Nella settimana da lunedì 11 a domenica 17 luglio 2022 sono stati notificati dal Ministero della Salute / Protezione Civile 819 decessi di soggetti positivi al virus SARS-CoV-2: che significa? Che i contagiati Covid rischiano di morire più dei non contagiati o che comunque sono morti solo i soggetti che “dovevano già morire”?
Se ad esempio dicessimo che nella stessa settimana sono morti 819 soggetti che avevano mangiato una buona fetta di anguria, potremmo dire che mangiare l’anguria fa morire? come dovremmo procedere per arrivare ad una conclusione sufficientemente attendibile? Dovremmo sapere per lo meno quanti sono coloro che hanno mangiato l’anguria e quanti sono quelli che non l’hanno mangiata e confrontare la percentuale dei deceduti nei due gruppi.
Sono deceduti | Non sono deceduti | Complessivi | |
Hanno mangiato anguria | 819 | 4.276.423 | 4.277.242 |
Non hanno mangiato anguria | 10.475 | 54.695.404 | 54.705.879 |
Complessivi | 11.294 | 58.971.828 | 58.983.122 |
Facendo i calcoli verificheremmo che sono deceduti complessivamente 19,148 persone ogni 100.000 (11.294/58.983.122) e questa proporzione è esattamente uguale sia nei mangiatori (819/4.277.242) che nei non mangiatori (10.475/54.705.879) di anguria, e quindi potremmo star tranquilli nel sapere che mangiare l’anguria non fa aumentare il rischio di morire.
Possiamo applicare questo stesso procedimento sostituendo all’anguria lo stato di positivo al test per il virus SARS-CoV-2 e, pur facendo attenzione che lo stato di positività è transitorio, possiamo considerare i dati di prevalenza comunicati dalla Protezione Civile e qui riportati in grafico:
e quindi ci chiediamo: qual è il rischio di morire nei soggetti positivi rispetto ai soggetti negativi?
I possibili bias dell’analisi
Per una analisi corretta si dovrebbero considerare anche le età e il genere dei due gruppi, ma esaminandone le variazioni possiamo ritenere che ai fini della nostra analisi non si compiono errori importanti tralasciando questi due fattori. Perché? La struttura per età e genere dei positivi non risulta infatti molto diversa nel tempo (come abbiamo già mostrato in un precedente post) e solo di poco diversa dalla popolazione generale (vedi spiegazione in fondo a questo testo). Sarà comunque possibile raffinare ulteriormente le analisi considerando queste differenze, ma lo scopo di questa nota è soprattutto quello di indicare un possibile modo per valutare il rischio di decesso nei pazienti Covid positivi rispetto ai soggetti negativi.
Quali altri bias possono comunque nascondersi nelle analisi? Il principale riguarda la completezza delle diagnosi di positività rispetto ai contagi reali. Se le diagnosi sono solo una parte dei contagi, allora la prevalenza dei positivi è più bassa e la stima della mortalità attesa tra questi diminuisce anch’essa. Un altro bias può consistere nella differenza della durata della positività registrata che definisce la prevalenza di contagiati: se la durata aumenta, aumenta ovviamente anche la prevalenza, e la durata sicuramente è maggiore nei casi più gravi e in particolare in quelli che esitano nel decesso.
È anche possibile che i dati di mortalità Covid non corrispondano a tutti i casi di decesso dei soggetti positivi e per quanto si è a conoscenza i dati dei decessi notificati dalla Protezione Civile dovrebbero corrispondere ai decessi di tutti e dei soli soggetti che fanno parte dell’insieme dei positivi prevalenti.
I dati utilizzati per l’analisi
Per effettuare le analisi qui presentate si sono utilizzate le frequenze giornaliere dei decessi e dei positivi dal 24 febbraio 2020 al 30 aprile 2022, data ultima di disponibilità dei dati Istat di mortalità giornaliera generale.
Si nota immediatamente come la prevalenza dei positivi abbia avuto un picco molto elevato ad inizio 2022 mentre la mortalità sia stata molto elevata sia ad inizio epidemia sia a fine 2020 e molto di meno ad inizio 2022.
Il rischio relativo di mortalità per i positivi
Per stimare il rischio relativo di mortalità per i positivi si è calcolato il tasso giornaliero di mortalità sia nella popolazione prevalente dei positivi sia in quella dei negativi.
Il rapporto tra i due tassi rappresenta il rischio relativo di decesso dei positivi (rispetto ai negativi) qui rappresentato in grafico a partire dal 1°settembre 2020. Nei mesi precedenti la stima era molto più elevata e probabilmente dovuta sia ad una effettiva maggior pericolosità del virus che, soprattutto, ad una minor copertura diagnostica degli infetti.
A partire dall’inizio del 2022 invece il rischio relativo è diminuito sia perché è molto aumentata la copertura diagnostica, sia perché i positivi erano per lo più protetti da una precedente vaccinazione, sia perché probabilmente le nuove varianti sono risultate meno letali: nei primi quattro mesi del 2022 il rischio relativo si è attestato tra 3 e 6.
Conclusioni
Molti sono i fattori che possono aver influito sulla stima del rischio di mortalità dei positivi al virus ma appare inequivocabile che i positivi presentano un rischio relativo sempre elevato di mortalità.
I dati a disposizione, sempre con i limiti informativi cui abbiamo fatto cenno in precedenza, permettono di affrontare anche un’altra domanda: quanti decessi dei positivi sono attribuibili alla positività al SARS-CoV-2? Prescindendo dall’analisi delle cause cliniche riportate sulle schede di morte, che oggi non sono disponibili e probabilmente non sono state sempre del tutto attendibili, questa domanda offre lo spunto per entrare nel merito della querelle sui “morti per Covid o morti con Covid”. Per rispondere si può calcolare, rispetto al totale dei decessi dei soggetti positivi, la quota dei decessi che ci sarebbero comunque stati se costoro fossero stati negativi. In particolare, possiamo considerare come dovuta direttamente o indirettamente al contagio la sovra mortalità dei positivi rispetto alla mortalità dei negativi calcolata come il rapporto tra i morti che ci si sarebbe attesi con lo stesso tasso della popolazione attesa ed il totale dei morti dichiarati Covid.
La percentuale dei decessi dei positivi che si sarebbero potuti attendere anche se fossero dei negativi, è stata molto bassa nei primi mesi e poi si è attestata sul 5% sino a fine 2021 tranne alcuni aumenti nei medi estivi. Dall’inizio del 2022 invece, anche a conseguenza di un ampio allargamento dell’incidenza, i decessi comunque attesi (cioè non dovuti al virus) hanno riguardato sino ad un terzo dei decessi totali dei positivi, il che però permette anche di affermare che almeno i due terzi sono sicuramente attribuibili all’infezione da SARS-CoV-2. Queste le stime in tre diverse fasi dell’epidemia:
Dal | Al | Decessi attribuibili quasi sicuramente al Covid | Decessi attribuibili forse ad altri fattori non Covid | % decessi sicuramente attribuibili |
24/02/20 | 31/08/20 | 35.043 | 287 | 99,19% |
01/09/20 | 31/12/21 | 96.417 | 5.502 | 94,60% |
01/01/22 | 30/04/22 | 19.216 | 7.044 | 73.17% |
24/02/20 | 30/04/22 | 150.551 | 12.802 | 92,16% |
In conclusione si può ritenere che dall’inizio dell’epidemia al 30 aprile 2022 i decessi sicuramente attribuibili, direttamente o indirettamente, al virus sono stati 150.551, cioè il 92,16% di tutti i decessi registrati in soggetti positivi a SARS-CoV-2.
Insomma prendere il virus non è come mangiare l’anguria …
PS: Perché non considerare anche le età e il genere: è irrilevante ai fini dell’analisi sopra illustrata
Come si vede nel grafico seguente, ci sono più anziani nella popolazione generale che non tra i soggetti positivi prevalenti. Da ciò deriva che l’eventuale correzione per età dei tassi grezzi di mortalità della popolazione generale e di quelli dei soggetti prevalenti positivi aumenterebbe il tasso di questi ultimi rispetto ai primi e quindi farebbe aumentare la stima del rischio di decesso dei positivi.