Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) prevede nella “Missione sanità”, all’interno del progetto relativo al potenziamento delle cure domiciliari, l’attivazione di 600 Centrali Operative Territoriali. Franco Pesaresi offre una descrizione puntuale del funzionamento di queste strutture, volte a promuovere l’integrazione tra i diversi setting assistenziali e ne delinea le caratteristiche, i requisiti richiesti e le relazioni funzionali con gli altri servizi della rete, alla luce del Decreto Ministero della Salute 23 maggio 2022, n. 77.
Le Centrali operative territoriali si sono sviluppate da quasi dieci anni1in alcune regioni italiane (Veneto, Toscana, Lazio, Sicilia, Lombardia, Umbria, ecc.) in assenza di un quadro normativo nazionale e quindi con caratteristiche, diffusione e funzioni molto diverse. Attualmente l’attivazione di modelli organizzativi riconducibili a quello delle Centrali Operative Territoriali risulta pertanto frammentata e incompleta su tutto il territorio nazionale e anche all’interno delle stesse regioni, in cui le Aziende hanno proceduto con modalità e tempi diversi (Cfr. Tab.1).
Le primissime centrali operative sono nate una decina di anni fa circa nelle regioni Toscana e Veneto a cui sono poi seguite centrali operative nelle regioni Basilicata, Piemonte e Umbria dopo il 2017. Queste Centrali operative hanno l’obiettivo di gestire la continuità assistenziale dei pazienti che passano dall’ospedale ad altri setting territoriali, spesso con specifico riferimento alle dimissioni protette.
Ad introdurre formalmente le centrali operative territoriali (COT) nell’organizzazione del Servizio sanitario nazionale è stato l’art. 1 comma 8 del D.L. 19/05/2020, n. 342che testualmente recita: “Per garantire il coordinamento delle attività sanitarie e sociosanitarie territoriali, così come implementate nei piani regionali, le regioni e le province autonome provvedono all’attivazione di centrali operative regionali, che svolgano le funzioni in raccordo con tutti i servizi e con il sistema di emergenza-urgenza, anche mediante strumenti informativi e di telemedicina”.
All’epoca si era nella fase più intensa della pandemia da Covid-19 e le Centrali operative, finanziate dallo stesso art. 1, dovevano servire a rafforzare l’offerta sanitaria e sociosanitaria territoriale, necessaria a fronteggiare l’emergenza epidemiologica conseguente alla diffusione del COVID-19 con l’obiettivo di implementare e rafforzare un solido sistema di accertamento diagnostico, monitoraggio e sorveglianza della circolazione del COVID-19, oltre ad assicurare una presa in carico precoce dei pazienti contagiati, dei pazienti in isolamento domiciliare obbligatorio, dimessi o paucisintomatici non ricoverati e dei pazienti in isolamento fiduciario.
In seguito all’approvazione del D.L. 34/2020, alcune regioni (Calabria, Lazio, Puglia, Sardegna, Sicilia, Trento), durante l’emergenza epidemiologica, hanno attivato un modello organizzativo di COT per lo più dedicato alla gestione dell’assistenza dei casi Covid 19 (Enrichens, 2022) che comunque si è diffuso solo in alcune aziende sanitarie. Successivamente, nel 2021, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), nell’ambito degli investimenti previsti per il potenziamento delle cure domiciliare prevede l’attivazione di 600 Centrali COT, una in ogni distretto, con la funzione di coordinare i servizi domiciliari con gli altri servizi sanitari, assicurando l’interfaccia con gli ospedali e la rete di emergenza-urgenza. Per la creazione delle COT viene prevista una spesa di 280 milioni di euro soprattutto per l’interconnessione tecnologica.
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fonte: i luoghi della cura