La condanna, per una patente falsa, risale al 2007, quella definitiva a marzo 2018. Ad agosto è stata arrestata per l’esecuzione della pena. Ora la vita che aveva ricostruito nella legalità si sta sgretolando.
La sentenza è stata emessa “in nome del popolo italiano”, ma il popolo italiano non è a conoscenza di quello che succede nella vicenda personale e penale di Witanacy De Oliveira, alias Evelyn. Ve la racconto io. Evelyn viene tratta in arresto a fine agosto in seguito a una condanna a mesi cinque di reclusione risalente al 2007 per una patente falsa.
La prescrizione massima per questo reato è di anni sette e mesi sei e la sentenza definitiva è del 10 marzo del 2018. Come si può conciliare il diritto con il vissuto penale e carcerario di Evelyn, se la stessa è detenuta per un reato prescritto a una pena di mesi cinque? Il “popolo italiano” è a conoscenza della ratio e dello strazio della norma? Perché, a distanza di molto tempo dal fatto, viene meno sia l’interesse dello Stato a punire il fatto-reato, sia la necessità di un processo di riabilitazione e reinserimento sociale del reo. Il carcere, dovrebbe costituire l’extrema ratio, invece oggi è la soluzione anche alle malefatte della giustizia che arriva dopo tanti anni e dopo che una persona ha cambiato vita, Stato, si è rifatta una famiglia e vive nella legalità.
Cesare Beccaria nel Dei delitti e delle pene, parlando della “prontezza della pena” affermava: “Quanto la pena sarà più pronta e più vicina al delitto commesso, ella sarà tanto più giusta e tanto più utile”. Sono passati due secoli e francamente di prontezza, giustizia e utilità della pena non se ne vede traccia sulla terra di Beccaria, la Patria del Diritto. L’avvocatessa Arianna Liguori ha preso questo caso a cuore rivolgendosi sia al Giudice del fatto che a quello della persona, facendo capire che vi è una esecuzione illegittima della pena per un reato estinto da prescrizione. Che è estremamente urgente intervenire per il rispetto, anche in questo caso, dei principi di extrema ratio, adeguatezza e proporzionalità. Sarebbe umiliante per il nostro Paese portare anche questa assurda storia davanti alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, se si pensa alla gravità dell’attuale sistema carcerario italiano, al numero dei suicidi che quest’anno ha raggiunto livelli mai visti prima, al sovraffollamento carcerario, al costo giornaliero anche economico della detenzione. Ripeto: sarebbe mortificante rivolgersi al vicino di casa per tentare di avere giustizia quando i danni sono già stati irrimediabilmente prodotti e non più risarcibili. È giusto ricordare chi era Evelyn e chi è ora. La vita non è stata semplice per lei. Prima dell’anno 2007 viveva in Italia e svolgeva la professione di escort. Dopo l’illecito risalente a quindici anni fa, Evelyn ha voluto cambiare vita e Paese, si è rifatta una nuova vita, nel 2014 si è sposata, ha regolarmente pagato un canone d’affitto con la clausola dell’acquisto di un immobile in Spagna. Da allora, ha lavorato nella legalità. Prima della privazione improvvisa della sua libertà, frequentava un corso di formazione nell’arte gastronomica. La cultura è stata una manna dal cielo che ha dato valore alla sua nuova vita. Questo corso culinario è stato interrotto dall’assurdità dell’esecuzione di una pena fuori oltre ogni termine di prescrizione e senso di riabilitazione.
Evelyn ora abita a Rebibbia, sezione Venere del braccio G8, e rimpiange il corso che volgeva al termine, in lacrime lo definisce affascinante, istruttivo e impegnativo. Non le lasciava spazio ad altre distrazioni. Ogni suo minuto libero era volto ad allenarsi tra i fornelli. Purtroppo oggi il suo sogno di cucinare è infranto, come sono infranti tutti i progetti di avere un lavoro e una casa. Evelyn rischia di non fare in tempo a uscire dal carcere per continuare a pagare le rate del mutuo, con il rischio di perdere tutto. In Spagna se non vengono pagate tre rate di fila si perde casa e tutto ciò che è stato pagato.
Evelyn non vuole più ripercorrere la sua prima vita. La vittoria più grande per lei è stata quella di riabbracciare la legalità, il rispetto per il prossimo e il conforto di tutti quelli che hanno creduto nel suo cambiamento. Evelyn è una cittadina residente in Europa da prima della sentenza definitiva, non si è mai sottratta a una qualsiasi responsabilità. Ha continuato a viaggiare dopo la sentenza definitiva. È stata a Milano nel giugno del 2018, a Torino a fine 2019, con i relativi pernottamenti in hotel. A giugno del 2021 ha viaggiato in Turchia con partenza dal Portogallo. Un bel giorno, tornata in Italia, l’hanno fermata e portata a Rebibbia. Evelyn è stata giudicata, condannata a cinque mesi e sbattuta in carcere “in nome del popolo italiano” che non era a conoscenza della caduta in prescrizione del suo reato e della sua rinascita a nuova vita.