L’uso della telemedicina per fare diagnosi e terapie a distanza si rende sempre più necessario in Italia, soprattutto se consideriamo che la problematica delle malattie croniche sta diventando sempre più centrale e prioritaria. Ma in cosa consistono i servizi di telemedicina, con quali dispositivi devono essere fruiti e quali pazienti sono “eleggibili” a livello clinico per usufruirne?
Innanzitutto, partiamo col sottolineare che la telemedicina ha fatto il suo ingresso nel Servizio Sanitario Nazionale nel dicembre 2020 con la firma del ministero della Salute alla Conferenza Stato-Regione sulle linee guida con le regole per visite, consulti, referti e teleassistenza.
Cos’è la telemedicina e chi può usufruirne
È lo stesso ministero, quindi, nelle Linee di indirizzo nazionali, a fornire una definizione di cosa sia la telemedicina: “Per Telemedicina si intende una modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria, tramite il ricorso a tecnologie innovative, in particolare alle Information and Communication Technologies (ICT), in situazioni in cui il professionista della salute e il paziente (o due professionisti) non si trovano nella stessa località. La Telemedicina comporta la trasmissione sicura di informazioni e dati di carattere medico nella forma di testi, suoni, immagini o altre forme necessarie per la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e il successivo controllo dei pazienti. I servizi di Telemedicina vanno assimilati a qualunque servizio sanitario diagnostico/ terapeutico. Tuttavia la prestazione in Telemedicina non sostituisce la prestazione sanitaria tradizionale nel rapporto personale medico-paziente, ma la integra per potenzialmente migliorare efficacia, efficienza e appropriatezza. La Telemedicina deve altresì ottemperare a tutti i diritti e obblighi propri di qualsiasi atto sanitario.”
- televisita;
- teleconsulto/teleconsulenza;
- telemonitoraggio;
- teleassistenza.”
Per ciascuna delle quattro attività, il paziente deve essere eleggibile secondo quattro parametri:
- la clinica,
- la tecnologia che ha a disposizione,
- la cultura,
- il livello di autonomia o la disponibilità di un supporto (caregiver o simili).
Telemedicina e trattamento delle malattie croniche
Come detto, la telemedicina può fare la differenza, per pazienti e SSN, nel caso del trattamento delle malattie croniche. Secondo l’OMS, tra le malattie croniche più comuni nel mondo, ad elevata incidenza di mortalità ci sono le malattie cardiovascolari (responsabili per 17,5 milioni di morti all’anno), il cancro (7,6 milioni), le malattie respiratorie croniche (4.1 milioni) e il diabete (1,1 milioni).
Ad esempio, l’ipertensione non trattata, uno dei principali fattori di rischio (aterosclerosi nelle arterie coronarie, carotidi, arterie renali e degli arti inferiori) potrebbe essere tenuta sotto controllo da remoto con relativa semplicità.
Secondo gli esperti dell’OMS nel 2000 circa 1 miliardo di persone soffrivano di ipertensione nel mondo (pari a oltre il 25% della popolazione mondiale di età superiore ai 20 anni).
Secondo le stime, nel 2025 il numero delle persone con ipertensione dovrebbe arrivare a 1,5 mld persone (quasi il 30% della popolazione).
Se guardiamo ad esempio all’ipertensione, possiamo dedurre che essa è la causa di circa il 14% di tutti i decessi nel mondo ed è anche una delle cause più comuni di disabilità. È stato infatti dimostrato che la proporzione di pazienti con ipertensione aumenta con l’età della popolazione.
Secondo alcune stime, poi, il semplice tele-monitoraggio a casa dei malati cardiologici ridurrebbe il numero di giorni di degenza del 26% e consentirebbe un risparmio del 10% dei costi sanitari, con un aumento dei tassi di sopravvivenza del 15%.
La telemedicina, quindi, può rappresentare la frontiera per rendere questi pazienti autonomi il più rapidamente possibile e agevolarne l’autogestione (autosufficienza nella propria casa, nel “quartiere” in cui si sono abituati a vivere). Si attiverebbe una rete integrata ospedale-territorio-domicilio, in cui dovrebbero interagire le varie figure professionali che sono già in campo (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, infermieri e podologi esperti, medici e chirurghi specialisti nei vari settori di competenza delle patologie interessate) e si potrebbe pensare alla discesa in campo di forze nuove utili (come i farmacisti esperti in tale settore), cui demandare altri compiti come la gestione degli appuntamenti con i professionisti prima menzionati, la preparazione di prodotti galenici ad hoc, la sensibilizzazione e l’educazione sanitaria di pazienti e care-givers.
Gli obiettivi della telemedicina
Obiettivo imprescindibile della sanità elettronica non può che essere anche quello di contribuire alla profonda ristrutturazione del sistema sanità, alla sua razionalizzazione e ottimizzazione, migliorando l’efficienza complessiva e riducendone contemporaneamente i costi di gestione.
La tecnologia applicata sarà in funzione della diagnosi precoce e terrà costantemente sotto controllo la situazione clinica e l’appropriatezza della cura. La tecnologia costituisce il mezzo fondamentale per fronteggiare le esigenze di un servizio continuo di assistenza da remoto, da costruire intorno al paziente, sulla base della patologia esistente.
Il monitoraggio continuo consentirà l’individuazione tempestiva di criticità, permettendo l’adozione di interventi e misure correttive prima che appaiano complicazioni più gravi, con ricadute positive sia per il paziente, sia per il sistema sanitario in termini di riduzione di costi.
Perché la telemedicina affronta i problemi della Sanità contemporanea
I fenomeni più importanti che caratterizzano e accompagnano la crescita della domanda di servizi di telemedicina sono:
- l’invecchiamento della popolazione e la limitata capacità di fornire assistenza a tempo pieno in centri di cura per gli anziani;
- i programmi di governo per combattere malattie e stili di vita sbagliati, anche attraverso azioni di prevenzione su larga scala;
- l’aumento del numero di pazienti affetti da malattie croniche, che risiedono permanentemente in casa;
- la diminuzione del numero di professionisti nella sanità e un più facile accesso agli specialisti;
- le nuove tecnologie di trattamento.
I servizi di telemedicina, in particolare puntano a:
- intervenire in una fase precoce della malattia attraverso il monitoraggio, e quindi ridurre il tasso d’aggravamento e di mortalità;
- ridurre il numero di giorni di degenza ospedaliera;
- razionalizzare le decisioni attraverso la consultazione a distanza con gli specialisti;
- ridurre il costo della cura del paziente.
L’impatto della Telemedicina sul Sistema Sanitario Nazionale
Il cambiamento di paradigma nei sistemi sanitari comporta una diversa focalizzazione nei livelli di cura e nei percorsi di salute del mercato sanitario, che vede il passaggio dalla centralità dell’ospedale per le cure intensive, al territorio e alla continuità assistenziale presso il domicilio del cittadino, ponendo l’accento quindi sull’aspetto della prevenzione e del monitoraggio pre-acuzie.
L’onere economico derivante dal funzionamento dei sistemi sanitari rischia ormai di essere insostenibile, esso assorbe in media il 10,3% del PIL nazionale dell’Unione Europea e in Italia circa il 9,1%. Un dato destinato ad aumentare con il crescente incremento delle malattie croniche che rappresentano il 75% della spesa, anche per il costante invecchiamento della popolazione. Esiste un’aspettativa di aumento della popolazione d’età superiore a 65 anni dal 21% degli anziani di oggi, fino al 34% nel 2051. Il rapporto di dipendenza degli anziani (oltre 65 anni) rispetto all’assistenza dei giovani (fino a 64 anni) è destinato a crescere di oltre 1/3 (oggi esistono 3 giovani per ogni anziano, nel 2051 saranno 1,9 giovani per anziano).
Se analizziamo la crescita della domanda dei servizi di assistenza domiciliare (e quindi del mercato di riferimento pubblico e privato) possiamo notare che essi sono praticamente gli stessi di quelli esaminati esponendo la “crescita dei servizi di telemedicina”.
Considerando l’impegno delle Regioni nel piano di rientro dal disavanzo sanitario, obiettivo imprescindibile della sanità elettronica non può che essere anche quello di contribuire alla profonda ristrutturazione del sistema sanità, alla sua razionalizzazione e ottimizzazione, migliorando l’efficienza complessiva e riducendone contemporaneamente i costi di gestione.
Uno studio dell’Ente di Assistenza e Previdenza dei medici (E.N.P.A.M.) calcolava (nel 2012) un risparmio di tre miliardi di euro l’anno per l’uso di strumentazione digitale grazie alla deospedalizzazione di pazienti cronici resa possibile dalle tecnologie a supporto della medicina sul territorio e dell’assistenza domiciliare; 1,37 miliardi per risparmi di tempo in attività mediche e infermieristiche grazie all’introduzione della cartella clinica elettronica; 860 milioni grazie alla dematerializzazione dei referti e delle immagini; 860 milioni grazie alla riduzione di ricoveri dovuti a errori evitabili attraverso sistemi di gestione informatizzata dei farmaci; 370 milioni di euro si otterrebbero grazie alla consegna dei referti via web; 160 milioni con la prenotazione online delle prestazioni; 150 milioni attraverso la razionalizzazione dei data center presenti sul territorio e al progressivo utilizzo di tecniche di virtualizzazione, e infine altri 20 milioni per la riduzione dei costi di stampa delle cartelle cliniche.
Anche a livello internazionale la telemedicina viene considerata la migliore soluzione possibile per fronteggiare le esigenze dell’assistenza sanitaria in termini di efficienza, di attenzione alla persona e di contenimento della spesa (cfr. in particolare, la Risoluzione del Parlamento europeo 2006/2275 del 23 maggio 2007 e la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo in data 4/11/2008/ Com 2008/689).
La nuova Sanità digitale fondata sulla telemedicina
Il 24 maggio 2022 sono state pubblicate sulla gazzetta ufficiale le linee guida organizzative contenenti il “Modello digitale per l’attuazione dell’assistenza domiciliare”, contenute nel decreto che l’ex Ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato il decreto 29 aprile 2022, dopo aver acquisito il parere favorevole dalla Conferenza Stato Regioni.
I cinque assi di azione su cui si basano le linee guida sono:
1) Lea, disuguaglianze e territorio;
2) l’approccio One Health;
3) revisione della rete ospedaliera;
4) digitalizzazione e nuove tecnologie;
5) ecosistema “innovazione per la salute”.
Che fare per sviluppare la telemedicina in Italia
Sicuramente la prima cosa da fare per il vero decollo della telemedicina nel nostro paese è cercare di “far parlare a tutti la stessa lingua”. Quindi formazione-informazione destinata a tutte le figure professionali coinvolte nel progetto.
In particolare, alcune priorità sarebbero assolutamente necessarie, ad esempio:
- migliorare la formazione del personale medico/infermieristico capace di seguire i pazienti nei vari reparti e presso gli ambulatori medico/infermieristici;
- divulgare le linee guida per un corretto trattamento delle ferite difficili attraverso tutti i mezzi a disposizione da parte della comunità scientifica, quali newsletter, riviste scientifiche, incontri, eventi frontali e online.
- informare i medici di famiglia su riferimenti, specializzati sulla materia, in ospedale e sul territorio in modo da poter avere luoghi sicuri di riferimento per informazioni, inquadramento diagnostico-terapeutico, impostazione di medicazioni corrette, l’educazione dei care-givers per autonomizzare in tempi brevi i pazienti, ed il controllo periodico programmato a distanza (via telematica) e dal vivo (controlli ambulatoriali).
Tutto ciò ovviamente permetterebbe anche un risparmio e una gestione migliore dei casi. Inoltre, se pensiamo alla tecnologia, molti dispositivi medici portatili sono divenuti oramai familiari.
Termometri digitali, misuratori della pressione, sistemi di monitoraggio della glicemia, misuratori dell’ossigeno nel sangue e sistemi di monitoraggio della frequenza cardiaca sono apparecchi non invasivi ormai noti e usati in forma domiciliare.
Questa è una tendenza in continua evoluzione, parallelamente al fatto che gli apparecchi vengono creati con funzionalità di monitoraggio sempre più sensibili e algoritmi avanzati per consentire funzioni di diagnostica e trattamento e per essere utilizzati anche fuori dall’ambulatorio medico.
L’Internet delle Cose, consentendo di connettere fra loro i dispositivi capaci di intercomunicare e di adattare il loro comportamento ai dati e alle informazioni che ricevono, può dar vita a veri e propri sistemi intelligenti e integrati, grazie all’elaborazione dell’informazione che monitorano e ottimizzano.
I dispositivi si comportano come sensori, a loro volta controllati a distanza attraverso la Rete.
Inoltre, con la diffusione delle soluzioni di e-Health e dei sensori Internet connessi si affacciano anche nuove questioni riguardanti la privacy e la sicurezza del paziente, nonché la qualità, la funzionalità e la certificazione delle applicazioni.
Nel contesto socio-economico attuale sarà quindi fondamentale la realizzazione di un modello sanitario volto a efficienza e continuità nella cura della salute, che porterà a migliorare la qualità della vita dei pazienti (non solo anziani), ottimizzando le risorse esistenti e riducendo i costi. In questa prospettiva, è di particolare importanza il decentramento del trattamento, andando, ove possibile, dall’ospedale al sistema di assistenza domiciliare, migliorando nel contempo la qualità e l’efficacia delle cure mediche professionali dei pazienti.
Sanità digitale, telemedicina e intelligenza artificiale
La medicina basata sull’osservazione degli eventi è stata per molto tempo, a partire da Ippocrate, il criterio guida epistemologico della professione sanitaria. Tale criterio si è poi evoluto con il progredire della medicina fino ad arrivare alla formulazione della Evidence-Based Medicine (EMB).
Questa può essere definita come “il processo della ricerca, della valutazione e dell’uso sistematico dei risultati della ricerca contemporanea come base per le decisioni cliniche” o anche come “l’uso di stime matematiche del rischio, dei benefici e dei danni derivate da ricerche di alta qualità su campioni di popolazione, per supportare il processo decisionale clinico nelle fasi di indagine diagnostica o nella gestione di singoli pazienti”.
La possibilità di utilizzare i big data e l’intelligenza artificiale stravolge questo assunto epistemologico della pratica clinica contemporanea. Infatti con l’’utilizzo dei big data e dell’intelligenza artificiale nasce, invece, la medicina basata su ciò che non è evidente per il singolo medico umano, ma può diventare evidente con l’utilizzo dei big data e delle tecniche di deep learning in quanto in grado di considerare e processare molte più informazioni di quanto sia possibile ad un essere umano.
Oggi con l’utilizzo dei big data in Sanità e delle tecniche di deep learning siamo in grado di fare una effettiva medicina predittiva e preventiva molto tempo prima della comparsa dei sintomi e per le patologie croniche e ingravescenti questo costituisce un notevole vantaggio. L’accesso istantaneo all’intero set di dati consente di prevedere l’evoluzione del quadro clinico attraverso algoritmi decisionali di supporto che rendano maggiormente efficiente l’intero processo. Il tutto viene realizzato enfatizzando la natura costruttivistica del processo, finalizzata a portare un notevole vantaggio a tutti gli stakeholder interessati nel percorso di cura e assistenza dell’individuo.
Il Fascicolo Sanitario Elettronico
Il modello diagnostico-assistenziale basato anche fascicolo elettronico sanitario personalizzato sarà in grado di rispondere alle richieste di servizi di diagnosi, prognosi e cura sempre più efficaci, efficienti e di qualità per il paziente il cui trade-off tra livello di servizio e costi di realizzazione, potrà essere attenuato grazie all’applicazione di tecnologie, sistemi e procedure innovative di gestione del processo clinico secondo una logica di e-Health Service Management. La creazione del fascicolo elettronico sanitario che si arricchisce continuamente con il monitoraggio di valori rilevati in remoto contribuisce, a rendere diagnosticabili in una fase molto iniziale molte patologie, a individuare situazioni di rischi, a gestire a distanza l’assistenza e la cura.
Il monitoraggio dello stato di salute, la prevenzione di situazioni critiche e il supporto ad attività quotidiane rappresentano, quindi, un ambito applicativo emergente a livello sanitario, con particolare riferimento alle persone fragili, anziane e con patologie croniche.
Ma, ad oggi, lo stato di attuazione del fascicolo sanitario in Italia è gestito dalle regioni in maniera disomogenea, cosa che potrebbe anche comportare una non intercomunicabilità dei dati.
In Italia, quindi, il fascicolo sanitario elettronico oggi è un miraggio per un numero consistente di cittadini. Anche le regioni che hanno avviato progetti in questo campo non hanno sempre tenuto in debito conto la necessità dell’interoperabilità nello scambio dei dati. Senza fascicolo sanitario elettronico non solo diventano impossibili le applicazioni avanzate della sanità 4.0, ma perdono di efficacia anche le normali procedure sanitarie. Le grandi difficoltà che molte regioni hanno avuto nell’implementazione di una strategia vaccinale efficace sono causate da questa mancata digitalizzazione. Se avessimo avuto un sistema di gestione nazionale del fascicolo sanitario elettronico, avremmo potuto procedere alla vaccinazione chiamando nominativamente e in base alle priorità i singoli cittadini, sapendo in anticipo quali erano i più fragili, andando a vaccinare a domicilio quelli che non erano in grado di spostarsi. Avremmo quindi velocizzato la procedura ed evitato il costo del ricorso a piattaforme di prenotazione esterne al sistema sanitario.
I divari nell’introduzione nel Fascicolo Sanitario Elettronico, come anche il divario tecnologico nella sanità digitale italiana, possono essere ricondotti alla frammentazione regionale delle politiche sanitarie. Una sanità regionale gestita e governata da 19 regioni e due province autonome ha prodotto il frutto malato di una scarsa capacità innovativa, una gestione più attenta ai bilanci che ai reali bisogni dei cittadini con il contorno di fenomeni corruttivi e di illegalità diffuse che in maniera generalizzata hanno colpito tutti i sistemi sanitari regionali. Una recente ricerca (Marino D., Priolo M., “La Governance della Sanità in Italia dopo la Riforma del Titolo V, conflitti costituzionali e divari regionali, pubblicata su “Economia Politica”) ha messo in evidenza tutte le criticità di una sanità regionalizzata. Alla luce, infatti, delle esperienze maturate durante la gestione della pandemia, appare imprescindibile, per poter efficacemente realizzare il “Modello digitale per l’attuazione dell’assistenza domiciliare”, superare la regionalizzazione della Sanità. Gli indicatori del sistema sanitario mostrano una situazione di divario regionale evidente, sia nei Lea che nella mobilità regionale. La considerazione fondamentale è che occorre ripensare il modello del regionalismo italiano e soprattutto correggere alcune anomalie nate dalla riforma del titolo V della Costituzione che hanno dimostrato limiti evidenti nell’applicazione alla sanità.
La lezione che abbiamo imparato dal Covid 19
A render ancor più evidente che un sistema sanitario moderno non può prescindere dalla telemedicina e dalla sanità digitale è stata l’epidemia di Covid 19.
I fatti stilizzati e i numeri dell’epidemia osservati nelle diverse regioni evidenziano che l’efficacia delle misure di contenimento sono strettamente legate alla capacità di risposta della sanità territoriale. Le differenze fra i tassi di letalità e i tassi di diffusione del contagio di Veneto e Lombardia possono spiegarsi solo con la diversa efficienza della sanità territoriale. In Lombardia vi è un sistema ospedaliero pubblico e privato molto forte che però di fatto ha diminuito il peso della sanità territoriale. Gli ospedali e le loro strutture di medicina di emergenza hanno di fatto sostituito la figura e il ruolo del medico di base. In condizioni normalità questo poteva anche essere un punto di forza e uno strumento per ridurre i costi della sanità, ma di fronte ad un’emergenza diffusa sul territorio, gli ospedali sono presto entrati in crisi e alcune volte, senza il filtro del territorio, sono diventati anche dei moltiplicatori del contagio.
La lezione che dovremmo imparare da questa epidemia è che riorganizzare la sanità territoriale è, quindi, una necessità per combattere i nuovi rischi pandemici e questa riorganizzazione deve essere tecnologica e sfruttare tutte le potenzialità della telemedicina. Il monitoraggio dei pazienti attraverso sensori collegati con il medico di base può rendere più efficiente ed efficace la gestione del paziente e anche migliorare la prognosi della malattia, miglioramento della prognosi che significa anche un minor tasso di utilizzo della terapia intensiva. Per la sanità occorre una rivoluzione, tenendo conto che intervenendo oggi possiamo avere i risultati tra almeno due anni. Occorre riprogettare la rete dei servizi territoriali, valorizzando il ruolo dei medici di base e introducendo strumenti di teleassistenza e di telemedicina. Sono interventi a costo zero, che non necessitano di risorse aggiuntive, ma che hanno bisogno solo di capacità di programmazione e di competenza.
Conclusioni
Il Covid-19 ha contribuito a mettere a nudo chiaramente tutta la debolezza di un sistema che dietro un apparente aura di efficienza, nascondeva i limiti di un modello organizzativo che non aveva il paziente come riferimento finale. Si è costruito un sistema ospedalicentrico misto pubblico privato, che insegue i DRG più sostanziosi e che drena risorse, attraverso la mobilità sanitaria, ad altre regioni La sanità territoriale viene penalizzata e ridotta al lumicino, lasciando ai pronto soccorso degli ospedali il compito di diventare il trait d’union fra il paziente e il sistema sanitario.
Un modello, in sostanza, che tende sostanzialmente ad ampliare i divari regionali della sanità piuttosto che ridurli.
Nella gestione della pandemia è stato immediatamente evidente che è difficile avere una strategia di contrasto unica, che è pur necessaria, se 20 regioni possono decidere in maniera difforme, ma a ben pensare anche in condizioni di normalità una sanità regionale non fa che amplificare le disparità regionali, alimentando una competizione sulle risorse fra le diverse regioni il cui effetto è la mobilità sanitaria. La ricetta è, quindi, quella di tornare ad una sanità nazionale e all’interno di questo quadro il “Modello digitale per l’attuazione dell’assistenza domiciliare” può costituire, se attuate, un netto miglioramento per l’organizzazione sanitaria e di conseguenza per il benessere dei cittadini.
fonte: agendadigitale.eu
Gli Autori:
Università Degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria
Universita’ di Messina
P4C – Prepare for Change
Universita’ Mediterranea di Reggio Calabria