Una malattia sconosciuta colpisce gli agricoltori delle regioni calde del mondo. Tassi di incidenza più elevati di malattie renali si riscontrano tra i lavoratori esposti a stress da calore ripetuto, disidratazione cronica e sforzo eccessivo.
Verso la fine degli anni ’90, alcuni medici dell’America Centrale notarono che un gran numero di giovani agricoltori che lavoravano presso le piantagioni di canna da zucchero era affetto da una malattia renale sconosciuta con conseguenze letali. Il dottor Ramón García Trabanino fu il primo a descrivere questa nuova malattia, conducendo uno studio nella città di San Salvador (Repubblica di El Salvador) nel 2002. Prendendo in considerazione tutti i casi di insufficienza renale allo stadio terminale che erano stati osservati nel più grande ospedale della città, si accorse che era possibile distinguere chiaramente due gruppi di pazienti. Il primo gruppo di pazienti con insufficienza renale presentava i classici fattori di rischio della malattia come l’ipertensione e il diabete. Il secondo gruppo non presentava questi fattori di rischio, ma presentava caratteristiche peculiari: i pazienti erano prevalentemente maschi, avevano un’età media più giovane, i tre quarti di loro avevano lavorato come agricoltori e quasi tutti provenivano da aree rurali. Oltre il 70% riferiva di aver avuto contatto frequente con erbicidi o pesticidi, di solito senza una protezione adeguata (1). Dopo lo studio di Trabanino, furono condotte nuove ricerche per indagare le possibili cause della malattia e ampliare le conoscenze sull’epidemia che continuava a colpire principalmente gli agricoltori impegnati nella produzione di canna da zucchero.
La Figura 1 mostra la tempistica degli studi condotti nei primi anni dalla scoperta della malattia (2).
Nel primo decennio dalla scoperta della malattia, nonostante il ritmo lento con cui furono condotti gli studi a causa delle difficili condizioni in cui versavano i paesi colpiti, avanzarono nuove ipotesi sui determinanti della malattia e furono pubblicati i primi report che denunciavano la presenza della malattia in altri paesi dell’America Centrale: Messico, Guatemala, Honduras, Costa Rica e Nicaragua (2). Per questo motivo, fu proposto per la malattia il nome di “nefropatia mesoamericana”. Nel 2013, la Pan American Health Organization (PAHO) ha riconosciuto ufficialmente la malattia. La PAHO si riferirà successivamente alla malattia con il nome chronic kidney disease of nontraditional etiology (CKDnT), ovvero “malattia renale cronica ad eziologia non tradizionale”, non essendo la condizione determinata dai classici fattori di rischio della malattia renale cronica (3). Epidemie di malattie renali croniche con caratteristiche molto simili alla CKDnT sono state identificate nelle popolazioni di agricoltori in Sri Lanka, in India (Uddanam) e in altre regioni calde del mondo come l’Egitto (4).
La Figura 2 mostra la diffusione globale della malattia renale cronica da cause non specificate nel 2019 (fonte: Global Burden of Disease, 2019)(5).
Dal 1990 al 2017 è stato osservato un importante aumento dei tassi di incidenza di malattia renale cronica standardizzati per età nei paesi dell’America Centrale (6). Nella Figura 3 si può osservare il rilevante aumento del tasso di mortalità per malattia renale cronica da causa non specificata che si è verificato negli ultimi tre decenni in Messico, Nicaragua e nella Repubblica di El Salvador. Nel 2012, è stato stimato che la CKDnT avesse causato già almeno 20 000 decessi in America Centrale (4). Secondo le stime del Institute of Health Metrics and Evaluation (IHME), la CKDnT è tra le prime 10 cause di anni di vita persi per disabilità o per morte prematura (DALYs, Disability Adjusted Life Years) in America Latina. In effetti, i DALY attribuibili alla CKDnT sono raddoppiati in questa regione tra il 1990 e il 2015, e la CKDnT è passata dal 18° al 5° posto come causa di DALY (3).
Figura 3. Tasso di mortalità per malattia renale cronica da causa non specificata in Messico, Nicaragua e Repubblica di El Salvador dal 1990 al 2019 (per 100 000 abitanti, entrambi i sessi, tutte le età; fonte: Global Burden of Disease) (5).
Nonostante sia stata osservata una prevalenza più elevata della malattia tra i lavoratori della canna da zucchero, la condizione colpisce anche gli agricoltori che lavorano nelle piantagioni di cotone ed i lavoratori in ambienti industriali come cantieri e miniere. La malattia è più comune tra coloro che lavorano al livello del mare ed è meno frequente tra gli stessi lavoratori della canna da zucchero o delle piantagioni di caffè che lavorano a quote più elevate. Inoltre, manifestazioni più lievi e meno frequenti di malattia renale sono state osservate anche nelle donne e nei bambini che vivono nelle regioni interessate (4).
Quali possono essere le cause di questa malattia poco conosciuta?
Secondo la PAHO, diversi determinanti concorrono a causare la malattia, secondo un modello multifattoriale rappresentato nella Figura 4 (3).
Un ruolo centrale sarebbe svolto dall’esposizione a sostanze tossiche, quali fertilizzanti sintetici e pesticidi, dalle condizioni di lavoro stressanti che affrontano gli agricoltori e da alterazioni dello sviluppo renale. In orbita attorno alle principali categorie di rischio vi sono i “tradizionali” fattori esacerbanti il danno renale, come l’invecchiamento, il diabete, l’ipertensione, le malattie vascolari e l’obesità. Un ruolo analogo sarebbe svolto dal danno renale acuto, dalle infezioni, dall’infiammazione, dal trauma renale, dalla calcolosi e da fattori comportamentali come il consumo di zucchero, fumo e alcol. Anche i fattori genetici potrebbero influenzare la suscettibilità dell’individuo al danno renale.
Non bisogna, però, dimenticare l’importante ruolo del contesto sociale: un basso status socioeconomico, pratiche agricole non sostenibili come l’eccessivo utilizzo di fertilizzanti sintetici e pesticidi, la mancanza o l’inadeguatezza di un sistema normativo per l’igiene e la sicurezza occupazionale e ambientale, e servizi sanitari assenti o di scarsa qualità potrebbero favorire lo sviluppo delle epidemie. Nonostante il modello di sviluppo della malattia descritto sia il più plausibile, è necessario sottolineare che le cause della malattia non sono ancora ben comprese e la loro comprensione rimane una sfida per la comunità scientifica internazionale.
Il ruolo della crisi climatica
Analisi effettuate sui lavoratori della canna da zucchero hanno mostrato lo sviluppo di importanti segni di disidratazione durante il lavoro come svenimenti e colpi di calore (7). In questi lavoratori, oltre un’insufficiente idratazione, è stata osservata l’assunzione di acqua con una frequenza non sufficiente, solitamente al termine del turno di lavoro, mentre sarebbe opportuna un’assunzione di acqua frequente durante il lavoro (8). L’osservazione che le epidemie di CKDnT interessavano principalmente le regioni più calde dell’America Centrale, unita all’evidenza che i lavoratori più frequentemente colpiti dalla malattia erano ripetutamente esposti a temperature elevate, ha portato a ipotizzare che la malattia potesse essere correlata al riscaldamento globale (9). L’esposizione professionale allo stress da calore è stata collegata a tassi di incidenza più elevati di malattie renali: lo stress da calore ripetuto e la disidratazione cronica, specialmente se associati a uno sforzo eccessivo, possono portare a diversi processi fisiopatologici che conducono i lavoratori a sviluppare insufficienza renale, anomalie elettrolitiche, calcoli renali o infezioni delle vie urinarie (10).
Nonostante l’aumento dell’incidenza della malattia possa essere dovuto, in parte, a un miglioramento nella diagnosi e nella sorveglianza, è probabile che si sia verificato anche un aumento dell’incidenza correlato all’aumento delle temperature estreme che sono state osservate negli ultimi decenni (11). La CKDnT potrebbe essere una delle prime grandi malattie attribuibili al cambiamento climatico e all’effetto serra (8).
Il presente e il futuro delle epidemie di malattia renale cronica
Sono molti i pazienti che giungono al pronto soccorso con malattia renale allo stadio terminale, richiedendo la dialisi in urgenza (2). Il trattamento, che per i pazienti in questi stadi consisterebbe nella dialisi e nel trapianto, presenta un costo elevato e non sempre è disponibile a causa delle limitate risorse a disposizione nelle regioni colpite dalla malattia (4). Le misure preventive che sono messe in atto ad oggi comprendono programmi per garantire l’igiene delle acque e per ridurre l’esposizione alle tossine, ma anche misure di prevenzione individuali come un’idratazione adeguata, il riposo e la riduzione dell’esposizione al sole per i lavoratori a rischio. Tuttavia, non esistono evidenze che questi interventi stiano riducendo effettivamente l’incidenza di CKDnT nei paesi colpiti (4).
In Nicaragua, uno dei paesi più colpiti dall’epidemia, la CKDnT è ufficialmente riconosciuta come malattia professionale, ma per beneficiare delle prestazioni e dell’assistenza sanitaria specialistica i pazienti devono dimostrare di aver lavorato per 250 settimane e di essersi ammalati durante il lavoro. Purtroppo, molti agricoltori sviluppano la malattia dopo appena due o tre raccolti, rimanendo senza accesso alle cure. Inoltre, attualmente non esistono misure di protezione sul lavoro obbligatorie per gli agricoltori delle piantagioni di canna da zucchero. Come mette in evidenza un articolo del Guardian, la CKDnT ha un impatto distruttivo sulle comunità colpite e continua a porre fine ai sogni di intere famiglie (12).
La crisi climatica potrebbe peggiorare ulteriormente la situazione. Non possiamo sottovalutare l’impatto delle temperature estreme sulla salute degli agricoltori delle regioni interessate, viste le previsioni sul riscaldamento globale dell’ultimo aggiornamento climatico dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Global Annual to Decadal Climate Update Report), le quali prevedono un aumento della temperatura media per il 2022-2026 rispetto ai cinque anni precedenti che potrebbe causare un incremento dell’incidenza di CKDnT (13). Le epidemie di CKDnT ci mostrano duramente che, nonostante nessuno sia al sicuro dalle conseguenze che porta con sé la crisi climatica, le persone che ne subiscono le conseguenze maggiori sono le più vulnerabili socialmente ed economicamente (14).
Risulta, dunque, sempre più necessario un rafforzamento della collaborazione internazionale nell’ambito della ricerca al fine di migliorare la conoscenza delle cause di questa malattia e di mettere in atto misure di prevenzione e trattamento adeguate nei paesi in via di sviluppo, nei quali i pazienti continuano a soffrire, purtroppo, di uno scarso accesso alla dialisi e al trapianto renale.
Primo Buscemi e Lorenzo Stacchini, medici in formazione specialistica, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Firenze
Giorgia Alderotti, SOSA Epidemiologia, Azienda Universitaria-Ospedaliera Meyer, Firenze
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fonte: saluteinternazionale.info