L’ultimo Programma nazionale per la ricerca (PNR) ha posto obiettivi ambiziosi per portare la ricerca di base italiana a un livello di finanziamento decente. Gli ultimi tre governi hanno aumentato gli investimenti tentando di riportare l’intensità della R&S (l’investimento in rapporto al PIL) a livelli pre crisi. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) in fase di sviluppo rafforzerà questa tendenza ma la sua azione terminerà nel 2026: dopo quella data l’Italia dovrà trovare il modo di mantenere costanti gli investimenti per non diminuire l’intensità della R&S.
Sull’onda delle petizioni nate intorno alla proposta di Ugo Amaldi, sostenuta anche da Giorgio Parisi in più occasioni, la ministra dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, ha convocato lo scorso aprile un tavolo tecnico per elaborare una strategia italiana in materia di ricerca di base.
I nove tecnici hanno analizzato le criticità del sistema italiano e hanno proposto un piano di risorse aggiuntive strutturali per rendere stabile l’investimento in ricerca anche dopo la conclusione degli interventi previsti da PNR e PNRR.
Tra le proposte un aumento di finanziamenti, la loro costanza, un aumento del personale, l’istituzione di una struttura che si occupi della valutazione dei progetti e dei risultati.
L’aumento del finanziamento della ricerca è il punto fondamentale: dalla crisi del 2008 la spesa pubblica ha subito una costante riduzione ed è scesa allo 0,55% del PIL per risalire solo negli ultimi tre anni allo 0,65%. Sommando la spesa privata si arriva a 1,46 del PIL, molto meno rispetto alle principali economie EU (figura 1 e 2).
Figura 1. Spesa totale per R&S in percentuale del PIL, Italia, Germania e Francia, 2008-2020. Consuntivi di spesa (Fonte: Istat-Eurostat)
Figura 2. Spesa pubblica per R&S in Italia, Germania e Francia dal 2008 al 2020. Previsioni di spesa, milioni di euro a prezzi costanti 2005. Fonte: Istat-Eurostat
Si può notare una leggera crescita degli ultimi anni, dal 2019, imputabile proprio alla spesa privata (figura 3) incentivata da programmi come Industria 4.0.
Figura 3. Spesa per R&S in Italia. Consuntivi 2008-2020, milioni di euro (Fonte: Istat-Eurostat)
Il PNRR dal 2023 al 2026 farà crescere l’intensità della spesa in R&S ma poi bisognerà intervenire con finanziamenti strutturali per mantenere la spesa allo stesso livello (0,70% del PIL) e possibilmente aumentarla.
La figura 4 illustra vari scenari da cui emerge l’importanza del PNRR ma anche la necessità di ulteriori fondi.
Figura 4. Andamento 2008-2022 dell’intensità di R&S e previsioni (Fonte: documento di lavoro di Ugo Amaldi e Angela Santoni per il tavolo tecnico, luglio 2022)
Si legge nel documento del tavolo tecnico: “Lo scenario proposto dal documento è di portare la spesa pubblica per R&S almeno al livello dello 0,70% del PIL nel 2027, raggiungendo i 15,7 miliardi, contro i 12,7 stanziati nel 2022 (11,5 più ulteriori 611 milioni MUR più 560 del PNRR). […] Per raggiungere un tale obiettivo sarebbe necessaria una spesa aggiuntiva – rispetto agli stanziamenti già programmati – che cresca progressivamente fino a raggiungere nel 2027 i 3,2 miliardi di euro (a prezzi attuali)”.
Siccome si stima che il 75% della spesa aggiuntiva vada effettivamente in ricerca pubblica l’aumento di spesa richiesto al MUR nel 2027 è di 4,3 miliardi di euro. Con un ulteriore miliardo si potrebbe arrivare allo 0,75% del PIL in spesa pubblica per R&S e agganciare così le maggiori economie europee. In sintesi nella tabella 1 la progressione di investimento dal 2023 al 2027.
2023 | 2024 | 2025 | 2026 | 2027 | |
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Ipotesi 0,70% PIL | 200 | 800 | 2000 | 3100 | 4300 |
Ipotesi 0,75% PIL | 254 | 1016 | 2540 | 3937 | 5801 |
Tabella 1. Scenario per la spesa pubblica per R&S. Spesa aggiuntiva richiesta al MUR in milioni di euro (Fonte: Proposte del Tavolo tecnico per la Strategia italiana in tema di ricerca fondamentale, tabelle 8A e 8B)
fonte: Scienza in Rete