Una ragazza di 15 anni è morta nel bresciano a causa di un colpo accidentale partito da un fucile legalmente detenuto dal padre. Incidenti come questo accadono ogni anno, ma molti di più sono gli omicidi e i femminicidi compiuti con armi legalmente detenute. In Italia non esistono dati ufficiali su quante siano le armi nelle case, anche quelle con regolare licenza.
Un colpo accidentale partito da un fucile legalmente detenuto. È una disgrazia, un incidente quello che è avvenuto a San Felice sul Benano dove una ragazza di 15 anni è rimasta uccisa per un colpo partito da un fucile armato. Sarebbe stato il fratello 13enne a impugnare l’arma del padre che ha una licenza per uso venatorio e una decina di armi in casa.
Ogni anno sono meno di dieci i casi come questo. Molti di più gli incidenti o gli omicidi durante la caccia, una trentina, ma con punte del doppio. Gli incidenti casalinghi nascono soprattutto da mancanza di controllo e cattiva custodia delle armi. Il 57enne, padre dei ragazzi che ha la licenza, è indagato a piede libero per omicidio colposo perché il fucile era sotto la sua responsabilità.
Il problema delle armi nelle case degli italiani parte dai numeri. Non c’è un censimento completo neanche di tutte quelle legalmente detenute. Non esistono dati ufficiali del Ministero dell’Interno sul numero di armi legalmente detenute: le stime variano dagli 8 ai 10 milioni. Spiega Giorgio Beretta, analista di Opal, Osservatorio permanente sulle armi leggere: “La normativa italiana per il numero di armi detenibili è tra le più permissive in Europa, con una licenza per tiro sportivo o da caccia si possono tenere tre pistole, dodici fucili semiautomatici (tipo gli Ar-15, i più usati nelle stragi in America) e un numero illimitato di fucili da caccia. Le norme sono troppo blande e le licenze si possono ottenere con troppa facilità: non è richiesto né un esame tossicologico né una perizia psichiatrica nemmeno per gli anziani, tutto si basa su un’autocertificazione controfirmata dal medico curante e un breve esame all’Asl, simile a quello per ottenere e rinnovare la patente di guida”.
Non è prevista una forma di assicurazione per le armi che si tengono in casa, ma solo per la licenza di caccia. Non ci sono nemmeno tasse sulle armi: solo due marche da bollo di 16 euro ogni 5 anni. Secondo Beretta avere una tassazione sulla detenzione di armi permetterebbe di avere un quadro più completo della loro presenza, ma darebbe anche la possibilità di istituire un fondo per le vittime e per fare un vero censimento della presenza di armi.
“Anche solo una tassa annuale di 12-15 euro potrebbe servire sia per digitalizzare tutte le armi, molte infatti sono ancora su registri cartacei, sia, soprattutto per creare un fondo per le vittime delle armi da fuoco legalmente detenute simile al fondo per le vittime di incidenti stradali” aggiunge Beretta.
Manca anche un incrocio dei dati fra possesso di armi e omicidio in famiglia. “Oggi in Italia è maggiore il rischio di essere uccisi da un legale detentore di armi che dalla mafia o da un rapinatore. Lo dimostra la comparazione dei dati Istat con i dati del database di Opal: nel triennio 2017-19 sono stati almeno 131 gli omicidi perpetrati con armi regolarmente detenute a fronte di 91 omicidi di tipo mafioso e di 37 omicidi per furto o rapina. Nel 2020 a fronte di 93 omicidi di donne e femminicidi, 23 sono stati commessi da legali detentori di armi o con armi da loro detenute. Si tratta di un omicidio di donna su quattro”.
Con l’ultima legge, che avrebbe dovuto essere più restrittiva recependo le normative europee post Bataclan, le maglie sembrano invece essersi allargate, a parte la durata delle licenze di porto d’armi per la caccia e a uso sportivo che da sei è scesa a cinque anni. Le “armi sportive” che si possono detenere sono passate da sei a dodici, i colpi consentiti nei caricatori sono passate da 15 a 20 per le armi corte e da 5 a 10 per le armi lunghe. Non c’è nessun obbligo di avvisare i propri conviventi maggiorenni di possedere armi ed è stata estesa la categoria dei “tiratori sportivi”.