La bocciatura da parte della Camera dei deputati dell’emendamento bipartisan sul “bonus psicologo” nell’ultima Legge di Bilancio ha rappresentato un fatto rilevante dal quale ripartire per poter ottenere le giuste risposte al disagio mentale, in particolare in conseguenza della pandemia.
La norma prevedeva un primo contributo per recarsi da uno psicologo di 150 euro per le persone senza diagnosi di disturbo mentale e senza limiti di reddito, in pratica un “bonus avviamento psicologico” con un fondo di 15 milioni. Un secondo “bonus sostegno psicologico” vincolato in modo progressivo all’Isee, partendo da 400 euro fino a 1600, con un fondo di altri 35 milioni.
I due fondi, pur di entità limitata, avrebbero consentito ad un numero circoscritto di persone di potersi recare per alcune sedute direttamente da uno psicologo/psicoterapeuta privato utilizzando la modalità del voucher. E dopo?
Il “bonus psicologo” rappresenta uno strumento errato per un obiettivo giusto.
La salute psichica non si può paragonare ad una automobile o ad un televisore da acquistare. Si tratta di una strada sbagliata che porta, alla fine del percorso, alla logica del mercato.
La salute psichica, al pari della salute fisica, non è una merce ma un diritto garantito dalla nostra Costituzione. Ricorda l’OMS che non c’è salute senza salute mentale. La stessa psicoterapia già rientra nei livelli essenziali di assistenza, e il fatto che ci siano gravi criticità nella sua effettuazione da parte del servizio pubblico non giustifica lo strumento del voucher. Nell’immediato appare una soluzione vincente, ma ad una più attenta riflessione rischia di ridurre il ruolo fondamentale del servizio sanitario nazionale che rappresenta la migliore assicurazione a tutela di tutti i cittadini, anche per la salute mentale. Peraltro, dopo il “bonus psicologo”, qualcuno potrebbe pensare al bonus ortopedico, oculistico, etc.
Certamente la mancata approvazione è anche frutto dell’assenza di una vera attenzione verso la salute mentale, da troppi anni considerata un tema marginale, senza ritorno di consenso.
Investire risorse e non più solo parole per chi soffre psicologicamente sembra non essere interesse condiviso dalla maggioranza del mondo politico, più impegnato ad approvare altri bonus, anche a fronte del drammatico aumento del disagio mentale post pandemico.
Ma proprio partendo da questa bocciatura dobbiamo continuare a chiedere le necessarie risorse per la salute psichica, in modo appropriato.
Dobbiamo ripartire dalla rete territoriale delle Asl per dare risposte in termini psicologici al bisogno di salute dei cittadini, anche considerando la possibilità di proposte innovative per la psicoterapia, ma sempre nell’ambito del pubblico.
Non dobbiamo perdere l’occasione storica del PNRR per dotare la nuova rete delle case delle comunità anche della funzione di sostegno psicologico/psicoterapico, in stretto rapporto con i medici di famiglia.
Così come la possibilità di risposte alle problematiche del disagio psicologico, dovrebbe essere garantita dalle scuole, dai consultori per i minori, per le coppie e le donne, dai serd per le dipendenze, dai servizi per i disabili e per l’assistenza domiciliare, e dagli ospedali per le malattie più impattanti dal punto di vista emotivo, a partire dai tumori.
Un secondo livello più specialistico dovrebbe essere costituito dai dipartimenti di salute mentale delle Asl, compresi i servizi per i minori, oggi sempre più impoveriti di risorse, dove il modello bio medico, rappresentato dall’asse ambulatorio psichiatrico/psicofarmaco/ricovero dovrebbe essere superato dal modello bio-psico-sociale. Con la presenza diffusa dello psicologo integrato con le altre professionalità, senza servizi autonomi mono professionali in antitesi con il concetto di salute mentale comunitaria. Dove è fondamentale l’integrazione sociosanitaria ma anche la psicoterapia, che viene svolta non solo dagli psicologi ma anche dagli psichiatri e dai neuropsichiatri infantili.
Peraltro, mentre oggi queste ultime due figure professionali sono carenti, abbiamo invece la disponibilità di migliaia di psicologi psicoterapeuti che potrebbero/dovrebbero lavorare nei servizi pubblici.
La psicoterapia, oggi effettuata laddove possibile nelle Asl con professionalità da psicologi e medici formati, rappresenta un trattamento di grande rilevanza non solo nell’ambito dei cosiddetti disturbi emotivi comuni o nei disturbi del comportamento alimentare ma anche nei gravi disturbi di personalità e nelle principali psicosi, in diversi casi con una maggiore efficacia a lungo termine soprattutto per i giovani.
Senza dimenticare che periodi di sofferenza emotiva possono rientrare nella storia di ciascuna persona ed essere normali fasi della vita, da non psicologizzare o psichiatrizzare.
Più in generale è urgente un nuovo progetto nazionale con risorse adeguate che affronti il tema della salute mentale, anche alla luce dei nuovi bisogni, prevedendo l’implementazione del sostegno psicologico e soprattutto della psicoterapia pubblica. Si deve realizzare un piano straordinario di assunzioni nel SSN, garantendo le prestazioni di sostegno psicologico/psicoterapiche essenziali di base presso le neo-case delle comunità e i diversi servizi delle Asl, e specialistiche di secondo livello presso i dipartimenti di salute mentale. Laddove fosse necessario, ad integrazione, si potrebbero coinvolgere professionisti psicoterapeuti, convenzionati con le Asl a tariffe calmierate, con la regia del servizio pubblico a garanzia dell’appropriatezza dei percorsi e dei diritti.
Continuare, invece, a chiedere l’istituzione del bonus psicologo, come voucher al cittadino per potersi rivolgere direttamente al privato, è un errore per chi crede nel servizio sanitario pubblico.
Per il diritto alla salute psichica bisogna cambiare hashtag da #bonuspsicologo a #psicoterapiapubblica, unico vero obbiettivo che dovrebbe essere condiviso da tutti.
Massimo Cozza, Direttore Dipartimento di Salute Mentale ASL Roma 2
Fonte: numero 2/2022 del settimanale LEFT