Qualità e inclusione nella comunità: requisiti dei servizi sociosanitari diurni e residenziali della regione Marche, alcune proposte

Nei prossimi mesi la Regione Marche definirà i requisiti di autorizzazione/accreditamento dei servizi diurni e residenziali sociali, sociosanitari e sanitari, rivolti, tra gli altri, a persone con disabilità e disturbi mentali, anziani non autosufficienti, soggetti con demenza. Le domande che seguono, alcune delle quali hanno come riferimento la situazione vigente, sorgono dal bisogno di vedere finalmente realizzato un sistema di servizi inclusivi, caratterizzati da un’alta qualità, leggibile nella loro organizzazione e nella vita che sono in grado di garantire alle persone.

Servizi residenziali. Verrà dispersa tutta l’esperienza e la cultura regionale, relativamente alle comunità residenziali di piccole dimensioni? Saremo in grado di mantenere e rafforzare una cultura ed una pratica pluriennale, che hanno rappresentato un tentativo concreto di superare la dimensione dell’istituto, come luogo nel quale accogliere persone con disabilità, con problemi psichici, anziani?
Dobbiamo attenderci ancora strutture con stanze da quattro letti, cibo che arriva in contenitori termici, affollamento (non esistono case in cui si vive in venti!), ritmi ospedalieri? Ricordiamoci che sono abitazioni, nelle quali le persone ci vivono anche per decenni. Evitiamo una intollerabile contraddizione, tra alcuni servizi (vedi “dopo di noi”) e il complessivo dell’”offerta residenziale”.
Riusciremo ad eliminare contraddizioni, come quella che riguarda le attuali comunità alloggio (per “disabili non gravi”)? Continuerà ad essere obbligatorio che i due terzi degli abitanti frequentino un Centro socio educativo riabilitativo (per “disabili gravi”)?
Nelle residenze protette per anziani si continueranno a prevedere inadeguati standard di personale, così che siano poi gli utenti a farsi carico dell’onere di integrarli, come dimostrano le convenzioni in atto? Si prevederà uno standard, oggi assente, di attività riabilitativa?
Si metterà fine alla inaccettabile pratica dell’accorpamento, che determina un aggiramento della cosiddetta “capacità recettiva massima” di un servizio, attraverso la somma di “moduli” su “moduli”, fino ad arrivare a strutture di grandi dimensioni, lontane (non solo fisicamente!) dai normali contesti di vita e inevitabilmente vicine a vecchi modelli istituzionali?

Servizi diurni. Verrà superata la contraddizione che caratterizza oggi i Centri socio-educativo-riabilitativi per persone con disabilità grave, nei quali sussiste una suddivisione dell’utenza e degli interventi tra “gravi” e “meno gravi”, assolutamente artificiale e non rispondente alla reale condizione delle persone? Per quale motivo persone nella medesima condizione di gravità dovrebbero ricevere prestazioni con standard diversi, pur frequentando lo stesso servizio?
Verrà stabilita una capacità recettiva massima per i Centri diurni di tipo estensivo, per persone con Alzheimer e con disabilità? E per questi ultimi verranno stabiliti gli standard di personale?
E’ conciliabile la previsione di centri diurni per minori con disturbi neuropsichiatrici con l’adempimento dell’obbligo scolastico?
Temi e questioni che si collegano ad altri aspetti. Ne indichiamo due:
– Un Piano di effettivo sostegno alla domiciliarità, non come servizio residuale o sostitutivo, ma come perno del progetto di vita della persona, che permetta alle persone di scegliere i sostegni che ritengono più adeguati nel quadro di un servizio pubblico che non abbandoni l’utente con un assegno in mano, ma lo supporti innanzitutto con la continuità degli interventi (assegni di cura, assistenza personale autogestita, ecc…) e poi con l’impegno di garantirne qualità e regolarità. Un sostegno il cui finanziamento non deve gravare sui soli fondi sociali, ma anche su quelli sanitari così come avviene nei servizi diurni e residenziali rivolti a persone non autosufficienti.
– L’investimento e quindi il potenziamento dei servizi di valutazione e presa in carico. Un potenziamento che deve passare non solo attraverso la definizione di uno standard minimo incomprimibile di figure professionali, ma anche, in tutti i servizi, con lo stabilire con chiarezza a chi competerà la valutazione, la presa in carico, la definizione del progetto personalizzato e la responsabilità della sua attuazione.
Sono solo alcune delle questioni che riteniamo cruciali, in vista della definizione dei nuovi requisiti di autorizzazione/accreditamento dei servizi: previsioni ed indicazioni importanti, ma che necessitano di avere come riferimento politiche sociali che siano inclusive centrate sulle persone e sulla loro qualità di vita.

GRUPPO SOLIDARIETA’

Moie di Maiolati. Marzo 2018

* Il documento può essere sottoscritto. Le persone e gli enti che condividono i contenuti del manifesto/appello possono farlo inviando comunicazione all’indirizzo grusol@grusol.it.

Le singole persone e gli enti accanto al nome indichino il luogo di residenza.

Il documento verrà diffuso e periodicamente aggiornato con l’aggiunta delle nuove adesioni

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