisti”.

Il mutismo può insorgere nei sordi prelinguali – cioè nei casi in cui la sordità sia presente alla nascita o si manifesti prima dell’apprendimento linguistico -, se non esposti a forme e interventi riabilitativi.
Ci sono insomma sordi e sordomuti, e la gamma di limitazioni alla produzione orale non si può risolvere nella dicotomia fra i due termini, come pure non si possono identificare le risorse semiotiche per comunicare con il solo linguaggio verbale.

Per concludere, quindi, l’intervento legislativo non ha determinato la sostituzione del termine sordomuto con quello di sordo in tutti i contesti, ma sono le scelte della comunità degli utenti nel suo complesso a orientare la preferenza per l’uno e l’altro termine.

fonte testo e immagine: superando.info

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