Lo scorso febbraio, l’agenzia statunitense National Telecommunications and Information Administration, per conto della NASA e della National Science Foundation, ha inviato una lettera alla Commissione federale per le comunicazioni, per esprimere preoccupazione per le conseguenze dovute al numero crescente di satelliti.
Nella lettera vengono affrontati diversi temi, come la congestione dell’orbita bassa, la prevenzione delle collisioni e gli impatti sulle missioni scientifiche. Per capire cosa sta accadendo nelle orbite intorno alla Terra, abbiamo parlato con l’astrofisica Patrizia Caraveo, autrice del libro Saving the Starry Night, edito da Springer a novembre 2021. Il libro guarda da vicino il nostro rapporto con il cielo, la luce e l’oscurità, raccontando come l’inquinamento luminoso interferisce con l’astronomia e con le nostre capacità di apprezzare il cielo, e offre uno sguardo completo sulle problematiche legate a quanto sta accadendo negli ultimi anni per il crescente affollamento delle orbite basse attorno alla Terra.
Uno spazio affollato
Intorno al nostro pianeta migliaia di satelliti artificiali e milioni di rottami di varie dimensioni affollano lo spazio. «I numeri che circolano sono impressionanti, specialmente se facciamo riferimento alla situazione attuale», spiega Caraveo. «Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari dello spazio extra-atmosferico, dall’inizio dell’era spaziale ad aprile 2021 sono stati lanciati 11.139 satelliti, 7.289 dei quali sono ancora in orbita. Di questi, circa quattromila sono attivi, i restanti sono guasti o spenti».
Il numero di satelliti è letteralmente esploso negli ultimi anni. «Il 57% dei satelliti in orbita sono stati lanciati negli ultimi quattro anni», spiega ancora Caraveo. «Solo nel 2020 sono stati lanciati 1.283 satelliti».
Assieme ai satelliti funzionanti corrono nello spazio detriti e rottami con velocità fino a 28.000 chilometri orari, quasi otto chilometri al secondo. Stadi di razzi, parti di satelliti, pezzi di vernice e viti, i rottami che viaggiano nello spazio hanno dimensioni diverse e sono prodotti da guasti, collisioni o esplosioni. Le stime più recenti parlano di oltre ventimila detriti con dimensioni maggiori di dieci centimetri. Questi sono regolarmente tracciati dalle reti di sorveglianza spaziale, ma ce ne sono altri che sfuggono ai monitoraggi. Sono i rifiuti con dimensioni minori di dieci centimetri, che secondo recenti stime statistiche sono circa 130 milioni. Il mercato dello spazio è in espansione e il numero di satelliti e rottami crescerà. «La space economy sta cambiando l’approccio allo spazio e si prospetta un futuro con orbite trafficatissime», commenta l’astrofisica.
I protagonisti di questa nuova corsa allo spazio sono aziende private, che stanno sviluppando delle costellazioni satellitari. «Si tratta di infrastrutture orbitali composte da migliaia di satelliti», spiega Caraveo. «La costellazione più avanzata è Starlink, voluta da Elon Musk per offrire connessione internet a larga banda a tutto il mondo. Il 20 % dei satelliti in orbita appartengono a questa costellazione, lanciata negli ultimi due anni». Peraltro, Starlink è stata di recente messa a disposizione dell’Ucraina per il conflitto in corso.
Elon Musk non è l’unico a puntare allo spazio: anche altre grandi aziende portano avanti progetti simili da migliaia di satelliti. «OneWeb, che originariamente pianificava una costellazione di 650 satelliti, ora dice di volerne lanciare 6.300; bisogna poi considerare i 3.200 del progetto Kuiper di Amazon, i 4.700 della Samsung e i 3.000 della Boing», aggiunge l’astrofisica.
Per la costellazione Starlink sono già stati lanciati oltre 2.000 satelliti. «SpaceX è già stata autorizzata a lanciare 12.000 satelliti, un numero superiore a tutto ciò che è andato in orbita dall’inizio dell’era spaziale», commenta Caraveo. Inoltre, l’azienda di Elon Musk ha ottenuto l’autorizzazione dalla Commissione federale per le comunicazioni per il lancio di altri 30.000 satelliti.
Rischio di collisione e d’intralcio alla ricerca
È proprio in seguito alle ultime mosse di SpaceX che la NASA e la National Science Foundation hanno scritto una lettera, per “fornire una migliore comprensione delle preoccupazioni della NASA rispetto ai suoi asset in orbita e mitigare ulteriormente il rischio di collisioni a beneficio di tutte le parti coinvolte”, come recita il testo. La preoccupazione nasce dall’aumento del numero di progetti che prevedono grandi costellazioni e “per il potenziale aumento significativo della frequenza degli eventi di congiunzione e dei possibili impatti sulle missioni scientifiche e umane della NASA”.
Le nuove reti satellitari affollano la cosiddetta Low Earth Orbit, cioè l’orbita bassa, uno spazio compreso fra 80 e 2.000 chilometri di altezza da Terra. Per esempio, i satelliti di Starlink sono a un’altezza di circa 500 chilometri.
L’orbita bassa è una novità. «Una scelta molto diversa da quelle fatte finora dai satelliti per telecomunicazioni, sempre in orbita geostazionaria a 36.000 chilometri, e dai GPS, in orbita a 20.000 chilometri» spiega Caraveo. I satelliti in orbite più alte hanno il vantaggio di vedere una parte più ampia della superficie terrestre e quindi ne bastano relativamente pochi per coprire l’intero globo. Le nuove costellazioni, invece, si muovono in orbita più bassa per ridurre la latenza dei segnali, cioè il tempo di transito verso Terra. Questa scelta aumenta la qualità del servizio, ma ha conseguenze negative. Infatti, per la maggiore vicinanza alla Terra, ciascun satellite vede una porzione più piccola della superficie ed è necessario un numero maggiore di satelliti per coprire l’intero globo, aumentando l’affollamento dello spazio.
«Il grande traffico in orbita aumenta le possibilità di collisioni fra satelliti con effetti a catena a dir poco preoccupanti», spiega Caraveo. «Infatti, in caso di collisione si formerà una nube di detriti che continuerà a percorrere la stessa orbita del satellite originale e le probabilità di altri impatti si moltiplicano». Il rischio è la cosiddetta Sindrome di Kessler, uno scenario in cui la Terra è circondata da una miriade di rottami che subiscono una collisione dopo l’altra con un incremento esponenziale dei detriti che intrappolerebbero la Terra rendendo impossibile l’esplorazione spaziale e l’uso stesso di satelliti.
Come abbiamo anticipato, i satelliti che già orbitano attorno al nostro pianeta sono migliaia. Il telescopio Hubble, in orbita dal 1990 a 535 chilometri di altezza, è già disturbato dall’affollamento delle orbite. Secondo alcune stime della NASA, l’8% delle immagini scattate da Hubble sono alterate dai satelliti che sfrecciano in orbita. L’aumento del numero di satelliti potrebbe avere conseguenze negative anche per la Stazione spaziale internazionale, in orbita a 400 chilometri dalla superficie terrestre, poco più in alto dei nuovi ventimila satelliti che SpaceX propone di lanciare ad un’altezza fra 328 e 360 chilometri. Questa vicinanza, secondo la NASA, potrebbe comportare una potenziale perdita di opportunità per la ricerca e per l’utilizzo della Stazione.
Lo spazio intorno alla Terra è limitato e attualmente non ci sono normative che regolano l’occupazione delle orbite. L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari dello spazio extra-atmosferico si sta muovendo per aggiornare le normative vigenti, ma sono processi che richiedono tempo e intanto il traffico intorno alla Terra aumenta. «I piani prevedono numeri preoccupanti e questo avrà sicuramente conseguenze non trascurabili», conclude Caraveo.
fonte: Scienza in Rete