Negli ultimi anni i PFAS e i loro derivati hanno destato preoccupazione per il loro effetto negativo sull’ambiente e sulla salute.
È noto il caso dell’emergenza PFAS in Veneto (tra le province di Vicenza, Verona e Padova) causata dall’esposizione della popolazione ad acque e cibi contaminati. La maggiore indiziata dello sversamento è una fabbrica fallita nel 2018: la Miteni di Trissino (Vicenza).
In Piemonte a Spinetta Marengo, una frazione del comune di Alessandria, c’è il più grande stabilimento chimico in Italia della multinazionale belga Solvay. Qui si produce il cC6O4, un composto chimico di nuova generazione appartenente alla famiglia dei PFAS che pare avere un profilo tossicologico meno preoccupante e una minor capacità di accumulo negli organismi viventi. La Solvay, come previsto dalla normativa europea REACH sulle sostanze chimiche, ha inviato all’ECHA (che valida le registrazioni delle aziende private) il dossier sulla cC6O4, ma l’autorità di regolamentazione non l’ha ancora analizzato.
La preoccupazione dei cittadini è legata ai tempi di degradazione nell’ambiente di queste sostanze e ai loro possibili effetti sulla salute. Infatti i PFAS, se non ben monitorati durante i processi di lavorazione industriale, possono raggiungere le acque (sotterranee e superficiali) e accumularsi negli organismi viventi, incrementando il rischio di ingresso nella catena alimentare.
Proviamo a fare il punto su cosa sappiamo e su cosa si sta facendo per limitare la produzione e l’utilizzo dei PFAS.
Cosa sono
Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS-PerFluorinated Alkylated Substances) costituiscono una grande famiglia di migliaia di sostanze chimiche sintetiche ampiamente utilizzate per la loro straordinaria capacità di rendere le superfici idrofobiche e oleorepellenti. I PFAS più noti sono l’acido perfluoroottanoico (PFOA) e l’acido perfluoroottansolfonico (PFOS). Da un punto di vista chimico sono costituiti da un gruppo funzionale idrosolubile legato a catene carboniose di varia lunghezza nelle quali gli atomi di idrogeno sono parzialmente o totalmente sostituiti da atomi di fluoro. I composti con catene carboniose fino a cinque atomi sono considerati a catena corta, da sei atomi di carbonio si parla di catena lunga.
A cosa servono
I PFAS sono termicamente e chimicamente stabili (i legami carbonio-fluoro sono tra i legami chimici più forti nella chimica organica). Queste caratteristiche tecnologiche rendono i PFAS ampiamente utilizzati per rivestire padelle antiaderenti (Teflon®), nella produzione di abbigliamento tecnico (GORE-TEX®), per rendere resistenti ai grassi e all’acqua tessuti, tappeti, pellami e carta, nei rivestimenti per contenitori di alimenti ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa. Sono quindi sostanze largamente utilizzate nel settore aerospaziale, automobilistico, aeronautico, nella produzione di materiali a contatto con gli alimenti, tessuti, pelle e abbigliamento, nei prodotti per l’edilizia e per la casa, elettronica, antincendio, trasformazione alimentare e articoli medici.
PFAS e ambiente
Queste sostanze sono note per la contaminazione ambientale che hanno prodotto negli anni dovuta proprio alla loro stabilità termica e chimica, caratteristiche che le rendono resistenti ai naturali processi di degradazione: fotolisi, idrolisi, degradazione biotica aerobica e anaerobica. I PFAS sono stati frequentemente osservati come contaminanti di suolo, acque sotterranee e acque superficiali. La bonifica di siti contaminati è tecnicamente difficile e dispendiosa.
In generale i PFAS sono altamente persistenti nell’ambiente. Come conseguenza di questa persistenza, finché continueranno ad essere rilasciati nell’ambiente, gli ecosistemi saranno esposti a concentrazioni sempre maggiori di PFAS.
Il loro rilascio e la loro mobilità nell’acqua e nell’aria causano la contaminazione del suolo, delle acque sotterranee e dell’acqua potabile. In tal modo alcuni PFAS entrano nella catena alimentare e si possono accumulare nel corpo umano attraverso il consumo di pesce, frutti di mare, carne e prodotti a base di carne, uova, latte e latticini.
Effetti sulla salute
I PFAS sono rilasciati nell’ambiente da fonti dirette e indirette, ad esempio da impianti industriali che utilizzano PFAS, durante l’uso di prodotti di consumo (ad esempio cosmetici, cere da sci o abbigliamento) e da materiali a contatto con gli alimenti. Gli esseri umani possono essere esposti ogni giorno a casa, sul posto di lavoro e attraverso l’ambiente, ad esempio dal cibo e dall’acqua potabile.
I PFAS a catena lunga destano maggiori preoccupazioni sotto il profilo ambientale e sanitario a causa della loro persistenza nell’ambiente, spesso associata a un’elevata capacità di bioaccumulo e tossicità. Possono rivelarsi tossici per la riproduzione e danneggiare lo sviluppo del feto. Diversi PFAS hanno la capacità di interferire con il sistema endocrino umano e alcuni sono sospettati di causare il cancro negli esseri umani.
Negli ultimi decenni, i produttori di tutto il mondo hanno iniziato a sostituire i PFAS a catena lunga con altri PFAS o con sostanze prive di fluoro.
PFAS regolamentati a livello globale
Dal 2009, l’acido perfluoroottano solfonico e i suoi derivati (PFOS) sono stati inclusi nella Convenzione internazionale di Stoccolma per eliminarne l’uso. La produzione e l’uso di PFOS da più di 10 anni è già stato limitato nell’UE, ai sensi del regolamento dell’UE sugli inquinanti organici persistenti (POP).
Inoltre, la Convenzione di Stoccolma regola l’eliminazione globale dell’acido perfluoroottanoico (PFOA), dei suoi sali e dei composti correlati al PFOA. Il PFOA è vietato ai sensi del regolamento POP dal 4 luglio 2020.
L’acido perfluoroesano solfonico (PFHxS), i suoi sali e composti correlati, nonché gli acidi carbossilici perfluorurati (PFCA C9-14) sono stati presi in considerazione per l’inclusione nella Convenzione di Stoccolma e la conseguente eliminazione globale.
La Commissione europea si impegna a eliminare gradualmente tutti i PFAS, consentendone l’uso solo laddove si dimostri che sono insostituibili ed essenziali per la società.
Nel settembre 2020 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha fissato una nuova soglia di sicurezza per le principali sostanze perfluoroalchiliche che si accumulano nell’organismo: acido perfluoroottanoico (PFOA), perfluorottano solfonato (PFOS), acido perfluorononanoico (PFNA), acido perfluoroesano solfonico (PFHxS). La soglia – una dose settimanale tollerabile di gruppo (TWI) di 4,4 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo a settimana – fa parte di un parere scientifico sui rischi per la salute delle persone derivanti dalla presenza di queste sostanze negli alimenti. La consulenza scientifica dell’EFSA sosterrà i gestori del rischio nelle loro decisioni sul modo migliore per proteggere i consumatori dall’esposizione ai PFAS attraverso gli alimenti.
Infine, una direttiva europea sull’acqua potabile entrata in vigore il 12 gennaio 2021, prevede un limite di 0,5 μg/l per tutti i PFAS.
Per approfondire:
Pagina sul sito ECHA dedicata al tema PFAS
https://echa.europa.eu/it/hot-topics/perfluoroalkyl-chemicals-pfas
Parere dell’EFSA sui PFAS negli alimenti