Ad oggi, nel mondo, 1 persona su 8 è rifugiata o migrante. Tuttavia, conflitti, cambiamenti climatici, disuguaglianze e altre emergenze globali, fanno prevedere che nel prossimo futuro i numeri aumenteranno. È quanto affermato dal direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nella conferenza stampa di presentazione del rapporto sulla salute della popolazione migrante e rifugiata “World report on the health of refugees and migrants”. Il rapporto evidenzia che spesso, sia nei Paesi di transito che in quelli in cui si stabiliscono, i bisogni di salute della popolazione migrante vengono trascurati. Tra le principali barriere, le spese extra cui incorrono per accedere all’assistenza sanitaria, la discriminazione, la paura di essere arrestati o espulsi perché quanto irregolari.
Alcuni dati
Nel 2020, i migranti internazionali nella Regione europea dell’OMS (che comprende 53 Paesi) erano oltre cento milioni, che rappresentano il 13,5% della popolazione residente nella Regione. L’età mediana è di 44,1 anni; il 6,6% di questi migranti sono uomini e il 6,9% donne.
Molti migranti sono impegnati nei cosiddetti lavori “3-D” (dirty, dangerous and demanding), ovvero sporchi, pericolosi e impegnativi e sono esposti a un maggior rischio di incidenti e problemi di salute rispetto ai colleghi non migranti. Sebbene molti Paesi abbiano politiche sanitarie che prevedono servizi per rifugiati e migranti, queste garanzie non risultano essere sempre attuate in modo efficace, e persistono ampie disparità tra gli indicatori di salute di rifugiati e migranti rispetto a quelli della popolazione generale nei Paesi ospitanti. Eppure, la popolazione migrante non è intrinsecamente meno sana di quelle ospitanti, come evidenziato dalla revisione della letteratura: piuttosto, a gravare sulla loro salute è l’impatto concomitante e sfavorevole di fattori sociali, come il livello di istruzione, il reddito, la disponibilità e qualità di alloggi, l’accesso ai servizi, le barriere linguistiche, culturali e legali.
Alcuni dati sull’Italia
- i lavoratori migranti percepiscono discriminazioni sul posto di lavoro
- gli alloggi temporanei che accolgono la popolazione migrante impiegata stagionalmente nel settore agricolo possono essere non sicure e insalubri
- nel corso di una gravidanza le donne migranti che effettuano meno di cinque visite mediche sono di più rispetto a quelle italiane (16,3% vs 8,5%); sono di più anche quelle che effettuano il primo controllo ginecologico dopo la dodicesima settimana di gestazione (12,5% vs 3,8%) e quelle che effettuano meno di due ecografie ostetriche totali (3,8% vs 1%)
- uno studio condotto su 553 bambini ha evidenziato che la carie era presente nel 77,5% dei piccoli migranti e nel 55,9% dei bambini italiani
- studi condotti in Norvegia e Italia suggeriscono che tra la popolazione migrante i tumori tendono a essere diagnosticati a uno stadio più avanzato
- le donne immigrate hanno un’adesione allo screening cervicale inferiore del 40% rispetto alle italiane e un’adesione alla mammografia inferiore del 55%
- la carenza di mediatori culturali e interpreti è uno degli ostacoli all’accesso alle cure.
Problemi e lacune nei dati
In generale, il Rapporto evidenzia un problema di “divario di conoscenze” perché spesso rifugiati e migranti non vengono inclusi nelle indagini globali e la cittadinanza non riportata nei dati sanitari, rendendo questi gruppi vulnerabili “quasi invisibili”.
Le informazioni sulla salute dei rifugiati e dei migranti rimangono frammentarie: è urgente disporre di dati comparabili tra i Paesi e nel tempo per monitorare i progressi verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite in materia di salute. Mancano solo 8 anni alla data stabilita del 2030 per cambiare il nostro mondo, il momento di agire è adesso.
Buone pratiche
Circa un terzo dei Paesi ispira il proprio modello operativo al principio dell’universalità e garantisce l’accesso alle cure primarie. E, per quanto la questione delle politiche migratorie continui a essere caratterizzata da un elevato grado di politicizzazione e polarizzazione, si rileva anche una maggiore sensibilità e disponibilità ad affrontare la questione dell’accesso ai servizi essenziali. Il documento veicola inoltre una serie di raccomandazioni all’indirizzo dei Governi: tra queste, promuovere una governance partecipativa; includere migranti e rifugiati nelle raccolte dati; dedicare loro attività di ricerca; includerli nei regimi di protezione sociale e finanziaria; favorirne l’accesso effettivo ai sistemi sanitari.
Più in generale il messaggio chiave è rafforzare e mantenere i sistemi sanitari, assicurando che siano sensibili ai rifugiati e ai migranti e che siano inclusivi.
- scarica il rapporto “World report on the health of refugees and migrants” pubblicato dall’OMS a luglio 2022
fonte: EpiCentro ISS