L’evento aveva lo scopo di sensibilizzare gli operatori sanitari coinvolti nella cura e assistenza alle donne e ai bambini che hanno subito violenza, sul tema delle conseguenze sulla salute psico-fisica.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la violenza contro le donne è uno dei principali fattori di rischio per la salute pubblica e di morte prematura per le ragazze e le donne. Le forme di violenza possono essere molteplici: fisica, sessuale, psicologica, economica, culturale e stalking e tendenzialmente vengono perpetrate in ambito domestico (Intimate Partner Violence IPV).
Durante i periodi emergenziali, epidemie comprese, la violenza domestica fa sempre registrare un aumento dei casi. È successo anche durante la pandemia da Covid-19 a causa delle misure di isolamento e distanziamento sociale che hanno esposto le donne a convivenze forzate facendo esplodere situazioni già ad alto rischio.
Lo stato di salute della donna può essere fortemente compromesso, anche lungo tutto l’arco della vita, dalle conseguenze della violenza. Tali conseguenze posso essere invalidanti (conseguenze da trauma, ustione, avvelenamento, patologie sessuali o riproduttive, problemi ginecologici, interruzione di gravidanza, infezioni sessualmente trasmesse incluso HIV) e/o con un forte impatto psicologico e ricadute sullo stato complessivo di salute (Disturbo da Stress Post-Traumatico PTSD, depressione, abuso di alcol e sostanze, comportamenti auto-lesivi o suicidari, disturbi alimentari e/o sessuali) fino a giungere al femminicidio.
Violenza domestica: rischi manifesti e latenti
Eloise Longo (Dipartimento di Neuroscienze, Istituto Superiore di Sanità, Roma) ha sottolineato come la violenza contro le donne sia un problema globale che investe tutti i Paesi del mondo. È un fenomeno trasversale, non conosce differenze culturali o legate allo stato sociale, all’appartenenza politica o religiosa. È una violazione dei diritti umani (Convenzione di Istanbul 2011) è uno dei principali fattori di rischio, di cattiva salute e di morte prematura per le donne e le ragazze (WHO, 2002).
La “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida la stessa residenza con la vittima (Art. 3 Convenzione di Istanbul, 11 maggio 2011. Ratificata in Italia con la Legge 27 giugno 2013,n. 77).
La disuguaglianza di genere è causa e conseguenza della violenza contro le donne
Nessun intervento può essere efficace senza un cambiamento della mentalità. Bisogna promuovere il cambiamento culturale e sociale nei comportamenti maschili e femminili per eradicare pregiudizi, atteggiamenti, condotte e abitudini basate su stereotipi negativi di genere. Le azioni di prevenzione sono dirette verso un ampio spettro di violenze: fisica, psicologica o sessuale, stalking, mutilazioni genitali femminili, molestie sessuali, matrimonio forzato, aborto forzato, sterilizzazione forzata.
Esistono forme di maltrattamento sottili, ma non meno dolorose di quella fisica, come la violenza psicologica fatta di continue minacce, ricatti, comportamenti abusanti, prevaricatori, molestie verbali, critiche, accuse, svalutazioni e denigrazioni che mirano a isolare la vittima, a esercitare forme di controllo e di potere con conseguenze gravi sulla salute psico-fisica (ansia, depressione, disturbo da stress post-traumatico).
Il percorso di uscita dalla violenza è lungo e difficile e spesso (nel 27% dei casi) le donne abbandonano il percorso di sostegno intrapreso nei Centri antiviolenza CAV.
- Nel 2020 15.387 donne hanno concordato con il CAV e iniziato un percorso personalizzato di uscita dalla violenza
- Nel 2020 sono 106 le donne vittime di femminicidio. Ogni giorno in Italia ci sono 89 donne vittime di reati.
- Nei casi di femminicidio solo il 15% delle donne aveva denunciato. Tra la denuncia e il momento dell’uccisione sono trascorsi in media 2 anni e mezzo.
- A livello globale, anche prima dell’inizio della pandemia COVID-19, 1 donna su 3 ha subito violenza fisica o sessuale da parte di un partner.
- La violenza contro le donne tende ad aumentare durante ogni tipo di emergenza, comprese le epidemie.
- I dati hanno mostrato un aumento delle chiamate ai numeri di emergenza nazionale per la violenza domestica in molti paesi dall’inizio della pandemia.
- Particolarmente vulnerabili sono le donne straniere, sfollate, rifugiate o che vivono in zone caratterizzate da conflitti.
Impatto della violenza sulla salute delle donne
Le donne che subiscono violenza sono più soggette a:
Incidenti, depressione e ansia, infezioni sessualmente trasmesse, incuso l’HIV, autolesionismo o suicidio, gravidanze indesiderate, uso problematico di alcol e tabacco
La pandemia ha aumentato le asimmetrie di genere, colpendo soprattutto le donne a livello:
occupazionale
retributivo (in media guadagnano il 15% in meno rispetto ai loro colleghi maschi)
carico familiare (il 76,2% dei lavori di cura ricade sulle donne);
L’Islanda è per la 12esima volta il Paese con il miglior punteggio di parità di genere al mondo, seguito da Finlandia, Norvegia, Nuova Zelanda e Svezia. L’Italia migliora ma è ancora al 62° posto su 156.
Isolamento e solitudine hanno creato dei vuoti esistenziali:
- nelle donne che hanno riportato livelli di stress e di stanchezza maggiori rispetto agli uomini a causa dell’aumentato carico di lavoro domestico e di cura dei figli, o dalla perdita di lavoro o dalla mancanza della rete di supporto.
- nel caso di violenze e maltrattamenti;
- nei giovani e nei bambini che più hanno sofferto l’allontanamento dalla scuola, il non poter giocare con i propri coetanei, non poter abbracciare i nonni:
- nelle persone anziane che si sono ritrovate isolate dalla rete di supporto sanitaria, socio-familiare e psicologica;
- nel personale sanitario già duramente provato dal peso di una sanità pubblica non sempre in buone condizioni
Questi fattori possono esacerbare conflitti/episodi di violenza e gli autori degli abusi aumentano le proprie forme di controllo e di potere sulla donna:
Stress (lavoro di cura, custodia dei figli)
Interruzione delle reti sociali e protettive (familiari e amici
Riduzione dell’accesso ai servizi
Misure di distanziamento sociale
Convivenza forzata
Molti paesi hanno attivato un numero di emergenza nazionale e laddove presente è stato registrato un forte aumento del numero di richieste di aiuto. Per quanto attiene all’Italia i dati Istat del 13 maggio parlano di un incremento di contatti al 1522 del 73%.
La pandemia ha acuito e aumentato i casi di violenze sui minori.
- Le chiamate al 1522 mostrano come il 70%delle sopravvissute ha figli, nel 30,7% si tratta di figli minori.
- I figli minori hanno assistito alla violenza nel 48% dei casi e l’hanno subita nel 10%
- Per questi le conseguenze sono pesanti e in alcuni casi sono proprio loro a reagire alla violenza chiamando il 1522.
Sono 16.140 gli accessi delle donne in PS nel triennio 2017-2019 (ISTAT 2020). Dopo la visita medica il 22,4 degli accessi ha avuto un triage mediamente critico (giallo). Lo 0,9 molto critico (rosso), dati che peggiorano tra le minorenni. Al 6% delle donne viene proposto il ricovero (il dato è decisamente più elevato per le minorenni e le donne con più di 75 anni), ma molte lo rifiutano. Gli elementi che favoriscono l’accesso in Pronto Soccorso sono: ambiente di supporto adeguato; disponibilità di linee guida /protocolli chiari; personale formato. Gli elementi che ostacolano l’accesso in Pronto Soccorso sono i processi di stigmatizzazione e/o banalizzazione dell’evento.
Il primo passo per attivare un qualsiasi intervento consiste nel riconoscere il tipo di violenza subita e le sue ripercussioni sulla vita e sul benessere psicofisico della donna e dei figli coinvolti.
Indicatori di sospetto sono: elementi incoerenti alla narrazione; atteggiamento reticente, schivo, poco disponibile a raccontare particolari dell’accaduto, difensivo e/o di chiusura rispetto alle domande dell’operatore; sintomi psichici (ansia, tristezza, pianto, rabbia, confusione, paura) non consoni rispetto all’evento raccontato.
Per porre fine alla violenza sulle donne occorre promuovere una cultura del rispetto e dell’inclusione fondata sul riconoscimento della parità di genere e di ripudio di ogni forma di discriminazione; rompere gli stereotipi di genere; integrare la dimensione di genere in tutti gli ambiti politici, a tutti i livelli e in tutte le fasi del processo decisionale; condividere un linguaggio comune; lavorare in rete.
La comunicazione dell’ISS per la prevenzione della violenza domestica
Paola De Castro (Servizio Comunicazione Scientifica, ISS) nella sua relazione ha sottolineato come anche per la violenza domestica sia necessario restituire agli stakeholder (cittadini e politici l’investimento (pubblico) della ricerca. Ha sottolineato altresì come l’Istituto Superiore di Sanità sia impegnato da anni in attività di comunicazione per la prevenzione e il contrasto alla violenza, progetti di ricerca, formazione e sorveglianza ospedaliera.
Dati allarmanti evidenziano come la violenza contro le donne sia un problema tutt’altro che superato. È necessario promuovere un cambiamento socio-culturale nei comportamenti (linguaggio) maschili e femminili per eliminare pregiudizi, atteggiamenti, condotte e abitudini basati su stereotipi negativi di genere e sull’idea dell’inferiorità della donna.
La scuola riveste un ruolo fondamentale per promuovere modelli culturali di genere, spazio privilegiato per la prevenzione e la promozione di una maggiore consapevolezza rispetto alle molteplici forme in cui si può manifestare la violenza (fisica, sessuale, psicologica, verbale, economica).
“Violenza domestica e impatto sulla salute riproduttiva”
Giulia Scaravelli (Centro Nazionale Prevenzione delle Malattie e Promozione della Salute, ISS) ha presentato nella sua relazione, tra le altre cose, i dati dell’OMS sull’impatto sulla salute delle donne della violenza da parte del partner:
morte e lesioni: il 38% dei femminicidi è causato dal partner, il 42% delle donne che hanno subito abusi fisici dal partner ha subito lesioni;
depressione: le donne abusate dal partner hanno quasi il doppio delle probabilità di soffrire di depressione rispetto alle donne che non hanno subito violenze;
abuso di alcol: le donne che subiscono abusi dal partner hanno quasi il doppio delle probabilità di sviluppare problemi con l’alcol;
malattie sessualmente trasmissibili: le donne vittime di abusi hanno una volta e mezza le probabilità di contrarre infezioni, come la sifilide, la clamidia o la gonorrea, rispetto alle non abusate;
gravidanze indesiderate e aborti: le donne che subiscono abusi fisici hanno quasi il doppio delle probabilità di avere un aborto, rispetto alle donne che non hanno subito violenze;
bambini nati sottopeso: le donne che subiscono abusi dal proprio partner hanno il 16% di probabilità in più di partorire bambini sottopeso;
inoltre: disturbi gastrointestinali cronici, sindrome da dolore cronico, disturbi del comportamento alimentare, malattie croniche (cardiovascolari, tumori, diabete), salute dei bambini che assistono alla violenza.
Il 30% delle donne che ha problemi di salute sessuale e/o riproduttiva ha subito o subisce violenza.
Stress e effetti sulla salute con attenzione al genere
Alessandra Carè (Centro di Riferimento per la Medicina di Genere ISS)
Le donne che subiscono violenza sono solitamente più soggette a soffrire di stress.
Lo stress fa parte della vita e permette di affrontare le diverse situazioni che via via si presentano. Non abbiamo modo di misurarlo in maniera oggettiva perché ognuno reagisce allo stress in maniera differente. Depressione e altri disturbi psichici (ansia, attacchi di panico, anoressia, ecc.) sono da sempre considerati una risposta patologica tipicamente femminile. Le donne hanno un carico superiore di stress fisico e mentale per motivi sia biologici sia socio-culturali. Lo stress cronico è nocivo per il corpo e per la psiche. A lungo termine, può scatenare patologie gravi: malattie cardiovascolari, aritmie cardiache, infarti, diabete, ulcere gastriche, depressioni e ansia.
Alcol come fattore di rischio per la violenza auto ed etero diretta
Silvia Ghirini (Centro Nazionale Dipendenze e Doping, ISS)
L’alcol è un fattore di rischio per ogni forma di violenza. Esiste un’associazione positiva tra consumo di alcol e violenza fisica o sessuale. L’alcol aumenta l’insorgenza e la gravità della IPV. Due terzi delle vittime di IPV riferiscono che il loro aggressore stava bevendo al momento dell’incidente. Esiste una relazione causale tra consumo di alcol e comportamenti aggressivi. Gli uomini che consumano alcol sono più aggressivi sia delle donne sia degli altri uomini che non bevono. La relazione tra consumo e violenza è bidirezionale: il consumo può presagire futuri atti di violenza che a loro volta sono fattori di rischio per il consumo problematico. I bambini che assistono alla violenza dei genitori sono più inclini a sviluppare abitudini di consumo dannose nella loro vita adulta. L’abuso fisico e sessuale sui minori, l’abuso di sostanze e la separazione dei genitori sono fattori di rischio per l’insorgenza di problemi mentali in età adulta. Studi internazionali hanno rilevato che le vittime di omicidio avevano avuto un consumo eccessivo di alcol. Un terzo dei deceduti per violenza con armi da fuoco avevano consumato alcol e oltre un quarto l’aveva consumato in quantità eccessiva prima di morire.
L’IPV è anche un fattore di rischio significativo per pensieri e comportamenti suicidari. La valutazione dell’esposizione alla violenza, sia recente sia passata, inclusi gli abusi subiti nell’infanzia, è di fondamentale importanza nella valutazione del rischio suicidario. La valutazione dell’esposizione alla violenza delle donne che hanno tentato il suicidio è particolarmente importante per la valutazione del rischio e la prevenzione di ulteriori tentativi di suicidio. Poiché la violenza subita e il comportamento suicidario hanno in comune molti fattori di rischio sarebbe importante una valutazione congiunta del rischio dei due fenomeni.