Tra le funzioni attribuite dalla legge al Garante c’è, prioritariamente, quella di monitorare i luoghi in cui sono ricoverate le persone sottoposte a trattamento. Visitandoli.
Ricevo questo messaggio: “Le chiedo aiuto perché non so come comportarmi… Si tratta del mio fidanzato ricoverato con Trattamento sanitario obbligatorio (Tso) a seguito di episodio psicotico. Non me lo fanno vedere da venerdì perché dicono che è agitato e ho capito che da oggi, o per lo meno l’ho scoperto oggi chiamando, gli stanno applicando contenzione fisica e farmacologica. Come potrei intervenire? Non siamo sposati e pertanto a livello legale non sono nessuno”. In un secondo messaggio la signora scrive: “Non ha nemmeno il telefono [gli è stato tolto, nota mia LM]. Ormai sono sette giorni che mi negano una visita”.
Dopo molte insistenze e, grazie al supporto di A Buon Diritto onlus, che da anni conduce una importante campagna proprio su tali temi, finalmente alla donna viene concesso di vedere il proprio compagno. Questa vicenda riporta alla mente un episodio di molti anni fa. Estate 2009, telecamere di sorveglianza interne al reparto psichiatrico di diagnosi e cura di Vallo della Lucania. Grazia Serra, nipote di Franco Mastrogiovanni, staziona fuori dalla porta gialla antipanico che separa il reparto dal resto dell’ospedale: citofona, sollecita, chiede di parlare con suo zio, che si trova lì da un paio di giorni, sottoposto a Tso. Aspetta, ma le rifiutano la visita e viene allontanata.
Franco Mastrogiovanni muore dopo poche ore, legato a un letto e senza mai avere ricevuto cibo o acqua nei quattro giorni del suo ricovero. Per la sua morte sono stati condannati in via definitiva infermieri e medici riconosciuti colpevoli di sequestro di persona. La totale mancanza di cura e di attenzione risulta evidente dalle 87 ore di filmato, che hanno registrato l’agonia e la lenta morte dell’uomo, legato al letto ininterrottamente.
A partire da quella vicenda A Buon Diritto onlus ha ascoltato moltissime storie, impegnandosi a dare supporto a pazienti e familiari, organizzato campagne e animato dibattiti, unitamente a una rete di comitati e associazioni di malati, parenti, medici e infermieri, diffusa sull’intero territorio nazionale.
Una impresa assai ardua, anche perché la contenzione meccanica viene utilizzata di frequente, ma solo di rado se ne viene a conoscenza. Così il Tso si trasforma, spesso, in un regime di privazione della libertà totalmente illegale, pur essendo prevista una procedura dettagliata per la sua applicazione. Ne consegue che una misura completamente irrazionale ed abusiva, come la sottrazione del telefono personale, venga comunemente accettata. Ma dove è scritto? Quale magistrato lo ha deciso? A quale criterio di sicurezza e di cura risponde? E lo stesso vale per gli incontri con i familiari.
Tra le funzioni attribuite dalla legge al Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale c’è, prioritariamente, quella di monitorare, visitandoli, i luoghi di privazione della libertà: ovvero, oltre al carcere, i luoghi di polizia, i centri per gli immigrati, le Residenze per le misure di sicurezza (Rems), i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC), cioè i reparti dove si effettuano i trattamenti sanitari obbligatori.
Il Garante nazionale si sta muovendo in tale direzione, ma troppi sono i luoghi da sottoporre a controllo e vigilanza perché non si verifichino irregolarità e veri e propri crimini. Forse è giunto il momento di ripensare la struttura dei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura e prevedere un sistema di controllo che garantisca la legalità al loro interno.