La differenza tra il bonus introdotto dalla regione Lazio e quello proposto dagli psicologi. di Massimo Cozza

Impegnare risorse pubbliche da consegnare esclusivamente e direttamente ai cittadini sotto forma di bonus da spendere in studi privati di psicologi, è un vulnus difficilmente riparabile per chi crede nel SSN. Al contrario quanto realizzato nel Lazio può essere di esempio per un “bonus psicologo” limitato e governato comunque dal servizio pubblico.

Le criticità legate alla tutela della salute mentale in Italia sussistono ormai da diverso tempo, correlate in gran parte al generale impoverimento della sanità pubblica.

Recentemente sono state evidenziate nell’ambito della Conferenza nazionale per una salute mentale di comunità del Ministero della Salute, nella mozione sulla salute mentale approvata all’unanimità dalla Camera dei Deputati, e perfino nella recentissima sentenza della Corte Costituzionale 22/2022.

La Corte, in risposta alle liste di attesa per le Rems, rileva che per la salute mentale si spende solo il 2,9% per cento del fondo sanitario a fronte dell’impegno della Conferenza delle Regioni del 5%, e ritiene urgente assicurare un complessivo potenziamento delle strutture sul territorio.
In questo quadro la pandemia ha agito da detonatore del disagio mentale in particolare per l’adolescenza, con diversi studi nazionali ed internazionali che hanno scientificamente rilevato un aumento dei disturbi almeno del 30%.

È stata quindi posta all’attenzione della politica, in primo luogo dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli psicologi, il cosiddetto bonus psicologo come prima risposta prioritaria, ed in tal senso è stato presentato uno specifico emendamento bipartisan con la richiesta di un finanziamento di 50 mln, bocciato dalla Camera.

La richiesta del bonus, sostenuta da una petizione on line che ha raccolto oltre 280mila firme, è stata comunque ripresentata nel Decreto Milleproroghe in discussione in questi giorni, e lo potrà essere in un prossimo Decreto sostegni.

Nel frattempo alcune Regioni hanno assunto autonomamente iniziative sulla questione del bonus psicologo, delle quali la più rilevante appare il progetto della Regione Lazio, che ha impegnato circa 11mln in particolare per i giovani.

Le proposte, da quella nazionale a quelle regionali, apparentemente possono sembrare simili ma in realtà seguono principi diversi.
La prima questione di fondo è l’inserimento del concetto di bonus, di norma riferito ad una merce da acquistare, per delle prestazioni che dovrebbero essere un diritto garantito dalla Costituzione.

Si tratta di una strada pericolosa che rischia nel tempo di frantumare il principio della sanità pubblica. A seguire qualcuno potrebbe proporre il bonus dentista, dermatologo, ortopedico, etc.

Impegnare risorse pubbliche da consegnare esclusivamente e direttamente ai cittadini sotto forma di bonus da spendere in studi privati di psicologi, è un vulnus difficilmente riparabile per chi crede nel SSN. Peraltro l’emendamento bocciato in Parlamento prevedeva di dare ingenti risorse (15 mln su 50) senza limiti di reddito. Con un sistema che avrebbe consentito qualche incontro iniziale gratuito, per poi poter essere continuato solo da chi avrebbe potuto economicamente permetterselo.

Fondamentale appare pertanto la centralità del servizio pubblico, dalle scuole alle Asl, non solo per garantire i diritti ma anche i percorsi. Infatti, certamente un servizio psicologico di base è di grande rilevanza per un primo approccio e per un sostegno, anche di natura psicoterapica, aiutando ad affrontare un disagio emotivo, prevenendo un suo peggioramento se lasciato senza risposte.

Ma se nel tempo il sostegno psicologico da solo non fosse sufficiente potrà essere necessario un trattamento presso servizi più specialisti, di secondo livello, dai centri di salute mentale ai serd, dai servizi per la tutela della salute mentale per l’età evolutiva ai servizi per i disturbi del comportamento alimentare.

Prevedendo anche nei servizi di secondo livello la presenza dello psicologo in una ottica di integrazione pluriprofessionale e di psicoterapia pubblica per i casi più complessi, senza unità organizzative monospecialistiche, nell’ambito di un paradigma bio-psico-sociale e di superamento del modello riduzionistico biomedico basato sull’asse ambulatorio/farmaco/ricovero. Con un ruolo fondamentale di regia che deve essere giocato dalla rete dei medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta, con linee di attività che dovrebbero essere governate dalle Asl.

Ma a fronte dell’impoverimento del servizio pubblico, invece di impegnare più risorse in un piano nazionale per la salute mentale, troppo spesso la politica si limita a interventi spot, per singole patologie, adesso anche con la promozione dei bonus sanitari, senza un progetto complessivo.

In questo quadro è apprezzabile la proposta della Regione Lazio che interviene su tre diverse linee di azione con importanti investimenti economici, mantenendo la centralità del servizio pubblico ed individuando il target nei giovani fino a 21 anni con un ISEE minore di 40mila euro.

Si rafforzano gli sportelli di ascolto scolastici, si istituisce la figura dello psicologo nelle case della comunità all’interno dei distretti delle ASL, si dà la possibilità ai MMG e ai PLS di poter accertare il bisogno di un sostegno psicologico che potrà essere effettuato attraverso “voucher di servizio” utilizzabili presso psicologi accreditati dalla Regione, che comunque non potranno effettuare ulteriori visite a pagamento per 90 giorni al completamento delle prestazioni gratuite.

Certamente si tratta sempre di un “bonus psicologo”, ma limitato e governato dal servizio pubblico, destinato solo ai giovani che rientrano nelle fasce economicamente più deboli della popolazione, e soprattutto accompagnato da maggiori investimenti per la psicologia scolastica e distrettuale delle Asl nell’ambito di un progetto articolato.

Contemporaneamente nella Regione Lazio, dopo diversi anni di blocco del turn over, si stanno assumendo centinaia di psicologi nei servizi delle ASL, dai Consultori ai Dipartimenti di Salute Mentale, ed è in corso di elaborazione un piano salute mentale regionale dopo oltre 20 anni.

Adesso il tema è all’attenzione nuovamente della politica nazionale, con l’auspicio che l’esempio della Regione Lazio possa servire a cambiare la rotta da un bonus psicologo una tantum per alcune sedute private ad un progetto più complessivo con al centro il servizio pubblico a tutela dei diritti e dei percorsi.

fonte: FSM

Massimo Cozza – direttore DSM ASL Roma
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