Abbiamo bisogno di una narrazione che trasformi la visione del finanziamento per la salute da una spesa ad un investimento in una società sana. Il Manifesto del Council on the Economics of Health for All
Il 23 novembre del 2020 il direttore generale della Organizzazione Mondiale della Salute, Tedros Ghebreyesus, ha istituito il Council on the Economics of Health for All. Si tratta di un organismo consultivo che ha come missione principale quella di ripensare al modo in cui il valore della salute e del benessere viene misurato, prodotto e distribuito in tutta l’economia.
Il Council dovrà formulare raccomandazioni sui modi di orientare l’economia verso obbiettivi di costruzione di società sane, giuste, inclusive, eque e sostenibili. Come avrebbe detto il generale De Gaulle: “un vasto programma”. Forse troppo vasto per un piccolo gruppo di economisti ed esperti di salute pubblica, anche se composto da figure eminenti della accademia più impegnata e progressista. Il Council, costituito da sole donne e con una età media piuttosto giovane, è presieduto dalla economista italo americana Mariana Mazzuccato, professore dell’University College London e fondatrice-direttrice dell’Institute for Innovation and Public Purpose. Nel 2020 la Mazzuccato ha fatto parte del gruppo di lavoro istituito dall’allora presidente del consiglio Conte, denominato “Piano Colao” e, in seguito, è stata nominata Consigliere di Amministrazione di ENEL. La Mazzuccato è affiancata da Senait Fisseha, endocrinologa etiope e principale consigliere del direttore della OMS, anch’egli etiope; gli altri membri del Council sono: Jayati Ghosh, economista indiana ed esperta di politiche dello sviluppo; Vanessa Huang, del Women’s Policy Institute of California, esperta di Partnerships and Field Building for a Just Economy; Stephanie Kelton, economista statunitense, tra le esponenti della Teoria della Moneta Moderna ed economista capo presso la commissione bilancio del Senato USA e consigliere di Benny Sanders e Jo Biden; Ilona Kickbushh, tedesca, esperta di promozione della salute e principale artefice del Programma di Salute Globale dell’Institut des hautes études internationales et du développement, di Ginevra; Zelia Profeta da Luz, ricercatrice brasiliana, direttrice del Centro di ricerca René Rachou, associato alla prestigiosa Fondazione Fiocruz, è esperta di salute urbana e valutazione dei sistemi di salute; Kate Raworth, economista britannica professore ad Oxford, nota per la sua doughnut economics, un modello che compone bisogni umani e limiti ambientali globali; Vera Songwe, giovane economista camerunese, segretaria esecutiva della Commissione Economica per l’Africa; Els Torreele, belga, docente alla University of Central London, ha lavorato per vent’anni sulle questioni di interfaccia fra diritti umani e accesso ai farmaci e alle nuove biotecnologie; Marilyn Waring, attivista, politica, scrittrice, economista, femminista e accademica neozelandese.
Il Council ha redatto un “Manifesto” (1) che si basa sulla fondamentale affermazione secondo cui la Salute delle popolazioni non va vista come un mezzo per aumentare il Prodotto Interno Lordo (Gross Domestic Product) e la produttività economica bensì come un diritto umano fondamentale, dunque una variabile indipendente e dissociata dalle preoccupazioni di ordine economico. Si tratta di un radicale cambio di prospettiva rispetto agli anni della direzione OMS di Gro Harlem Brundtland, la ex primo ministro norvegese, che era riuscita a imporre la Salute nella agenda globale dello sviluppo proprio sostenendo il fondamentale ruolo della salute per lo sviluppo economico dei paesi. La visione dell’americano Jeffrey Sachs, professore di Health Policy and Management e prestigioso consulente della OMS era, allora, quella della salute come potente motore dello sviluppo economico (2, 3) e in qualche modo contrastava con quella di sir Michael Marmot, padre della storica Commission on Social Determinants, che, per la prima volta, mostrava la stretta relazione fra giustizia sociale e salute (4). Questo importante dibattito accompagna da sempre le politiche della OMS e ha di volta in volta assunto toni più orientati alla visione della salute come variabile dipendente piuttosto che quelli che, invece, la considerano una variabile indipendente da ogni beneficio economico associato.
Il Council, creato l’anno scorso dalla OMS, formula ipotesi piuttosto radicali e afferma che avere una popolazione in salute deve costituire l’obiettivo fondamentale do ogni attività economica. “Abbiamo bisogno di una narrazione che trasformi la visione del finanziamento per la salute da una spesa ad un investimento in una società sana”, afferma il “Manifesto”. Tale attitudine, se portata alle sue logiche e coerenti conseguenze, fa mutare anche l’approccio alla “misurazione” dello sviluppo dei paesi: si tratta, infatti, di cominciare a includere la promozione della salute, le azioni per ridurre le minacce e i fattori di rischio e la valorizzazione delle azioni di “care” esercitate dai cittadini, come componenti essenziali di una misurazione dello sviluppo di un paese che non può limitarsi a semplici misure e indicatori di natura economica e di produttività.
Il Manifesto individua tre grandi strategie di azione:
- Creare uno spazio fiscale che, allentando i vincoli artificiali imposti da presupposti economici obsoleti e invertendo gli effetti dannosi delle riforme che portano a grandi tagli alla sanità, consenta un aumento significativo della spesa e degli investimenti verso La Salute per Tutti (Health For All);
- Dirigere gli investimenti per garantire che la Salute per tutti diventi lo scopo centrale delle attività economiche, e aumentare la leadership pubblica e le capacità dinamiche dello stato per creare un ambiente favorevole alla regolamentazione, alle tasse, alla politica industriale e agli investimenti;
- Governare la finanza pubblica e privata regolando il funzionamento e il finanziamento dei mercati sanitari privati attraverso misure che indirizzano la finanza privata verso il miglioramento dei risultati sanitari in modo da superare le disuguaglianze a livello globale, e dunque i risultati per la salute.
Il Manifesto afferma che si debba perseguire un nuovo paradigma che eviti politiche e presupposti macroeconomici che allontanano dall’obbiettivo primario della Salute per tutti: non solo più finanziamenti al settore sanitario, ma finanziamenti di migliore qualità. La sfida è duplice, ossia, da un lato, cambiare la mentalità all’interno dei paesi che impongono vincoli interni alla spesa sanitaria e, dall’altro, trasformare le condizionalità imposte dall’esterno che ostacolano la spesa su ciò che è rilevante per la salute. Dunque, cambiare le regole del gioco diviene una priorità fondamentale di qualsiasi strategia per offrire Salute per tutti, e i responsabili politici devono avere la capacità di ripensare radicalmente e subito le regole della finanza: the time for action is now.
Questa radicale rivoluzione della prospettiva implica una altrettanto radicale capacità di governare tutto il sistema della innovazione: dalla proprietà intellettuale alla digitalizzazione, dalle nuove forme di sinergia fra settore pubblico e settore privato a nuove forme intelligenti di finanziamento. Il Manifesto introduce una nozione inconsueta per documenti prodotti in seno al sistema delle Nazioni Unite, ossia quella di “cambio della narrazione dominante” che deve incorporare come elementi costitutivi anche aspetti di natura etica e valoriale.
Ma cosa farà in concreto il Council?
Il Consiglio contribuirà in modo attivo a questo mutamento della narrazione dominante a proposito della Salute per tutti. Porrà al centro della sua azione la promozione del riorientamento radicale dell’attività economica, con le implicazioni che questo ha per gli investimenti, l’innovazione e le strategie industriali. Metterà in comune lezioni apprese nei diversi paesi e comunità su cosa si può fare per investire e costruire società più sane. Una priorità fondamentale per il Council sarà quella di impegnarsi in modo proattivo e diretto con il mondo della economia e con i leaders della finanza e le organizzazioni a livello internazionale, nazionale, regionale e locale. Il Council si impegnerà anche sul fronte della pandemia del Covid sia occupandosi dei bisogni immediati legati all’epidemia sia di obiettivi a lungo termine volti al rafforzamento della preparadness. Infine, il Council opererà per modificare il modo in cui le principali piattaforme economiche, le banche di sviluppo, i leaders nazionali e i loro i ministeri delle finanze pensano, concepiscono e valorizzano la salute.
Tutto questo richiederà un impegno che va ben oltre le tradizionali controparti dell’OMS e porterà a interagire con i ministri delle finanze, della scienza e tecnologia e anche con i capi di stato. Un rapporto finale completo sarà prodotto nel 2023, per essere utilizzato per dare slancio ai ministri delle finanze, ai capi di stato e governo, nonché ad altri decisori quali sono le autorità finanziarie e le autorità internazionali per lo sviluppo, allo scopo di operare in direzione del cambiamento della struttura dell’attività economica in favore della Salute per tutti. A leggere il programma rivoluzionario e globale di questo gruppo di donne coraggiose e motivate, sostenute dalla OMS, si provano sconcerto, curiosità, speranza, perplessità. Si provano speranza e ottimismo a vedere enunciati principi in cui in molti di noi hanno creduto e da sempre credono anche se spesso come espressione di un pensiero di minoranza. È certamente emozionante vedere un pensiero progressista e minoritario trasformato in manifesto della più autorevole e influente agenzia internazionale della salute.
D’altro canto, tuttavia, non possiamo dimenticare le ripetute delusioni di fronte alla drammatica mancata applicazione di documenti, programmi, dichiarazioni e piani internazionali che non solo sono stati disattesi ma anche spesso contrastati nei fatti, dagli stessi governi che li avevano sostenuti. Pensiamo ai Millenium Development Goals (MDGs) e ai Sustainable Develpment Goals (SDGs) che sistematicamente hanno tradito e tradiscono le aspettative delle popolazioni (soprattutto quelle dei paesi a medio e basso reddito) che a fronte di indicatori e obiettivi entusiasmanti si confrontano non solo con il loro mancato raggiungimento ma, spesso, con il peggioramento dello stato di salute, di benessere, di educazione, di democrazia delle popolazioni. Non v’è dubbio che i grandi programmi visionari hanno certamente ragione di essere, indipendentemente dal minore o maggiore grado di implementazione reale: infatti, tutti sappiamo quanto sia indispensabile avere una “carta” autorevole e consensuale che dice che tutti gli esseri umani sono uguali anche se il più delle volte sappiamo che non è così; tutti sappiamo quanto sia importante che esista uno spazio etico e politico ove la comunità internazionale si pronuncia per il bene comune.
Dunque, ben venga il Manifesto del Council on the Economics of Health for All, ma restiamo tuttavia perplessi e anche increduli dinnanzi alla radicalità trasformativa proposta e alla limitatissima forza negoziale della Organizzazione Mondiale della Salute, sempre più povera di finanziamenti pubblici, sempre più costretta a rivolgersi alle fondazioni private e soprattutto, sempre più in competizione con agenzie della salute nazionali e internazionali che la relegano al ruolo di un partner fra molti invece che a quello di dominus tecnico e morale della agenda globale della salute.
Bibliografia
- World Health Organization. The WHO Council on the Economics of Health for All WHO, Geneva 2020. who-council-eh4a_manifesto_09112021
- Sachs J. Health in the developing world: achieving the Millenium Development Goals (MDGs). 2004. Bulletin of the World Health Organization. 82:947-952.
- Sachs J. The end of poverty: how we can make it happen in our lifetime. Penguin Books, London 2005.
- World Health Organization. Closing the Gap in a generation. Commission on Social Determinants of Health. WHO, Geneva 2008.
fonte: saluteinternazionale.info