Sono trascorsi oltre 5 anni dall’approvazione dei Nuovi lea, eppure ancora oggi metà Italia non vi ha accesso.
A bloccare la loro attuazione è la mancata emanazione del Decreto per la definizione delle tariffe massime delle prestazioni (il cosiddetto Decreto Tariffe), il quale doveva essere emanato entro il 28 febbraio 2018, cioè oltre quattro anni fa, come previsto espressamente dalla legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 420, della legge 205/2017).
In attesa della sua emanazione risultano bloccate le nuove prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, una parte delle disposizioni relative ai nuovi nomenclatori sull’assistenza protesica e le prestazioni specialistiche in esenzione per le nuove malattie croniche e rare riconosciute.
Praticamente si tengono in scacco da oltre 5 anni i nuovi diritti dei pazienti, diventati ormai vecchi senza essere stati attuati.
Un’impasse istituzionale che va nella direzione opposta alle richieste di tutti gli attori della sanità italiana, associazioni di pazienti in testa, che nel corso degli anni hanno sollecitato il Ministero della Salute ad attuare, aggiornare e integrare i Lea adeguandoli ai nuovi bisogni e alle più recenti e robuste evidenze scientifiche.
Un evidente segnale dell’esistenza di un fabbisogno sanitario insoddisfatto.
Dal 2016 al 2020, infatti, sono pervenute al Ministero della Salute 187 richieste di aggiornamento e inclusione dei Lea: 1 nel 2016, 2 nel 2017, 6 nel 2018, 56 nel 2019 e 122 nel 2020.
Le richieste provengono per il 49% da Associazioni di pazienti e/o cittadini, per il 39% da Società scientifiche o Enti del SSN e per il 12% da produttori di tecnologie sanitarie
Nel 2021 la Commissione nazionale per l’aggiornamento dei Lea ha concluso l’esame di 33 gruppi omogenei di richieste di aggiornamento dei Lea, corrispondenti a 62 singole richieste.
È quanto emerge dalla Relazione Illustrativa alla Legge di Bilancio 2022, analizzata da Salutequità con particolare riguardo alla misura che prevede lo stanziamento di 200 milioni di euro l’anno per l’aggiornamento dei Lea.
Un tentativo di sbloccare la situazione è stato quindi messo in campo dal Ministero della Salute a gennaio 2022, quando ha finalmente trasmesso alle Regioni il decreto di aggiornamento delle tariffe, ricevendo però, subito dopo, alcuni significativi rilievi:
—> il tempo necessario per l’adeguamento tecnico (nomenclatori regionali, sistemi prenotazione e pagamento ticket, modalità prescrittive, …) ai nuovi nomenclatori della specialistica e dell’assistenza protesica ha comportato la richiesta delle Regioni al MinSal di prevedere un termine di almeno 9 mesi dalla pubblicazione in G.U. del Decreto Tariffe per l’entrata in vigore del nomenclatore della specialistica e 12 mesi per quello della protesica;
—> da una prima analisi svolta dalle Regioni sembrerebbe esserci una rilevante e differenziata contrazione del gettito ticket nelle casse regionali.
Parallelamente, ulteriori criticità sono state sollevate da altri stakeholder sull’entità delle tariffe, anche con riguardo alla Procreazione medicalmente assistita.
Proprio rispetto a quest’ultima è di pochi giorni fa la notizia (diffusa dalla Sigo) dell’ok del Ministero alla nuova tariffa della fecondazione omologa in provetta: circa 2.700 euro. Una tariffa significativamente incrementata e che questa volta sembrerebbe essere più appropriata e funzionale ad una sua effettiva equità di accesso nelle Regioni.
Il necessario lavoro di aggiustamento da parte del Ministero della salute è continuato in queste settimane anche su tutti gli altri fronti del Decreto Tariffe segnalati da più parti come problematici, e che a questo punto dovrà avere nuovamente il via libera del MEF ed essere rinviato alle Regioni per ottenere l’Intesa in Conferenza Stato-Regioni.
Per questo ora è necessario chiudere velocemente il cerchio, mettendo al centro la leale collaborazione e il massimo coordinamento istituzionale tra Ministero della Salute, MEF e Regioni. In ballo ci sono i nuovi diritti dei pazienti, che devono essere l’unico vero obiettivo al quale devono guardare tutti tirandoli fuori dal pantano istituzionale nel quale si trovano immersi ormai da 5 anni.
fonte: SalutEquità