Osservare per prevenire, osservare per decidere. di Cesare Cislaghi

Si fa molta fatica a trovare aspetti positivi nella pandemia da Covid-19, ma almeno uno certamente c’è stato: è quello di aver voluto e saputo impiantare un sistema di monitoraggio in grado di fornire l’immagine della situazione epidemiologica quasi in tempo reale.

Le “statistiche sanitarie” ancora oggi descrivono situazioni del passato, frequentemente del passato remoto. In Italia per avere una semplice frequenza delle cause di morte bisogna attendere almeno due anni, ed è capitato anche di non poterle avere del tutto. Delle cause di dimissione ospedaliera se tutto va bene si riesce a sapere qualcosa dopo dodici mesi, mentre ad altre informazioni nosologiche non si riesce ad avere accesso mai, se non limitatamente a qualche situazione specifica locale.

Perché tutto ciò?

Ciò avviene, credo, per vari motivi:

  1. innanzitutto perché i decisori sanitari non ritengono che queste informazioni siano molto importanti, anzi spesso preferiscono addirittura che il poco che si potrebbe sapere rimanga riservato.
  2. C’è poi una carenza delle risorse e delle professionalità necessarie per tenere in piedi un efficiente sistema informativo sanitario; spesso, ad esempio, in alcune strutture il compito di compilare le schede viene assegnato a chi “non sa far altro”.
  3. Ci sono poi tutte le difficoltà create dalla normativa sulla privacy che poco servono per proteggere le persone mentre molte difficoltà creano nel conoscere la realtà epidemiologica della popolazione.

Il sistema di monitoraggio dei contagi da Sars-Cov-2 dimostrano invece come sia possibile mettere in piedi un sistema che, seppur non perfetto, ha dato un aiuto straordinario al controllo dell’andamento dell’epidemia. E adesso, quando questa pandemia finirà, sparirà tutto? Oppure abbiamo imparato la lezione e cercheremo di costruire un sistema informativo sanitario capace di far diventare il sistema sanitario davvero informativo, cioè basato sulla conoscenza della situazione della salute, dei rischi e delle patologie?

Non si possono prendere decisioni senza avere il massimo dell’informazione possibile: così come il clinico non può far diagnosi se non ha l’anamnesi, l’esame obiettivo, i dati di laboratorio, le immagini ecc., così chi gestisce o governa la sanità, sia come prevenzione sia come assistenza, non può farlo in modo efficace senza avere le informazioni necessarie.

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Negli anni ’70-’80 il dibattito sul sistema informativo fu molto ricco e furono fatte molte proposte che poi, via via, per lo più sono state dimenticate. Anche alcuni strumenti che avevamo contribuito a progettare e ad implementare, come il G.I.S. Mortalità o il Sistema Aleeao per l’analisi dei dati dei ricoveri in Lombardia, sono stati smantellati, eppure funzionavano bene ed erano apprezzati. Forse rendevano “troppo trasparenti” le situazioni e i rischi sanitari della popolazione: meno informazioni ci sono e meno grane si creano!

Mi sembra che l’epidemia da Covid-19 abbia evidenziato con chiarezza la necessità di avere degli strumenti di monitoraggio che permettano di individuare tempestivamente le necessità di intervento, e l’aspetto importante dei sistemi avviati per l’epidemia è stata la notevole libertà di accesso ai dati. Non possiamo infatti dare per certo che chi governa faccia sempre le scelte migliori; il potere, anche i migliori governanti, spinge spesso a contornarsi di nebbie che impediscono la completa valutazione delle politiche. Per questo in una realtà democratica ha un ruolo molto importante la valutazione indipendente e il potere, se democratico è, deve renderla possibile, cioè deve garantire l’accesso ai dati.

Oggi le amministrazioni, per legge, hanno istituito degli spazi informativi tipo “OPEN DATA”, che sicuramente danno più trasparenza alle azioni di governo, però il più delle volte questi open data sono immagini interpretate della realtà e non archivi di dati mediante i quali sia possibile una vera analisi indipendente.

Quali dati si potrebbero mettere in linea? Innanzitutto i decessi per età, genere e residenza dovrebbero essere disponibili non più tardi di sette giorni dall’evento, magari anche con una prima classificazione automatica delle cause di morte. Per un monitoraggio non è importante la precisione quanto la tempestività. Se da novembre 2019 fossero stati disponibili i dati di mortalità per patologie respiratorie, forse ci saremmo chiesti prima se non ci fosse qualcosa di importante che iniziava.

L’altro dato che sarebbe importante avere è la frequenza ricorsi ai pronto soccorso e le ammissioni, e non solo le dimissioni, ospedaliere. Anche per questi dati sarebbe poi importante avere una prima indicazione delle diagnosi che oggi vengono rilasciate tutt’al più molto tardi e solo come tabelle.

E poi sarebbe utile avere informazioni sulle assenze dal lavoro per malattia, sulle prestazioni specialistiche di diagnostica, esami di laboratorio e per immagine, ed anche i consumi di farmaci almeno per alcuni principali principi terapeutici.

Si dice che “il troppo stroppia”, e sicuramente è facile dire che siccome non si può fare tutto non si farà quasi nulla! È importante quindi incominciare anche con poco sull’esempio che l’epidemia Covid ha mostrato essere possibile fare. Non è vero che costerebbe troppo perché aiuterebbe sicuramente a programmare meglio facendo risparmiare non solo in salute ma anche in denaro. È mai possibile che ci riesca una catena di supermercati a creare un sistema di monitoraggio delle vendite, sia per prodotto sia per consumatore, e non ci riseca invece il sistema sanitario? E non usiamo gli obblighi di riservatezza per dire che non si può fare! Ci sono infinite possibilità per garantire la privacy!

La questione fondamentale è solo politica: la salute la si vuol considerare un fatto totalmente del privato cittadino e lo Stato tutt’al più gli deve garantire la qualità dei servizi sanitari, oppure la salute è innanzitutto un fatto collettivo e la Stato si deve preoccupare di garantirla e nel limite delle possibilità di ripristinarla quando vien meno? Credevamo che questo secondo principio fosse acquisito, ma temo che molti interessi di mercato cerchino oggi di farci ritornare indietro rendendo praticamente inutili i sistemi informativi tranne quelli che permettono appunto di migliorare i profitti dei sistemi sanitari privati, come quelli di molti “fondi salute”, che praticamente dei loro clienti oggi tutto sanno.

fonte: E&P

Cesare Cislaghi
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