A chi fa paura un cavallo di legno e cartapesta mentre questo nostro mondo è in fiamme, sullo sfondo persino la minaccia nucleare? Eppure Marco Cavallo ha questo potere: innervosisce ancora il triste circolo dei cosiddetti benpensanti, quelli che amano muri e recinti, che i matti li vorrebbero aiutare a “casa loro”, cioè dentro il manicomio.
Le ultime di Marco Cavallo le conoscete. Un sindaco leghista (a Muggia) ha deciso di liberarsene considerandolo un “ingombro”. Quando non è in trasferta, a rappresentare l’Italia della riforma psichiatrica che ha restituito dignità ai malati, Marco se ne sta tranquillo (anche perchè è di cartapesta e vetroresina, quindi non va strigliato) nei depositi del piccolo Comune guidato dal piccolo sindaco salviniano. Annunciato lo sfratto, con le inevitabili polemiche, è partita una fase incerta. Non si sa ancora che fine farà la macchina teatrale più famosa e longeva d’Europa, ideata da Peppe Dell’Acqua e Giuliano Scabia, e realizzata da Vittorio Basaglia. In tanti si stanno facendo avanti per ospitare Marco. Questa mite scultura che, nel 1973, sfondò la rete di recinzione del manicomio di Trieste e “liberò” i matti, troverà alla fine il rifugio che si merita. Ne sono sicura.
Resta però il sapore amaro di un’incomunicabilità pesante. Perché aver paura di un cavallo? Perché “sfrattarlo” dopo tanti anni di onorato servizio? La risposta è chiara. Per una parte della politica e della società Marco rappresenta un’idea “sovversiva” di libertà, il suo colore blu cielo, la sua capacità intatta di far sperare e sognare, infastidisce i cultori della diseguaglianza, della normalizzazione che ora si sentono più forti. Io, da triestina, ricordo bene Marco, ricordo l’orgoglio di appartenere alla città che lo fece scalpitare in mezzo alla gente (matti e non), ricordo di aver sempre pensato che era semplicemente geniale aver affidato a un cavallo l’apertura al mondo dei malati di San Giovanni. Se proprio dovesse sentirsi solo e abbandonato, Marco lo ospiterò a casa mia.
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Un numero inimmaginabile di vecchi compagni di lotta, nuovi amici, tanti sconosciuti, hanno scritto a Marco Cavallo, chi per ospitarlo, chi per invitarlo a un evento, chi per manifestare il suo disappunto e la sua incredulità. Anche l’Ippogrifo si è fatto sentire, se serve, gli ha detto, possiamo volare insieme sulla Luna…
Non siamo riusciti a raccogliere tutto, intanto i link che seguono ci aiutano a toccare lo spessore della coralità. Cominciamo a pensare che qualcosa dovremo fare. Dovremo fare qualcosa di grande.
Il 25 febbraio prossimo fanno 50 anni che il Cavallo, divenuto enorme per il carico di bisogni e desideri che portava nella sua pancia, ha dovuto rompere i muri per poter uscire.
Dobbiamo fare qualcosa di veramente grande. Più passano gli anni e più ci rendiamo conto che Marco Cavallo non può più trattenersi, deve dire la verità.
https://ristretti.org/famiglie-disagio-psichico-e-porte-chiuse
https://www.doppiozero.com/marco-cavallo-sfrattare-la-liberazione
https://www.spmii.it/una-casa-per-marco-cavallo
https://zic.it/petizione-una-casa-per-marco-cavallo/
https://ilmanifesto.it/marco-cavallo-e-lo-stalliere
fonte: FSM La terra è blu