Il vuoto sulla sanità. di Marco Geddes da Filicaia

Nell’assenza di un adeguato progetto per il futuro della sanità pubblica nei diversi programmi elettorali c’è dell’altro. Non solo e non tanto le colpe passate. C’è un’assenza di pensiero.

Facile affaticabilità, pallore, mancanza di respiro, sono sintomi di anemia sideropenica.  La moria di topi un segno evidente dell’approssimarsi della peste. Costruire il nemico, da parte di un Governo, indica la trasformazione di tale istituzione in un regime.

Da alcuni segni, dall’esame del particolare si può presumere, o intravedere, un problema generale. Mi sono tornate alla mente queste considerazioni di fronte a una serie di sintomi che sembrano predittivi di una sistemica crisi del nostro Servizio sanitario nazionale. Si tratta di alcuni eventi, riportati dalla cronaca quotidiana, occorsi in queste ultime settimane.

Mi riferisco, ad esempio, non tanto alla situazione critica in cui versano molti Pronto Soccorso, ma ai conseguenti provvedimenti che sono stati presi in alcune realtà per tappare, alla meno peggio, tali falle del sistema di emergenza urgenza. Si dirà che sono provvedimenti occasionali, giustificati dalla necessità di mettere in atto, con immediatezza, un qualche rimedio e dalla mancanza di alternative. Forse sarà così, ma proprio per questo sono sintomi dello sfascio in cui, in molte situazioni, ci troviamo; segno evidente di aver, come si suol dire, “raschiato il fondo del barile” in assenza di soluzioni più adeguate e di lunga durata.

Ecco i provvedimenti che varie istituzioni, Aziende, Regioni, hanno assunto per fare fronte a questa situazione. La Regione Calabria ha siglato un accordo con Cuba per l’invio di 500 medici; la Regione Puglia cerca di acquisire 100 medici dall’Albania mentre la Regione Veneto ne ha richiesti 250 dall’Ucraina[1].

In altre realtà, come nelle Aziende sanitarie della Sardegna o della Emilia Romagna, si ricorre a medici “a gettone”, detti turnisti, termine derivato dal fatto che sono chiamati per coprire i turni scoperti; ciò avviene con l’intermediazione di società di ingaggio, quali cooperative costituite ad hoc: la società prende 900-1.000 euro per un turno di guardia, di cui almeno 700 arrivano al turnista (evito la parola “professionista”).

Uno sguardo più particolare ce lo offre questo “cammeo”: un’interessante intervista a una “turnista” di Imola[2]. Dalle sue parole si apprende che arriva a guadagnare 8.000 – 10.000 euro netti al mese, quando uno specializzando che svolge un servizio analogo nella stessa realtà ne prende 1.600. Ciò che colpisce non è tanto questa festosa dichiarazione della propria cupidigia, quale unica cifra della attuale scelta lavorativa, senza un accenno ai doveri professionali, a un suo interesse per l’attività sanitaria che deve effettuare, ad una qualche solidarietà (dovere inderogabile previsto dalla nostra Costituzione) rispetto ai bisogni di assistenza della popolazione.

Quello che più preoccupa è il fatto che il nostro Servizio sanitario sia arrivato a tanto; ad utilizzare, in questo delicato contesto di accesso all’ospedale quale è il Pronto Soccorso, e a caro prezzo, un medico senza specializzazione, non richiedendogli qualche forma di preliminare conoscenza dell’ambiente in cui presterà servizio, delle linee guida e procedure in atto in quel pronto soccorso, dei collegi con cui lavorerà, della localizzazione dei farmaci e dei presidi di emergenza. Tutto ciò si desume anche dal fatto che la dottoressa dichiara di “saltellare” da un Presidio all’altro fra ben due regioni: Veneto ed Emilia Romagna.  Quando non lavora a cosa rivolge i suoi interessi e i suoi approfondimenti culturali e professionali?  Studia psicologia e viaggia.

Anche la più grande, e per molti aspetti la più “avanzata” sotto più profili (occupazionali, economici, strutturali) quale la Regione Lombardia pare essere, come si suol dire “alla frutta”! Ha ormai oltre mille aree prive di un Medico di Medicina generale e di un Pediatra di Libera scelta. Che può fare? Decide di aumentare il massimale, portandolo da 1.500 a 1.800 pazienti e di creare Ambulatori medici temporanei (AMT) aperti nei giorni feriali ai cittadini cui non è possibile assegnare un medico…

Come porre rimedio a questa situazione, che sembra richiamare il titolo del romanzo di Gabriel García Márquez: Cronaca di una morte annunciata? Immaginavamo che le soluzioni si potessero desumere nei programmi elettorali delle diverse forze politiche, dove trovare alcune iniziative immediate, ma anche strategie di ampio respiro per la prossima legislatura o, più opportunamente, per il prossimo decennio, con soluzioni ovviamente diversificate, ma pur sempre puntuali e documentate. Ebbene, ne resterete delusi, come molti colleghi hanno già testimoniato nei loro interventi, lamentando che i medici sono stati poco ascoltati nella stesura delle proposte[3], richiamando i rischi di attuazione della Autonomia differenziata in sanità, dati gli orientamenti dello schieramento favorito e la scarsa chiarezza, anche su tale questione, del Partito democratico[4]. Ad analoghe conclusioni, dopo una attenta disanima dei diversi programmi, perviene l’Associazione Salute Diritto Fondamentale[5]. La questione “salute” non viene citata fra i diritti, fra gli elementi da definire nei rapporti istituzionali, nelle politiche europee (salvo rare eccezioni), nelle politiche ambientali, nel rapporto Stato Regioni.

Le molte elaborazioni delle associazioni, centri di ricerca, sindacati, quali SOS sanità, Salute Internazionale, Libro Azzurro, Forum salute, Associazione Salute Diritto Fondamentale, Forum Disuguaglianze e Diversità, Medicina democratica, Medici per l’ambiente, Prima la Comunità non hanno trovato cittadinanza nei programmi, se non in pochi casi e in termini frammentari e marginali. La riforma delle cure primarie[6], che dovrebbe inverare il principale progetto del PNRR in Sanità, cioè le Case della Comunità, non è presente in alcun testo. La salute in tutte le politiche resta pertanto uno slogan, non un obiettivo da richiamare e su cui articolare le diverse proposte!

Che tale sia la situazione è ormai acquisito anche dagli osservatori meno direttamente coinvolti nello specifico della sanità. Il Sole 24 Ore di oggi (Domenica 4 settembre) titola in prima pagina su quattro colonne: “Sanità, le sette emergenze dimenticate” e l’articolo si apre con queste parole “È la grande assente di questa campagna elettorale. Dopo oltre due anni di pandemia, la sanità è stata dimenticata dalla politica[7]. Analoga la conclusione del quotidiano L’Avvenire, dopo una disanima dei programmi delle diverse forse politiche: “Due anni e mezzo di Covid avrebbero dovuto insegnarci molto sullo stato di salute del nostro Sistema sanitario e sulle risposte da mettere in campo per ricostruirlo. A sorpresa invece, i programmi elettorali affrontano i temi nevralgici del comparto sanità con proposte trite e ritrite e senza una visione d’insieme[8].

Domandarsi le ragioni dell’attuale dissesto comporta un lungo e retrospettivo J’Accuse, che coinvolgerebbe, in modo diversificato, la quasi totalità delle forze politiche: la mancata programmazione pluriennale tra posti in medicina e borse di specializzazione da calibrare in base alle uscite e ai reali fabbisogni, sostituito ora da fantasiose ipotesi di accesso indiscriminato con la creazione – fra 10 anni – di una pletora di medici; il mantenimento di un tetto di spesa per il personale, in atto  da oltre 15 anni; il mancato cambiamento del rapporto con i medici di famiglia, per seguire pedissequamente le istanze del loro sindacato maggioritario; la riduzione continua dei finanziamenti alla sanità; la mancata creazione di  un’azienda pubblica, a livello nazionale ed europeo, per la produzione dei farmaci e vaccini; il ridotto finanziamento alla ricerca…

Tuttavia nell’assenza di un adeguato progetto per il futuro della sanità pubblica nei diversi programmi elettorali c’è dell’altro. Non solo e non tanto le colpe passate. C’è un’assenza di pensiero.

«Non stiamo vivendo – come ha affermato recentemente Edgar Morin – soltanto la crisi di una sinistra in rovina, la crisi della democrazia nel mondo intero, la crisi di uno Stato sempre più burocratizzato, la crisi di una società dominata dal denaro, la crisi di un umanesimo sopraffatto da odio e violenza, la crisi di un pianeta devastato dall’onnipotenza del profitto, la crisi sanitaria scatenata dalle epidemie. Stiamo vivendo, soprattutto, una crisi più insidiosa, invisibile e radicale: la crisi del pensiero»[9].

[1] Carlo Valentini, Italia Oggi, 26 Agosto 2022

[2] La Repubblica, 21 Agosto 2022

[3] Antonio Panti: Medici poco ascoltati dalla politica. Anche questa volta, Quotidiano sanità, 1 settembre 2022

[4] Gianluigi Trianni: Programmi elettorali, elezioni e Autonomia regionale differenziata, Quotidiano sanità, 30 agosto 2022.

[5] https://salutedirittofondamentale.it/elementor-3044/

[6] https://www.saluteinternazionale.info/2021/10/il-libro-azzurro/

[7] Marzio Bartoloni, Il Sole 24 Ore, Domenica 4 Settembre 2022

[8] Viviana Daloiso, L’Avvenire, 4 Settembre 2022

[9] Intervista di Nuccio Ordine a Edgar Morin, La Lettura del Corriere della Sera, n. 560, 21 Agosto 2022

 

fonte: salute internazionale

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