Si possono usare i servizi di salute mentale per identificare portatori di ideologie estremiste, e per modificarne i comportamenti? Il caso di un campo profughi al confine tra Siria e Iraq. Un caso esemplare.
Il campo di Al-Hol (o Al-Hawl), nel nord-est della Siria al confine con l’Iraq, fu creato all’inizio degli anni ’90 per accogliere i cittadini iracheni in fuga durante la prima guerra del Golfo. Nel 2013, dopo la fine della seconda guerra del Golfo, il campo venne chiuso, per essere riaperto nuovamente nel 2016 per offrire rifugio ai cittadini iracheni e siriani che cercavano protezione dalle violenze perpetrate dallo Stato Islamico in Iraq e in Siria.
Il 2014, e’ stato un anno di grande espansione nel territorio iracheno del gruppo jihadista dello Stato Islamico di Iraq e Siria (ISIS), anche noto come ISIL (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante) ed in arabo sotto l’acronimo Daesh (al-Dawla al-Islāmiyya fī l-ʿIrāq wa l-Shām). Nel 2018, molte persone riuscirono a fare ritorno alle proprie comunità di origine e nel campo rimasero circa 9.400 persone, principalmente rifugiati iracheni e sfollati siriani. Con il riesacerbarsi delle violenze e delle ostilità intorno all fine del 2018 e inizio del 2019, Al-Hol ritornò a crescere fino ad ospitare circa 70.000 persone. Attualmente ne ospita circa 60 mila, di cui la metà cittadini iracheni.Le organizzazioni umanitarie hanno più volte segnalato le disastrose condizioni del campo, temendo epidemie e altri disordini (1).
All’inizio del 2021 il governo iracheno ha comunicato alle Nazioni Unite l’intenzione di avviare la fase preliminare del processo di rimpatrio dei cittadini iracheni attualmente nel campo siriano di Al-Hol. La prima fase di questo processo avrebbe interessato inizialmente 500 famiglie. In seguito, il 25 maggio, 94 famiglie (382 persone) sono state trasferite dal campo di Al-Hol in Siria, al campo di Jadaa-1, nella provincia irachena di Ninive, a sud di Mosul. Secondo le intenzioni espresse dal governo, il campo Jadaa-1 è stato appositamente riallestito per accogliere provvisoriamente questa popolazione, in maniera transitoria, in attesa della loro reintegrazione nelle comunità di origine. Dunque, gli iracheni sarebbero trasferiti in prima istanza da Al-Hol a Jadaa-1, e, di qui, alle comunità di origine o – quando ciò non fosse possibile – ad altre comunità. (2)
Il rientro di alcune famiglie della comunità irachena dal campo di Al-Hol all’Iraq ha inevitabilmente generato preoccupazioni relative alla sicurezza nazionale: il governo ritiene infatti che una grande percentuale dei membri di questo gruppo sia affiliata all’ISIS e sia altamente ideologizzata e radicalizzata. L’ISIS ha operato in ampi territori dell’Iraq e dei paesi limitrofi fino al 2017, ed il ritorno di esponenti considerati affiliati ha suscitato timore per le possibili conseguenze sulla stabilità politica e la sicurezza del paese. Per prevenire il ritorno alla violenza che aveva caratterizzato il periodo di dominio militare dell’ISIS su grandi parti del territorio iracheno, l’agenzia responsabile della sicurezza nazionale irachena, l’ONSA (Office of the National Security Advisor) ha individuato nella salute mentale uno strumento idoneo a sondare ed identificare ideologie di radicalizzazione ed estremismo, e successivamente a modificarle per prevenire potenziali comportamenti violenti.
L’ONSA ha quindi richiesto al dipartimento di salute mentale del Ministero della Sanità di preparare un piano di “rieducazione psicologica” per presunti terroristi. La bozza iniziale di questo piano, intitolato “Programma di riabilitazione per familiari dei terroristi” comprendeva quattro linee d’azione:
- Valutazione dei sistemi cognitivi dei familiari dei combattenti ISIS
- Diagnosi delle cause che hanno portato all’estremismo
- Riabilitazione psicosociale
- Recovery psicologica e sociale
Molte organizzazioni attive nella salute mentale e nel supporto psicosociale (Mental Health and Pshycosocial Support, MHPSS), e in particolare le organizzazioni internazionali membri del gruppo tecnico di MHPSS presieduto dall’ufficio dell’Organizzazione Mondiale della Sanita’ (OMS) in Iraq, hanno considerato fuorvianti i contenuti della bozza, rigettandone il linguaggio discriminatorio e la strumentalizzazione della salute mentale come dispositivo per riconoscere ideologie estremiste e modificare valori politici, sociali e religiosi. Il dibattito tra la necessità di avere, da un lato, un piano di controllo e sorveglianza (sostenuto principalmente dal Governo) e uno di salute pubblica rispettoso dei diritti umani (promosso principalmente dalle organizzazioni internazionali) è stato molto acceso e duraturo, finché l’OMS non ha proposto – in collaborazione con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) – la realizzazione di un simposio internazionale con la partecipazione di esperti in materia di salute mentale e radicalizzazione con esperienza in medio oriente ed in altre regioni.
Il simposio ha raggiunto l’importante risultato di riorientare l’approccio governativo alla questione e di riposizionare la salute mentale nell’ambito della salute pubblica, riportandola dentro l’orizzonte dei diritti umani, riconosciuti globalmente.
Si deve al simposio un significativo passo avanti compiuto nel delineare le linee guida degli interventi in salute mentale, vale a dire i dos, tra cui: “gli interventi di salute mentale devono essere sempre offerti con il consenso informato, e a tutti i membri della comunità senza discriminazione”,
ed i don’ts, tra cui: “gli interventi di salute mentale non devono essere realizzati contro la volontà delle persone che li ricevono”, e “i professionisti della salute e gli specialisti della salute mentale non sono tenuti a identificare ideologie radicalizzate o estremiste”.
Un argomento tanto sensibile, come quello del rientro di comunità considerate affiliate all’ISIS, ed il processo del riposizionamento della salute mentale come una pratica per migliorare la salute ed il benessere delle persone, piuttosto che come disciplina coercitiva e di controllo sociale, ha catalizzato l’interesse di altre organizzazioni. Tra queste, il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) con cui l’OMS ha stabilito una collaborazione per offrire una iniziativa di formazione in salute mentale a 25 rappresentanti del Governo a Novembre 2021. Le persone formate – impiegate dall’agenzia per la sicurezza ONSA – hanno visitato il campo Jadaa-1 e sono state in grado di riconoscere alcune forme comuni di sofferenza mentale; tra queste anche condizioni particolarmente gravi come in persone ad alto rischio di suicidio. (3) L’agenzia ONSA ha successivamente richiesto all’OMS e all’UNDP una seconda formazione per gli stessi rappresentanti del Governo, per approfondire alcuni aspetti di maggiore complessità, così come per meglio delineare le attività da svolgere nel campo di Jadaa-1. Un elemento emerso con chiarezza durante l’ultima formazione realizzata ad Aprile 2022 è la difficoltà di lavorare nell’ambiente di un campo dal quale le persone non hanno la libertà di uscire e dove si trovano costrette a rimanere per una durata di tempo indeterminata e, comunque, non nota. I modelli attualmente disponibili di interventi in salute mentale e supporto psicosociale destinati ad ex-combattenti con ideologie estremiste sono limitati e, soprattutto, offrono servizi in ambienti di tipo carcerario e di detenzione, e non collocano la persona in un tessuto sociale adeguato né nella propria comunità di origine. (4)
La salute mentale e il supporto psicosociale offrono strumenti concreti per favorire la reintegrazione di cittadini iracheni nel proprio paese e nelle proprie comunità. Collocare gli interventi lungo un approccio ecologico sociale permette di lavorare non solo con gli individui, ma anche con le famiglie, le comunità locali e con l’intera società. Il lavoro di salute mentale sulla reintegrazione comunitaria dei familiari degli ex-combattenti dell’ISIS in Iraq è iniziato da pochi mesi; ulteriori sforzi sono necessari per migliorare le condizioni generali, la salute mentale ed il benessere nel campo di Jadaa-1, e anche per favorire la reintegrazione comunitaria e garantire servizi di salute mentale adeguati.
Nonostante il processo sia in una fase iniziale, numerosi sono gli insegnamenti che possono essere tratti sul ruolo della salute mentale e del supporto psicosociale in un simile scenario:
- Aspetti contestuali: i fattori predittivi più importanti di comportamenti violenti sono aspetti contestuali e non aspetti ideologici o psicologici: un aspetto chiave notoriamente associato a comportamenti violenti è la mancanza di opportunità lavorative e la disoccupazione.
- Disimpegno vs deradicalizzazione: non è realistico – né giusto – cercare di cambiare l’ideologia, il modo di pensare delle persone e i valori attraverso interventi di natura psicologica: è invece importante cambiare le condizioni che possono incentivare (o disincentivare) comportamenti violenti. In questo senso, è da preferire un approccio di “disimpegno” (disengagement) rispetto a quello di “deradicalizzazione” (deradicalization).
- Bambini ed adolescenti: privare bambini ed adolescenti di un ruolo e dell’istruzione, come può avvenire in un campo profughi, può generare rabbia e risentimento.
- Durata della permanenza in strutture intermedie: la permanenza nel campo o in strutture di tipo detentivo deve essere ridotta al minimo: al contrario, il reinserimento nelle comunità di origine (oppure, quando questo non sia possibile, anche per motivi di sicurezza, in comunità terze), deve iniziare quanto prima.
- Diritti umani: la salute mentale è inscindibile dai diritti umani: nessun intervento di salute mentale può prescindere né essere in contrasto con i valori delle convenzioni internazionali dei diritti umani.
Andrea Bruni: Mental Health Technical Officer, WHO Country Office – Iraq
Foto di copertina del campo Al-Hol è di Y. Beochat (VOA), Public Domain
Bibliografia
- Visit-Al-Hol camp northeastern Syria https://reliefweb.int/report/syrian-arab-republic/visit-al-hol-camp-northeastern-syria-enarku
- Mental Health and Psychosocial Needs Assessment Report. Al-Jad’aa-1 Camp. IOM. August 2021
- UNDP and WHO support the Iraqi Ministry of Health and National Security Advisory to provide Mental Health and Psychosocial Support training towards reintegration. United Nations Iraq. 30 November 2021 https://iraq.un.org/en/160885-undp-and-who-support-iraqi-ministry-health-and-national-security-advisory-provide-mental
- Whose vulnerability? Trauma recovery in the reintegration of former violent extremists. M. Niconchuk. Policy Note. Resolve Network. June 2021.
fonte: saluteinternazionale.info