Nei giorni scorsi il Presidente Mattarella ha detto che se ci fosse un referendum i vaccini vincerebbero 9 a 1. Si tratta di un’affermazione che presumibilmente fa riferimento alla percentuale di persone di età superiore a 12 anni che ad oggi ha ricevuto la somministrazione di almeno una dose di vaccino (87%), quindi dati reali contro opinioni.
I dati reali sono incontrovertibili, ma nascondono qualche aspetto che vale la pena considerare, in un contesto nel quale l’opinione pubblica risulta largamente favorevole al vaccino, soprattutto in una fase nella quale sta aumentando la preoccupazione dei cittadini per la ripresa dei contagi. Infatti, tra i vaccinati c’è una quota che si è sottoposta al vaccino pur non essendo affatto convinta, indotta da ragioni di lavoro (green pass) o altro.
E i non vaccinati non vanno considerati tutti no-vax duri e puri (o impuri), infatti sulla base delle rilevazioni demoscopiche si dividono in due categorie di quasi uguale numerosità: la prima è costituita da coloro che non escludono di vaccinarsi, ma esprimono preoccupazione per i possibili effetti avversi del vaccino e dubbi sulla sua efficacia; la seconda da coloro che escludono categoricamente di vaccinarsi (e, tra questi, una parte non può essere sottoposta per ragioni di salute). Considerare in non vaccinati un’unica realtà, stigmatizzandone indistintamente il comportamento, evitando di dare risposte a inquietudini e paure, non favorisce il loro ravvedimento.
Sulla vaccinazione dei bambini tra 5 e 11 anni le opinioni si dividono nettamente: il 44% si dichiara contrario, mentre il 42% è favorevole e il 14% non prende posizione. Anche in questo caso il muro contro muro non aiuta e rischia di determinare uno scontro che in larga misura prescinde dalle argomentazioni medico-scientifiche.
Quanto al green pass, tra i cittadini prevale il consenso ma in misura decisamente inferiore rispetto alla percentuale di vaccinati: 66% contro quasi il 90%. Un italiano su quattro (27%) si dichiara contrario, per motivi riconducibili alla limitazione delle libertà individuali (61% dei contrari si esprime così) e ai possibili danni economici per alcuni settori (32%). Non a caso, la contrarietà è più accentuata tra commercianti e artigiani e tra le categorie più in difficoltà (disoccupati e lavoratori precari).
Rispetto agli orientamenti di voto, i più ostili al provvedimento sono gli elettori di Fratelli d’Italia e della Lega. Quanto alla cosiddetta dieta mediatica, cioè le modalità con cui i cittadini si informano, il picco più elevato di contrari si registra tra coloro che si informano tramite i social media, ma questo è un aspetto che da tempo non stupisce.
fonte: INPIU.NET