E’ stata data notizia pochi giorni fa qui su Qs della approvazione in corso (poi effettivamente avvenuta il 13 aprile scorso) della istituzione con decreto del Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici (SNPS). Tra le 1.134 parole di cui è costituito il decreto non compare mai quella di “epidemiologia”, una disciplina cui va dato al più presto un ruolo strutturale all’interno del SSN come proposto pochi giorni fa dalla Associazione Italiana di Epidemiologia con un suo documento.
Il Decreto istitutivo del SNPS poteva in effetti costituire una occasione importante per avviare un percorso di riconoscimento istituzionale della funzione di epidemiologia nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Basta leggere questa sorta di declaratoria sul ruolo del SNPS e collegarla ad altri atti e Decreti di indirizzo nazionale per rendersene conto: “concorre al perseguimento degli obiettivi di prevenzione primaria correlati in particolare alla promozione della salute, alla prevenzione e al controllo dei rischi sanitari associati direttamente e indirettamente a determinanti ambientali e climatici, anche derivanti da cambiamenti socio-economici, valorizzando le esigenze di tutela delle comunità e delle persone vulnerabili o in situazioni di vulnerabilità, in coerenza con i principi di equità e prossimità”.
Questa declaratoria è coerente con quanto previsto nel Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025 che prevede tra i suoi strumenti caratterizzanti il Profilo di salute ed equità che così descrive: “Il profilo di salute ed equità della comunità rappresenta il punto di partenza per la condivisione con la comunità e l’identificazione di obiettivi, priorità e azioni sui quali attivare le risorse della prevenzione e al tempo stesso misurare i cambiamenti del contesto e dello stato di salute, confrontare l’offerta dei servizi con i bisogni della popolazione, monitorando e valutando lo stato di avanzamento nonchè l’efficacia delle azioni messe in campo. Nell’accezione proposta dal LEA della Prevenzione, il profilo di salute della comunità rappresenta uno strumento strategico per una pianificazione regionale/locale degli interventi, coerente ai dati di contesto di natura epidemiologica, demografica, socioeconomica, comportamentale, organizzativa e permette di orientare la programmazione all’equità, all’intersettorialità e all’accountability.”
Se poi andiamo all’ultimo Decreto del 2017 sui LEA si afferma a proposito del Profilo di salute della comunità che esso prevede la: “ Disponibilità e utilizzo delle informazioni tratte dai sistemi di sorveglianza correnti (malattie infettive, malattie croniche e incidenti stradali, domestici e infortuni, stili di vita, percezione dello stato di salute, ricorso ai servizi sanitari), da rilevazioni che coinvolgono la comunità, al fine di analizzare i bisogni della popolazione, individuare i rischi della popolazione e dell’ambiente e valutare l’impatto sulla salute di interventi sanitari, ambientali e sociali”.
Risulta chiarissimo dalla lettura integrata di questi atti che le politiche di prevenzione nel SSN debbono partire da una valutazione dei bisogni della popolazione e dei rischi cui essa è esposta. Quello che rimane implicito e invece va esplicitato è che questa valutazione va fatta con gli strumenti e le competenze tipiche della epidemiologia. Epidemiologia che però non riesce mai ad emergere come funzione strutturata nelle articolazioni del SSN rimanendo quindi esposta a scelte regionali che possono anche ridimensionare questa funzione dove è presente o non svilupparla nelle realtà in cui è carente o addirittura assente.
Il binomio Epidemiologia e Prevenzione ha una lunga storia in Italia che merita di essere rilanciata in questa fase di ripensamento complessivo del nostro SSN. Una storia che per quelli della mia generazione porta immediatamente alla figura di Giulio Alfredo Maccacaro.
fonte: QS