Una pandemia disuguale (ma non troppo): perché e cosa si può fare. di Giuseppe Costa, Michele Marra

La posizione di una persona lungo il gradiente sociale costituisce uno dei principali determinanti per la salute: essere poveri, avere una scarsa istruzione, un lavoro non qualificato, poche relazioni sociali e scarse reti di supporto famigliare, così come vivere in contesti abitativi e residenziali più deprivati, sono noti indicatori di minor aspettativa di vita, di maggior probabilità di malattia e di invecchiamento non sano, di maggior esposizione a fattori di rischio comportamentali e ambientali, così come di minor accesso al sistema sanitario. In questo contesto, l’impatto della pandemia di Covid-19, nonostante la narrazione di un virus che non guardava in faccia nessuno, lontano dall’essere democratico, è stata semmai sindemico, ha colpito cioè in misura maggiore le persone che già prima dell’arrivo del virus avevano minori risorse, attraverso meccanismi innescati proprio dai fattori appena citati.

Questo articolo mostra infatti come, in Italia, gli individui con un maggior numero di svantaggi sociali sono stati maggiormente esposti al virus e abbiano avuto una maggior incidenza, ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva e decesso. Il sistema sanitario ha in qualche modo tenuto, in termini di equità, riuscendo a garantire le stesse cure a tutta la popolazione, almeno a quella giunta in ospedale, ma gli eccessi nella mortalità generale, anche non legata alla Covid-19, così come l’aumento della domanda di salute fisica e mentale, a carico ma non solo delle fasce socialmente più svantaggiate, mostrano come le conseguenze della pandemia (al di là dei casi non diagnosticati) si siano espanse anche al di fuori della patologia da Sars-Cov2. La riallocazione delle risorse sanitarie (e la conseguente interruzione di percorsi terapeutici e assistenziali), il distanziamento sociale (e lo stress generato dall’isolamento in casa e dallo stravolgimento delle relazioni quotidiane), nonché le forti ricadute su economia, occupazione e reddito, son tutti fenomeni che hanno avuto un forte impatto sulla salute e che sono destinati ad averne in futuro, specie in assenza di politiche di mitigazione e di redistribuzione dei determinanti sociali della salute che non afferiscono soltanto al sistema sanitario ma che, al contrario, richiamano l’intervento di molteplici settori, secondo l’approccio salute in tutte le politiche. In particolare, il costo di ciascuno dei meccanismi attivati dalla pandemia così come delle corrispondenti politiche di contrasto, calcolati entrambi in termini di disuguaglianze di salute create e ridotte, può rappresentare un ottimo criterio e una metrica comune per orientare la scelta di priorità nell’allocazione delle risorse economiche stanziate nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Questi dati e argomenti sono stati elaborati in un rapporto per il Ministero della Salute che pone la pandemia sotto le lenti dell’equità: il Servizio sanitario nazionale così si interroga su quali siano i meccanismi attraverso cui la pandemia e il confinamento abbiano compromesso in modo disuguale la salute degli italiani. Di seguito ogni meccanismo è sintetizzato in una domanda e nella sua sintetica risposta.

Dov’è approdato il virus? Su una epidemia di malattie croniche già molto disuguale.

La pandemia sta aumentando il divario sociale nella mortalità generale? Sì abbastanza.

Il contagio e l’infezione sono disuguali? Sì, soprattutto per professione esposte e luoghi deprivati.

L’accesso ai test è disuguale? Poco e in modo proporzionale al rischio di esposizione.

I ricoveri per covid-19 sono disuguali? Sì abbastanza, per disuguali malattie croniche e infezione.

I ricoveri in terapia intensiva sono disuguali? Poco, in modo proporzionale al bisogno.

La mortalità in Covid-19 è disuguale? Sì molto.

La compresenza di malattie croniche tra le vittime di covid-19 è disuguale? Sì abbastanza.

L’accesso alle cure per covid-19 è disuguale? No in prevenzione e ospedale, sì fuori ospedale.

L’accesso alle cure non covid-19 è disuguale? Sì abbastanza in recupero di liste attesa.

La percezione del rischio e l’impatto sullo stato emotivo sono disuguali? Poco.

L’accesso alle misure di prevenzione per la covid-19 è disuguale? No.

I comportamenti insalubri sono cambiati in modo disuguale? No.

I rischi ambientali sono cambiati in modo disuguale? No.

Il rischio di impoverimento avrà conseguenze disuguali di salute? Molto.

Il rischio di isolamento e solitudine è cambiato in modo disuguale? Poco.

L’impoverimento delle opportunità educative avrà conseguenze disuguali di salute? Molto.

Ognuno di questi meccanismi sarebbe potenzialmente evitabile o moderabile con opportune scelte di programmazione delle politiche. Ad esempio in ambito sanitario le disuguaglianze nel recupero delle cure non Covid-19 sospese per il confinamento potrebbero essere evitate con una programmazione delle liste di attesa che sia attenta a chi è più svantaggiato e non può ricorrere al privato o alle conoscenze. Analogamente in ambito non sanitario gli svantaggi sociali di sviluppo educativo nella scuola possono essere recuperati con investimenti mirati all’offerta educativa nelle aree più deprivate.

Sarebbe raccomandabile che l’implementazione a livello regionale e locale del Pnrr utilizzasse queste lenti dell’equità per modernizzare il welfare sanitario e sociale in modo più attento all’equità nei risultati di salute

Gli Autori:

Giuseppe Costa è professore di Igiene presso l’Università di Torino e dal 1998 dirige il Servizio di Epidemiologia dell’AslTO3 del Piemonte. Michele Marra, epidemiologo, lavora presso l’Ufficio europeo dell’Organizzazione mondiale della salute per gli Investimenti in Salute e per lo Sviluppo e presso il Servizio di Epidemiologia della Regione Piemonte.

Il testo è la sintesi dell’articolo pubblicato nella sezione Tema del n. 2 2021 di Rps e scaricabile dagli abbonati nella versione integrale al link RPS 2/2021

 

Scarica l’articolo pubblicato su RPS

 

fonte: RPS La Rivista delle Politiche Sociali

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