Patrizia Pallara (Collettiva) intervista Luca Mercalli
“Gli scioperi per il clima vanno bene, anzi benissimo: io ho partecipato praticamente a tutti – afferma il meteorologo, climatologo e divulgatore scientifico -. Ma la cosa più importante è fare la scelta giusta domenica prossima”.
Che cosa intende dire, Mercalli?
Voglio dire che bisogna studiarsi i programmi dei partiti, individuare quelli che hanno posto al centro i temi ambientali e domenica mattina mettere sulla scheda la crocetta al posto giusto. Sul web si trovano diverse tabelle che mettono a confronto i propositi elettorali. Lo sciopero non basta, lo abbiamo visto, passa e va. Gli strike for climate sono belli, ma non sono serviti a granché. Invece se votiamo tutti a favore di chi prende sul serio la crisi climatica avremo una rappresentanza in Parlamento. Chiedere in modo generico alla politica di occuparsene non è sufficiente, bisogna diventare protagonisti.
Questo può valere per l’Italia che va a votare. Ma gli altri Paesi?
Intanto cominciamo da casa nostra e diamo un segnale, anche se negli altri Paesi non ci sono elezioni. Serve anche per contarci, per scoprire se siamo mille o tre milioni. Siamo talmente in ritardo che non possiamo perdere altri cinque anni, i cambiamenti climatici sono incalzanti, lo stiamo vedendo anche da quello che è accaduto in questi giorni. Per i giovani è un’occasione unica, è il momento di essere compatti e dimostrare con i fatti di volere questa transizione.
Innanzitutto farei subito una legge contro il consumo di suolo, che non può più aspettare: un provvedimento è già pronto, ci si lavora da dieci anni ma nessuno vuole portarlo a termine. Poi manderei avanti le energie rinnovabili: bisogna semplificare le procedure da un punto di vista burocratico e renderle sempre più aperte ai cittadini. Terzo, farei una grande campagna di informazione. Ci vorrebbe un governo che parla ai cittadini della crisi climatica e non che la nasconde, che la spiega e ne delinea la gravità anziché sottacerla.
L’alluvione che ha colpito le Marche è una conseguenza dei cambiamenti climatici e anche di una gestione disattenta e in alcuni casi squilibrata del territorio. Un campanello d’allarme per l’Italia, sempre più colpita da eventi estremi. Da gennaio a settembre di quest’anno la Penisola è stata colpita già da 62 alluvioni, inclusi gli allagamenti da piogge intense, nel 2021 sono state 88. Dobbiamo temere l’arrivo dell’autunno?
Dobbiamo essere preparati, non avere paura. Non è detto che gli eventi estremi ci saranno, non possiamo prevedere che a ottobre si verificheranno altre alluvioni. Certamente è presente un ingrediente in più, il mare caldo, che vuol dire evaporazione di acqua, ma questo non basta, ci vogliono anche altre condizioni. Però dobbiamo fare maggiore attenzione, essere pronti. A questo discorso si collega il consumo di suolo che è un danno per tutto, per il clima, per il rischio alluvioni, per l’incapacità di produrre cibo: tutto ciò che cementifichiamo è agricoltura perduta per sempre.
Perché è importante che venga realizzata una campagna di informazione sui cambiamenti climatici da parte delle istituzioni?
Mentre la scienza a livello internazionale è compatta nel sostenere che il cambiamento climatico è tutta colpa nostra, in Italia abbiamo ancora una società negazionista o dubbiosa sul tema. Quando vengono lanciati allarmi sul rischio catastrofe che stiamo correndo da personalità autorevolissime come il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, queste notizie non passano nell’informazione italiana, non sono nemmeno riprese. Ecco, il governo dovrebbe sollecitare l’informazione, gli organi di stampa: un governo che parla di crisi climatica è autorevole, uno che sta zitto copre il negazionismo.
fonte: Collettiva