La crisi climatica rischia di peggiorare i livelli già elevati di mortalità materna e neonatale nel continente africano
Perché in Africa? L’aumento delle temperature medie globali fa prevedere un incremento degli effetti sulla salute, in particolare in popolazioni che per motivi fisiologici o socioeconomici hanno minori capacità di adattarsi, e sono quindi più vulnerabili agli effetti del caldo. In Africa, le proiezioni dell’International Panel for Climate Change (2) da tempo segnalano che nel ventunesimo secolo le temperature aumenteranno più velocemente rispetto alle medie mondiali. In particolare, nell’Africa dell’Ovest le temperature medie sono previste essere tra 3 e 6 gradi maggiori della media del ventesimo secolo. Inoltre, il cambiamento di clima fungerà da amplificatore di fragilità nella salute preesistenti in Africa, come la limitata disponibilità di acqua potabile e a servizi igienici adeguati, l’insicurezza alimentare, e un minor accesso a cure sanitarie e sistemi educativi.
La crisi climatica rischia di peggiorare i livelli già elevati di mortalità materna e neonatale nel continente. Il dottor Afolabi, del Ministero della Salute in Nigeria, durante la conferenza, ha riportato che le riduzioni di mortalità nel mondo durante gli ultimi vent’anni vengono oscurati dal carico di morti materne e neonatali nei paesi a risorse limitate. “Le comunità più povere – ha riportato – spesso con abitazioni che non possano proteggerle adeguatamente dal caldo estremo e da altri eventi atmosferici e sono a rischio di inondazioni, di siccità, e di mancanza di acqua potabile. Sono pertanto più vulnerabili agli effetti del cambiamento di clima”. In Africa sub-Sahariana si verificano circa i due terzi (196 000) delle morti materne annuali nel mondo (di cui il 30% nella sola Nigeria). Il cambiamento di clima rischia di erodere le riduzioni di morti materne e neonatali raggiunte con enormi sforzi, accentuando le ineguaglianze e portare al fallimento di sforzi nazionali e globali nel ridurre le morti prevenibili.
I cambiamenti anatomici e della fisiologia durante la gravidanza modificano la termoregolazione delle donne, che diventano più suscettibili a fattori ambientali, tra cui il calore. La produzione endogena di calore aumenta con il metabolismo del feto e della placenta, oltre che con l’incremento di massa corporea e lo stress fisico. Quando la termoregolazione non riesce a mantenere l’omeostasi, vengono prodotto proteine dello shock termico (heat shock proteins), che possono provocare una cascata di reazioni metaboliche e fisiologiche con effetti negativi sul feto. Una metanalisi pubblicata recentemente sul British Medical Journal (3) che ha raggruppato dati provenienti da 47 studi diversi, ha studiato gli effetti del calore su parti prematuri, aborti e basso peso alla nascita. Matthew Chersich dell’Università del Witwatersrand, a Johannesburg in Sudafrica ha coordinato un gruppo di ricercatori interdisciplinari che fanno parte del Climate Change and Heat-Health Study Group. I ricercatori, provenienti da istituzioni da diversi continenti, hanno trovato evidenza che l’esposizione al calore era legata a un incremento di parti prematuri, di aborti e di basso peso alla nascita. Gli effetti più cospicui sono stati sui i parti prematuri, con un incremento del rischio per ogni grado di incremento della temperatura. Le più colpite sono le donne povere, e le giovanissime o le donne nelle fasce di età più alte.
Alla conferenza a lato di COP26 è stato sottolineato che il calore ha effetto sulla salute materno-neonatale attraverso diversi meccanismi. È verosimile un aumento di sepsi, emorragie e di ipertensione ed eclampsia nelle donne, oltre che di malformazioni congenite nei neonati e di disidratazione. Tra gli effetti indiretti, vi sono i cambiamenti di comportamento legati al caldo, come per esempio la riduzione di allattamento al seno esclusivo per il supplemento di liquidi al neonato, il minor uso di zanzariere, e un ridotto accesso alle strutture sanitarie per le visite prenatali. Pochi studi hanno esaminato gli effetti del calore nell’Africa sub-Sahariana, dove morti materne e neonatali sono frequenti, vi sono elevate temperature all’interno delle strutture sanitarie, i sistemi sanitari hanno scarse capacità di adattamento, e l’accesso ai servizi viene interrotto da fenomeni legati al cambiamento di clima. Questi fattori, oltre alla riposta multisettoriale necessaria per mitigare gli effetti del cambiamento di clima, sono schematizzati nella Figura 1.
Figura 1. Schema degli effetti diretti e indiretti su salute materno-neonatale e le risposte multisettoriali necessarie ad aumentare la resilienza delle donne e dei neonati (tratto da (4))
L’ effetto delle ondate di calore sulla salute di donne e i loro neonati è un problema complesso, che coinvolge tutta la società. Come tale, non può essere affrontato da una sola disciplina, ma richiede che venga coinvolti tutte le parti interessate nella ricerca di soluzioni, oltre che da esperti di discipline diverse. Durante la conferenza, è stato illustrato il progetto CHAMNHA (5), il più grande studio interventistico in Africa su calore e salute materno-neonatale. Il nome è un acronimo di Climate, Heat and Maternal and Newborn Health in Africa. Usando appunto una metodologia transdisciplinare, che coinvolge tutte le parti interessate in ogni fase della ricerca, lo studio si prefigge di comprendere meglio gli effetti delle ondate di calore su donne e i loro neonati, e allo stesso tempo identificare possibili soluzioni. Sono coinvolti tra gli altri, la London School of Hygiene and Tropical Medicine, l’Institut de Recherche en Sciences de la Santè, in Burkina Faso e l’Aga Khan University, in Kenya. Lo studio è una collaborazione di scienziati da discipline diverse basati in tre continenti e utilizza metodi quantitativi e qualitativi, metodi di valutazione e di ricerca operativa e di impatto del clima.
Gli interventi verranno progettati insieme alle parti direttamente interessate. Nel Burkina Faso il progetto si concentrerà sulle strutture sanitarie, mentre in Kenya saranno focalizzati sulle abitazioni e i parti a casa. Maggiori dettagli sono forniti dal professor Senì Kouanda, dell’Institut de Recherche en Sciences de la Santè, in Burkina Faso: “siamo interessati in modo particolare a documentare l’effetto del caldo sull’utilizzo dei servizi pre e postnatali, e come il sistema sanitario sia in grado di fornire prestazioni durante i periodi di maggior caldo, quando le interruzioni di corrente sono frequenti”.
In Kenya invece, la co-progettazione coinvolgerà le comunità, per identificare soluzioni che possano aumentare la resilienza di donne e i loro neonati allo stress dovuto alle ondate di calore. Possibili soluzioni potrebbero essere l’identificazione o lo sviluppo di spazi freschi nelle comunità che le donne in gravidanza possano usare, l’uso di agenti di comunità già esistenti per monitorare le ondate di calore e diffondere informazioni in periodi di maggior rischio a donne durante la gravidanza, dopo il parto, oltre a chi si cura dei neonati.
l’Autrice Manuela Straneo, Medici con l’Africa – Cuamm
Riferimenti bibliografici
- United Nations. COP25: Together for our planet 2021 [Available from: https://www.un.org/en/climatechange/cop26]
- IPCC. Climate Change 2014: Impacts, Adaptation, and Vulnerability. Part B: Regional Aspects. Contribution of Working Group II to the Fifth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change. Cambridge, United Kingdom and New York, NY, USA; 2014.
- Chersich MF, Pham MD, Areal A, Haghighi MM, Manyuchi A, Swift CP, et al. Associations between high temperatures in pregnancy and risk of preterm birth, low birth weight, and stillbirths: systematic review and meta-analysis. BMJ. 2020;371:m3811.
- Roos N, Kovats S, Hajat S, Filippi V, Chersich M, Luchters S, et al. Maternal and newborn health risks of climate change: A call for awareness and global action. Acta Obstet Gynecol Scand. 2021;100(4):566-70.
- London School of Hygiene and Tropical Medicine. CHAMNHA Understanding how climate change will affect maternal and neonatal health in sub-Saharan Africa London, UK2021 [Available from: https://www.lshtm.ac.uk/research/centres-projects-groups/chamnha#welcome]
fonte: saluteinternazionale.info