Equità, OMS e Bill Gates. di Benedetto Saraceno

Né Bill Gates né la OMS hanno capito le implicazioni epocali della pandemia e continuano a proporre strumenti inadeguati restando prigionieri di logiche miopi delle rispettive influenze.

Gro Harlem Brundtland, ex primo ministro della Norvegia, fu la direttrice generale della Organizzazione Mondiale della Salute dal 1998 al 2003 e quegli anni furono forse il canto del cigno della indiscussa leadership morale e tecnica dell’agenzia delle Nazioni Unite. L’altissimo profilo dei membri del gabinetto Brundtland,  la serie di influenti World Health Reports, la creazione della Tobacco Free Initiative che culminò nella Convenzione sul tabacco, le strette relazioni personali della direttrice generale con i leaders delle grandi potenze, furono tutti elementi che permisero alla OMS di mantenere non solo la leadership della salute globale ma anche di mantenere un accettabile equilibrio fra investimenti dei governi in attività multilaterali, ossia attraverso le Nazioni Unite, e attività bilaterali, ossia fra singoli paesi. Le potenti agenzie di cooperazione tecnica di paesi quali gli USA, il Regno Unito, il Giappone, la Germania, i paesi nordici (primo fra tutti la Svezia) cominciavano infatti a investire nel bilaterale e disinvestire dal multilaterale. Le ragioni erano molteplici e, non ultima, i costi elevatissimi dei progetti eseguiti attraverso la OMS che caricava salari e spese generali spesso non competitivi con i costi di progetti eseguiti bilateralmente dai singoli paesi. Indubbiamente anche la supremazia tecnica del personale OMS era sfidata da competentissimi tecnici di salute pubblica che operavano all’interno delle agenzie governative di cooperazione (proverbiali gli alti livelli di competenza dei britannici di DFID o degli svedesi di SIDA). La scelta bilaterale aveva ed ha ragioni politiche evidenti in quanto il paese donante ha il pieno controllo sulle attività nel paese recipiente e può utilizzare la cooperazione tecnica anche come una forma di efficace soft power.

Terminata la amministrazione Brundtland, l’investimento nel bilaterale a danno del multilaterale si fece sempre più marcato (l’Italia ha significativamente diminuito la cooperazione tecnica attraverso OMS) e inoltre divenivano sempre più importanti gli investimenti della filantropia privata. Le fondazioni che nel passato rappresentavano una frazione modesta dell’investimento globale in salute divenivano sempre più protagoniste della scena globale. E la Bill e Melinda Gates Foundation faceva, e continua a fare, la parte del leone. Gates non solo mette soldi ma anche know-how tecnico (epidemiologico) e dunque è divenuto un imprescindibile attore della salute globale. Ecco allora che la tensione fra due visioni – la multilaterale e la bilaterale  (entrambe messe in opera da governi e dunque pubbliche) – ora si complica con un terzo attore, ossia la filantropia privata.

A rendere esplosiva la tensione è il faticoso e spesso confuso follow up della pandemia di Covid 19. A tale proposito l’editor di Lancet, Richard Horton, presenta un preoccupante quadro della presente tensione tecnica, culturale, politica e finanziaria fra OMS e la fondazione Gates (1). Gates ha iniziato a promuovere l’idea di GERM (Global Epidemic Response and Mobilization team). Si tratta di un team di 3000 professionisti impiegati a full-time (epidemiologi, genetisti, esperti di emergenze, tecnici dello sviluppo di nuovi vaccini) dedicati alla prevenzione di nuove pandemie. Un miliardo di dollari sarebbe il costo annuale e Gates sarebbe disponibile a finanziare i primi cinque anni di attività in attesa di altri finanziatori. Secondo Gates la OMS dovrebbe essere l’ente responsabile di GERM ma con meccanismi di gestione e reclutamento del personale “speciali” così da mantenere l’agenzia in uno stato di amministrazione controllata e di minore indipendenza. D’altro canto l’OMS pubblica un libro bianco dal titolo Strengthening the Global Architecture for Health Emergency Preparadness,Response and Resilience (Rafforzare l’architettura globale per la preparazione, la risposta e la resilienza di fronte all’emergenza sanitaria) (2). Questo documento vuole aprire un dibattito importante fra gli stati membri che si riuniranno a Ginevra nel maggio 2022 per la annuale assemblea della OMS. L’intenzione di Tedros Ghebreyesus, direttore generale, è quella di costituire un Global Health Emergency Council guidato da un gruppo di capi di stato. Secondo la OMS è tempo di rivedere radicalmente le International Health Regulations (che governano anche la gestione delle pandemie), di promuovere un monitoraggio indipendente dei programmi di preparadness dei singoli paesi, di formare una nuova generazione di forza lavoro capace di rispondere alle emergenze globali.   OMS non fa mistero del fatto che il potere assoluto su questo Global Council sarebbe nelle proprie mani e tale organismo sarebbe controllato dalla sede ginevrina di OMS.

Ecco dunque, due proposte in qualche modo in competizione che vedono da un lato un massiccio investimento economico e la possibilità di creare un potente esercito di tecnici (proposta di Bill Gates) e dall’altro un organismo politicamente potente ma certamente più povero di fondi e meno capace di reclutare l’eccellenza tecnica esistente.

Due visioni che mostrano bene come la tensione non sia più fra multilaterale e bilaterale ma piuttosto fra multilaterale pubblico e multilaterale privato. Ciò che colpisce del breve ma densissimo editoriale di Lancet sono le tre osservazioni finali di Richard Horton che, di fatto, costituiscono la base per un dibattito pubblico importante e denso di conseguenze future.

Horton afferma che né Gates né la OMS hanno capito le implicazioni epocali della pandemia e continuano a proporre strumenti inadeguati e restano prigionieri di logiche miopi delle rispettive influenze.

L’editoriale rileva che,

  • Primo, i due organismi non hanno capito che la pandemia ha reso clamorosamente evidente il decisivo impatto delle disuguaglianze. Invece, non c’è menzione nei programmi dei due organismi competitori di alcun intervento radicale per diminuire le health and social inequalities. Qualunque piano di preparadness dovrebbe includere un massiccio intervento di riduzione delle disuguaglianze.
  • Secondo, la pandemia ha “normalizzato l’ingiustizia” per quanto riguarda l’accesso ai test, ai vaccini e ai farmaci antivirali. Nelle proposte dei due organismi non si avverte alcuna urgenza di mitigare tale ingiustizia.
  • Terzo, Covid 19 è una zoonosi e tuttavia non c’è alcuna consapevolezza nelle proposte dei due organismi del fatto che prevenire una pandemia significa ridefinire, comprendere, analizzare la relazione fra umani e animali nella trasmissione dei virus.

L’editoriale termina esprimendo forti dubbi sulla volontà dei paesi e dei governi di imbarcarsi nella costituzione di questi nuovi e costosi organismi.

Lancet ha messo sul tavolo temi fondamentali che hanno certamente a che fare con l’epidemiologia e la virologia ma anche e soprattutto con scelte di campo inequivoche a proposito di grandi temi come le disuguaglianze e la relazione umano/ambiente. Lancet implicitamente lancia un dibattito su questioni urgenti e ineludibili e i lettori di Salute Internazionale sono invitati a partecipare a questo dibattito.

Benedetto Saraceno, Segretario Generale, Lisbon Institute of Global Mental Health (componente della Rete Salute Welfare Territorio)

Bibliografia

  1. Horton R. Offline: Bill Gates and the fate of WHO. 2022, Vol.399, May 14,1853.
  2. White Paper Consultation: Strengthening the Global Architecture for Health Emergency Preparedness, Response and Resilience. White paper for consultation: 4 May 2022

fonte: saluteinternazionale.info

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