Il 6 settembre di quest’anno è stato pubblicato contemporaneamente su numerose riviste di salute un editoriale sull’emergenza climatica. Nello stesso mese nell’ambito degli appuntamenti annuali del progetto to- B dedicato al ricordo di Barbara Pacelli è stato organizzato un webinar sullo stesso tema, con particolare attenzione agli effetti del cambiamento climatico sulle popolazioni svantaggiate.
Nell’articolo che segue riportiamo i punti salienti dell’editoriale “Call for emergency action to limit global temperature increases, restore biodiversity, and protect health” e una breve sintesi degli argomenti affrontati dai relatori durante il seminario “Effetti dei cambiamenti climatici sulla salute e sull’equità”
Dall’editoriale Call for emergency action to limit global temperature increases, restore biodiversity, and protect health
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel settembre 2021 ha lanciato un allarme verso tutti i paesi poiché si è di fronte ad un momento molto critico ed è necessario organizzare azioni collettive per affrontare la crisi ambientale globale. I paesi si incontreranno di nuovo al vertice sulla biodiversità a Kunming, in Cina, e alla conferenza sul clima (COP26) a Glasgow nel Regno Unito. Prima di questi incontri cruciali, noi, redattori di riviste che si occupano di salute lanciamo un appello affinché l’aumento medio di temperatura globale si mantenga al di sotto di 1,5°C per fermare la distruzione della natura e proteggere la salute.
La salute è già danneggiata dall’aumento della temperatura globale e la distruzione del mondo naturale, un problema su cui gli scienziati e i professionisti della salute hanno portato l’attenzione ormai da alcuni decenni. La scienza è inequivocabile; un aumento globale di 1,5°C al di sopra della media rispetto al periodo pre- industriale e la continua perdita di biodiversità rischiano di provocare danni catastrofici alla salute da cui è difficile tornare indietro. Nonostante la necessaria preoccupazione per covid-19, non possiamo attendere la fine della pandemia per ridurre rapidamente le emissioni.
Riflettendo la severità del momento, questo editoriale appare nelle riviste di salute di tutto il mondo. Siamo uniti nel riconoscere che solo cambiamenti fondamentali ed equi nella società invertiranno la nostra attuale situazione. I rischi per la salute di incrementi di temperatura superiori a 1,5°C sono ora ben consolidati, anche se nessun aumento di temperatura è “sicuro.”
Negli ultimi 20 anni, la mortalità correlata al calore tra le persone di età superiore ai 65 anni è aumentata di oltre il 50%. Temperature più elevate hanno portato ad un aumento della disidratazione e alla perdita di funzionalità renale, all’aumento di tumori dermatologici maligni, infezioni tropicali, problemi di salute mentale, complicazioni della gravidanza, allergie e aumento della morbilità e mortalità per patologie cardiovascolari e polmonari.
I danni colpiscono in modo sproporzionato i più vulnerabili, compresi i bambini, le popolazioni anziane, le minoranze etniche, le comunità più povere e le persone con problemi di salute preesistenti. Il riscaldamento globale, inoltre sta contribuendo al declino del potenziale di resa per le principali colture, in calo di 1,8-5,6% dal 1981. Questo declino, insieme agli effetti di condizioni meteorologiche estreme e all’impoverimento del suolo, sta ostacolando gli sforzi per ridurre la denutrizione.
Ecosistemi fiorenti sono essenziali per la salute umana, e la distruzione della natura compresi gli habitat e le specie, sta erodendo la sicurezza alimentare e aumentando la possibilità di pandemie.
Le conseguenze della crisi ambientale ricadono in modo sproporzionato su quei paesi e sulle comunità che hanno contribuito meno al verificarsi di tale problema e che dispongono di minori risorse per mitigare i danni. Nessun paese, non importa quanto ricco, può proteggersi da questi impatti.
Far sì che le conseguenze ricadano in modo sproporzionato sui più vulnerabili potrà generare conflitti, insicurezza alimentare, migrazioni e zoonosi, con gravi implicazioni per tutti i paesi e le comunità.
Un aumento della temperatura superiore a 1,5°C può condurre a punti di non ritorno nei sistemi naturali che potrebbero bloccare il mondo in uno stato fortemente instabile. Questo comprometterà in modo critico la nostra capacità di mitigare i danni e di prevenire catastrofici cambiamenti climatici.
Molti governi, istituzioni finanziarie e imprese si stanno ponendo degli obiettivi per raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2030. Il costo delle energie rinnovabili sta diminuendo rapidamente. Molti paesi mirano a proteggere almeno il 30% della terra e gli oceani entro il 2030.
Queste promesse non bastano. Gli obiettivi sono facili da pianificare ma difficile da raggiungere. Devono a essere corredati da piani credibili a breve e lungo termine per accelerare le tecnologie più pulite e trasformare la società. I piani di riduzione delle emissioni non includono in modo adeguato le considerazioni sulla salute.
Cresce la preoccupazione che l’aumento della temperatura oltre 1,5°C cominci ad essere considerato come inevitabile, o addirittura accettabile, per i potenti membri della comunità mondiale. Le attuali strategie per portare le emissioni a zero entro la metà del secolo presuppongono, in modo non plausibile, che il mondo sarà in grado di acquisire grandi capacità per rimuovere i gas serra dall’atmosfera.
Questa azione insufficiente significa che è probabile che gli aumenti di temperatura saranno ben superiori a 2°C, con esiti catastrofici per la salute e la stabilità ambientale.
I professionisti della salute sono uniti agli scienziati ambientali, alle imprese, e a molti altri nel rifiutare che questo risultato sia inevitabile. Si può e si deve fare di più ora, a Glasgow e a Kunming – e negli anni che seguiranno. Ci uniamo alla voce dei professionisti della salute in tutto il mondo che hanno già supportato le chiamate per un’azione rapida.
L’equità deve essere al centro della risposta globale. Contribuire con un’equa partecipazione allo sforzo globale significa che gli impegni di riduzione devono tenere conto del contributo cumulativo e storico di ciascuno paese rispetto alle emissioni, così come delle emissioni attuali e della capacità di risposta.
I paesi più ricchi dovranno ridurre le emissioni più rapidamente, apportando riduzioni entro il 2030 oltre a quelle attualmente proposte e il raggiungimento di zero emissioni nette prima del 2050. Simili obiettivi e azioni di emergenza sono necessari per la perdita di biodiversità e la più ampia distruzione del mondo naturale.
Per raggiungere questi obiettivi, i governi devono promuovere cambiamenti radicali nel modo in cui le nostre società ed economie sono organizzate e nel nostro modo di vivere. L’attuale strategia di incoraggiare le industrie a riconvertire le tecnologie non basta. I governi devono intervenire per sostenere la riprogettazione dei sistemi di trasporto, delle città, della produzione e la distribuzione di prodotti alimentari, i mercati per investimenti finanziari, i sistemi per la cura della salute e molto altro. È necessario un coordinamento globale per garantire che la corsa alle tecnologie più pulite non vada a scapito di un’ulteriore distruzione dell’ambiente e delle risorse umane.
Molti governi hanno affrontato la minaccia della pandemia di covid-19 con finanziamenti senza precedenti. La crisi ambientale richiede un simile risposta. Saranno necessari enormi investimenti che produrranno enormi risultati positivi per la salute e l’economia Questi includono posti di lavoro di alta qualità, riduzione dell’inquinamento atmosferico, aumento dell’attività fisica e miglioramento delle abitazioni e della dieta. Migliorare la qualità dell’aria da sola realizzerebbe benefici per la salute che compenserebbero facilmente il costo globale della riduzione delle emissioni.
Queste misure miglioreranno anche i determinanti di salute, che hanno contribuito a rendere le persone più vulnerabili alla pandemia di covid-19. Ma il cambiamento non può essere raggiunto attraverso un ritorno alla politica dannosa dell’austerità o con il persistere delle grandi disuguaglianze di ricchezza e potere all’interno e tra i paesi.
In particolare, i paesi che hanno contribuito maggiormente alla crisi ambientale devono fare di più per sostenere i paesi a basso e medio reddito per costruire società più pulite, più sane e più resilienti. I paesi ad alto reddito devono incontrarsi e andare oltre il loro impegno eccezionale a fornire $ 100 miliardi all’anno, compensando eventuali carenze nel 2020 e fornire contributi crescenti verso e oltre il 2025. I finanziamenti devono essere equamente suddivisi tra mitigazione ed adattamento, compreso il miglioramento della resilienza dei sistemi sanitari.
Il finanziamento dovrebbe essere erogato con sovvenzioni piuttosto che prestiti, costruendo capacità locali e comunità che hanno veramente potere, si dovrebbero eliminare i grandi debiti che vincolano i governi di tanti paesi a basso reddito. Finanziamenti aggiuntivi devono essere stanziati per compensare le inevitabili perdite e danni causati dalle conseguenze della crisi ambientale. Come operatori sanitari, dobbiamo fare tutto il possibile per aiutare la transizione verso un mondo sostenibile, più equo, resiliente e più sano. Inoltre agendo per ridurre i danni della crisi ambientale, dovremmo contribuire in modo proattivo alla prevenzione globale di ulteriori danni agendo sulle cause profonde della crisi.
La più grande minaccia per la salute pubblica globale è il continuo fallimento dei leader mondiali nel mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 1,5 ° Ce per ripristinare l’ambiente naturale. Devono essere apportati cambiamenti urgenti a livello di società e questo porterà a un mondo più giusto e più sano. Noi, come redattori di riviste che si occupano di salute chiediamo ai governi e ad altri leader di agire, facendo sì che il 2021 diventi l’anno in cui il mondo cambia finalmente rotta.
Atwoli L, Baqui A H, Benfield T, Bosurgi R, Godlee F, Hancocks S et al. Call for emergency action to limit global temperature increases, restore biodiversity, and protect health BMJ 2021; 374 :n1734 doi:10.1136/bmj.n1734