La pandemia da COVID-19 ha avuto notevoli ripercussioni sull’uso dei servizi sanitari di base, in particolare quelli di salute materno-infantile, sia a causa delle restrizioni che del minore afflusso dell’utenza, timorosa di contrarre l’infezione nelle strutture sanitarie.
A gennaio 2022 la popolazione mondiale ha superato gli 8 miliardi di persone. Secondo il PRB (Population Reference Bureau) (1) entro il 2050 potrebbe raggiungere i 10 miliardi con un aumento di circa il 24% rispetto al 2020. Nonostante a livello globale il tasso di fertilità totale (TFR), definito come il numero medio di nascite per donna, sia sceso da 3,2 nel 1990 a 2,3 nel 2020 e la situazione pre-pandemica abbia evidenziato la tendenza ad un ritardo nella gravidanza nei paesi ad alto reddito, la percentuale di nascite da madri adolescenti di età compresa tra 15 e 19 anni è rimasta stabile in molti paesi a basso reddito.In questo quadro si inseriscono i dati OMS che raccontano come nel mondo ogni anno circa 370.000 morti al femminile siano causate da gravidanza mentre più di 8 milioni di morti infantili avvengano proprio nei Paesi a basso e medio reddito prima di aver raggiunto i cinque anni di età.
La pandemia da COVID-19 ha avuto notevoli ripercussioni sull’uso di tutti i servizi sanitari di base, in particolare quelli di salute materno-infantile, sia a causa delle restrizioni che del minore afflusso dell’ utenza timorosa di contrarre l’infezione nelle strutture sanitarie. A livello globale infatti le statistiche indicano un calo delle prime visite di assistenza prenatale e dei parti in struttura in vari Paesi, destando grande preoccupazione sulle ripercussioni del fenomeno a livello di assistenza e mortalità. Le interruzioni dell’uso dei servizi di assistenza risultano avere un impatto particolarmente gravi sulle persone che vivono nei LMIC (Paesi a basso e medio reddito – Low-income and middle-income countries) a causa dei limitati servizi sanitari essenziali, a cui già in epoca pre-COVID per molti era difficile accedere. Uno studio pubblicato sul BMJ Global Health (2) analizza a fondo la situazione, in particolare nei Paesi a basso e medio reddito, ovvero proprio quelli in cui è in atto un maggiore aumento demografico e in cui i sistemi sanitari non sono sempre in grado di supplire alle esigenze di tutti. Gli esperti – sulla di quanto è avvenuto in precedenti epidemie, come quella da virus Ebola del 2014 e quella da SARS del 2003 – hanno stimato che le interruzioni dell’uso dei servizi sanitari della salute materno-infantile potrebbero determinare un aumento della mortalità dei bambini sotto i 5 anni dal 9,8% al 44,7% e la mortalità materna dall’8,3% al 38,6%.
La citata ricerca ha studiato l’impatto della pandemia da Covid-19 sui servizi di salute materno-infantile durante la prima ondata (marzo-maggio 2020) presso le strutture sanitarie di alcuni Paesi a basso reddito: Haiti, Lesotho, Liberia, Malawi, Messico e Sierra Leone. Dal confronto rispetto al contesto pre-pandemico emerge che nella maggioranza dei Paesi analizzati si è verificata una riduzione dei Facility Based Delivery Services (FBD), che consiste nell’assistenza qualificata fornita alle donne in gravidanza e durante il parto in una struttura sanitaria, intervento importante per ridurre le morti materne. In questi Paesi c’è stata una riduzione dal 10 al 20% del numero di FBD in particolare in Liberia in cui si è evidenziato un calo addirittura del 21%, da marzo a dicembre 2020. Relativamente alle visite prenatali (Antenatal Care – ANC) la riduzione si è verificata in maniera significativa in quasi tutti i Paesi presi in esame: in Sierra Leone il calo degli accessi ha raggiunto le percentuali più rilevanti (32%), ad Haiti un calo più ridotto ma sempre importante: 18%. In Messico la riduzione del numero dei parti in strutture sanitarie è stato probabilmente influenzato dalla tendenza degli ospedali a disincentivare l’accesso delle pazienti alle strutture stesse per il contenimento dei contagi.
Diversa è invece la situazione che si è verificata in Malawi dove non è stata registrata né una riduzione dei FDB né del numero delle visite ANC che è addirittura aumentato nei mesi di luglio, settembre e dicembre 2020, probabilmente in seguito alla decisione del governo di annullare il lockdown previsto, per evitare di perdere il sostegno della popolazione locale che avrebbe potuto percepire questa misura di contenimento della diffusione del virus come una violazione dei diritti umani. Qui la mancanza di misure restrittive imposte a livello nazionale ha probabilmente facilitato il mantenimento dell’accesso ai servizi sanitari rispetto ad altri paesi. Il Ministero della Salute malawiano però non ha attuato un “libera tutti” indiscriminato e senza regole, ha al contrario cercato di ovviare al naturale aumento dei contagi in assenza di misure restrittive durante un’ondata da Covid-19, sviluppando linee guida in grado di fornire agli operatori sanitari un percorso chiaro per una gestione più sicura delle donne in gravidanza e dei loro bambini.
Per incentivare l’uso dei servizi sanitari, diversi Paesi fra cui il Malawi, Liberia e Sierra Leone, hanno organizzato mirate campagne di comunicazione. Purtroppo però, problemi di connettività a internet da parte della popolazione, hanno impedito in moltissime comunità di usufruire di tale servizio. Servizio che fra l’altro è stato spesso intaccato da fenomeni di disinformazione, un po’ come è accaduto in altre parti del mondo. Da un interessante studio, “Quality of care at childbirth: Findings of IMAgiNE EURO in Italy during the first year of the COVID-19 pandemic”(3), emerge che in Italia si sia verificata una situazione analoga a quella dei paesi sopracitati che hanno attuato il lockdown: il 44,6% delle donne ha infatti riscontrato difficoltà di accesso alle visite prenatali e ben il 33% ha riferito la mancanza di una comunicazione chiara ed efficace da parte degli operatori.
Differenze di contesto a parte, la pandemia da Covid-19 e le conseguenti problematiche di accesso e fruizione dei servizi, ha fatto sì che ogni Paese corresse ai ripari per tentare di tamponare le inevitabili ripercussioni sulla salute della popolazione, ciascuno in base alle proprie risorse sanitarie, umane e materiali, di diverso tipo e quantità. Sicuramente è necessario ampliare gli studi per restituire un numero sempre maggiore di cifre che facciano capire come potrebbe essere possibile in futuro mantenere attivi i servizi di salute materna, tuttavia questi dati fanno già riflettere su quanto sia importante in generale migliorare l’accesso alle cure in ambito di salute materno-infantile, possibilmente investendo sulla spesa sanitaria con progetti mirati, al fine di garantire un’assistenza qualificata durante tutte le fasi della gravidanza, del parto e del puerperio e nei primi anni di vita del bambino.
Alice Fanfani, Silvia Mele e Sophia Papini, Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva, Università di Firenze.
Riferimenti bibliografici
(1) “Impact of COVID-19 Pandemic on Global Birth and Death Rates Unclear, With Many Countries Lacking Reliable Data”, https://www.prb.org/news/2021-world-population-data-sheet-released/, 2021
(2) Zeus Aranda et al. “Disruptions in maternal health service use during the COVID-19 pandemic in 2020: experiences from 37 health facilities in low-income and middle income countries”, BMJ Global Health, January 2022.
(3) Marzia Lazzerini et al. “Quality of care at childbirth: Findings of IMAgiNE EURO in Italy during the first year of the COVID-19 pandemic”. progetto IMAgiNE EURO (Improving MAternal Newborn carE in the EURO Region)”, The Lancet Regional Health Europe, December 2021.
fonte: saluteinternazionale.info