I buchi del sistema sanitario americano consentono alle truffe di prosperare e ai suoi autori materiali di farla franca per anni. Il caso Holmes è solo uno dei tanti.
L’ascesa e la caduta, irresistibili in egual misura, di Elizabeth Holmes sono finite ufficialmente il 3 gennaio scorso, quando una corte federale del nono circuito l’ha riconosciuta colpevole di 4 degli 11 capi di imputazione a suo carico. L’accusa è di aver raggirato gli investitori gonfiando le performance del suo prodotto di punta. Quest’ultimo in 15 anni aveva portato alla sua cavalcata imprenditoriale di 144 milioni di dollari. Lei aveva messo qualcosa di più: un nuovo apparecchio portatile per eseguire analisi del sangue con risultati pressoché immediati e un’unica goccia da prelevare dal dito. Il carisma di Holmes, che a 19 anni molla l’università di Stanford per fondare la start-up Theranos diventando la più giovane imprenditrice miliardaria made in Usa, ha fatto il resto. Purtroppo, la ventata di rivoluzione dei servizi diagnostici, poggiava su una falsa premessa. Il prodotto pregiato della casa non era né affidabile, né accurato.
È una storia molto americana quella raccontata nel numero di metà gennaio di Lancet (1, 2). Gli ingredienti sono una capitalista rampante della Silicon Valley, un dispositivo altamente tecnologico dai risultati in apparenza prodigiosi, la ricerca spasmodica da parte degli investitori di dati positivi per spingere i profitti nel breve termine, falle regolamentari e una risposta tutt’altro che irreprensibile della stessa comunità scientifica. A scoperchiare lo scandalo, restando anche qui nella tradizione, è stata un’inchiesta giornalistica: a condurla John Carreyrou sul Wall Street Journal. Le malefatte di Theranos le ha poi ricostruite compiutamente in un libro, dal titolo sufficiente ad anticipare la trama: Bad blood. Le autorità federali, invece, arrivano dopo, accompagnate da una serafica lentezza. Nel 2015, a seguito delle rivelazioni del WSJ, il Cmms, ovvero il comitato che sovrintende all’amministrazione dei programmi federali del Medicare e del Medicaid, accerta le violazioni delle norme federali. A stretto giro la FDA bolla come rischiose le mini fialette per i prelievi. Così, nel 2017, la società si trova a dover sborsare 4,6 milioni per risarcire 76 mila pazienti in Arizona, riconosciuti come vittime di pubblicità ingannevole. Soltanto l’anno successivo la SEC, la massima autorità di vigilanza sui mercati finanziari negli Usa, infligge alla società 500 mila dollari di multa per frode. Passano altri tre mesi e il governo, alla fine, procede all’incriminazione.
È il colpo di grazia alla società Unicorno, ovvero start-up miliardaria, gonfia di ricavi e appetiti degli investitori che passa da 9 miliardi di capitalizzazione a esattamente zero. La condanna di Holmes, che rischia fino a 20 anni di galera per ciascun capo di accusa, e il processo ancora in corso nei confronti del suo braccio destro Brashes Balwani, presidente di Theranos, sono utili a circoscrivere le condotte individuali criminose. In ogni caso la Holmes è stata finora riconosciuta responsabile di frode nei confronti degli investitori, ma non verso pazienti o dottori: figure quest’ultime rimaste molto sullo sfondo durante il dibattimento. Condanne e castighi, del resto, non bastano a sanare i buchi del sistema che consentono alle truffe di prosperare e ai suoi autori materiali di farla franca per anni. Le regole aprono pertugi nei quali è facile inserirsi. Si pensi, ad esempio, all’esenzione dall’obbligo per una società di divulgare i dati di ricerca sui prodotti che sviluppa, in nome della tutela del segreto industriale. Gli scienziati, da parte loro, hanno offerto un argine assai friabile. Quelli impiegati in Theranos si sono adeguati, i pochi che hanno avanzato interrogativi e perplessità sono stati trattati da scellerati e prontamente emarginati o licenziati. La difesa di Holmes ha rincarato, provando a indicare proprio nei biochimici, e nello stesso presidente Balwani, i veri responsabili del raggiro.
All’esterno, per restare al mondo scientifico, anche medici molto navigati ci sono cascati. Uno su tutti, Eric Topol. Il genetista e cardiologo di fama mondiale che pubblicò su Medicspaces, la rivista di cui è editor-in-chief, un’intervista ad Holmes, nel 2014, con tinte di encomio: “Desideravo avesse successo. Era una persona giovane, con una buona idea e qualcosa che potevamo veramente usare”, si giustifica oggi con un filo di imbarazzo. Chi può vantare di non aver mai abboccato, fra i pochissimi, è John Ioannidis epidemiologo sempre dell’università di Stanford, appassionato cantore della medicina basata sull’evidenza scientifica e col gusto per le posizioni da outsider: lo si è visto durante la pandemia. Ioannidis, insieme al suo collega Eleftherios Diamandis, è stato fra i primi a sollevare dubbi. Nel 2019 per inquadrare meglio il fenomeno, ha analizzato con un team di scienziati la consistenza delle aziende Unicorno, specializzate in attrezzature sanitarie. Il verdetto non è stato meno doloroso di quello emesso a inizio gennaio dalla giuria californiana: la partecipazione e l’influenza di queste aziende in relazione alle pubblicazioni scientifiche è irrisorio, spesso inesistente. Male per i pazienti, molto male anche per chi decide di investire e lo fa quasi alla cieca, senza dati affidabili.
Detto ciò, la fine di Theranos non è la pietra tombale sulle nuove avventure imprenditoriali nel settore dei dispositivi medici, anzi. La domanda di strumenti diagnostici all’avanguardia è enorme. Secondo Lancet metà della popolazione mondiale non ha di fatto accesso a test come le analisi del sangue. D’altro canto, se il benessere generale è l’obiettivo primario della sanità, il rendimento a breve, anche al costo di una comunicazione ingannevole, è la grande tentazione di imprese e investitori. Gli interessi e il concetto di oculatezza sono difficili da riconciliare.
Un’idea potrebbe essere quella di impegnare le aziende a rendere conto in maniera più trasparente sugli esiti delle loro ricerche, denunciando quando gli elementi forniti mancano di solidità.
L’Autrice: Claudia Cosma. Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva. Università di Firenz
- Susan Jaffe, Report “Holmes verdicts prompt questions over justice for patiens” The Lancet, Vol 399, January 2022
- Editorial “Theranos and the scientific community: at the bleeding edge” The Lancet, Vol 399, January 2022
fonte: saluteinternazionale.info