La walkability ovvero l’insieme di caratteristiche del contesto ritenute utili a favorire la mobilità a piedi è associata ad un minor rischio di fratture osteoporotiche. Questo il risultato di uno studio condotto dal Servizio di Epidemiologia dell’ASL TO3 in collaborazione con gli urbanisti dei Sistemi Territoriali per l’Innovazione (SITI).
Camminare fa bene: é una raccomandazione che fanno i medici per mantenere in salute il cuore, il cervello, le articolazioni e per attivare il metabolismo. Anche le ossa e i muscoli possono beneficiare di questo esercizio quotidiano: in questa fascia di età camminare (o pedalare) per almeno mezz’ora al giorno può ridurre del 20% il rischio di fratture osteoporotiche nelle donne di età superiore ai 65 anni (Karlsson et al, 2002).
Questo non è un risultato di poco conto se si pensa che le fratture osteoporotiche, soprattutto la temuta frattura di femore, sono, specialmente nelle donne una delle principali cause di mortalità e disabilità tra gli anziani (Varacallo et al 2014 ).
L’aumento cui stiamo assistendo, anche nei contesti urbani, della popolazione di over-60 impone il tema della creazione di ambienti favorevoli all’attenzione dei decisori e degli urbanisti, anche nell’ottica di assicurare equità nelle opportunità di compiere scelte utili a guadagnare salute. Se si riflette su cosa spinge le persone a camminare o fare attività fisica si riconoscono come principali “motori” la self-efficacy, le aspettative per la salute e il divertimento associato all’adozione di questa abitudine (Forjuoh et al, 2017; Chudyk et al, 2017) ma si può ipotizzare che la creazione di ambienti favorevoli possa essere, soprattutto per le persone svantaggiate dal punto di vista socioeconomico, un primo passo per stimolare il cambiamento. In effetti alcuni studi dimostrano che dove i contesti urbani sono disegnati in modo tale da essere fruibili a piedi, le persone effettivamente si muovono di più, soprattutto se i residenti sono anziani (Saelens et al, 2008; Thielman et al 2016; Cerin et al, 2017).
L’insieme di caratteristiche del contesto che sono ritenute utili a favorire la mobilità a piedi (disponibilità e accessibilità a servizi, negozi, aree verdi, trasporto pubblico, impianti sportivi, sicurezza urbana e stradale) è definita “walkability”.
Un recente studio condotto sulla Città di Torino dal Servizio di Epidemiologia dell’ASL TO3 in collaborazione con gli urbanisti di SITI [1] evidenzia come la walkability (misurata secondo un punteggio variabile da 0, per le aree poco camminabili, a 53 per le aree più camminabili) sia ottima nelle aree del centro cittadino e scarsa in collina e nella periferia settentrionale della città. Limitando lo studio alla popolazione di over-60 in salute (priva di condizioni cliniche associate alla caduta, es. Parkinson, demenza, uso di oppioidi o antidepressivi o antiepilettici, difficoltà visive e motorie ecc.) si evidenzia come ogni aumento di un punto nello score di walkability si associ a una protezione dell’1% nei confronti del rischio di fratture osteoporotiche, a parità di genere, età, stato civile e caratteristiche della casa (presenza o meno dell’ascensore). Contestualmente emerge che per gli uomini uno dei principali predittori del rischio di fratture osteoporotiche è il vivere da soli (per separazione, vedovanza o per la condizione di celibe), mentre per le donne l’assenza di ascensore sarebbe addirittura protettivo nei confronti di questo rischio, suggerendo il ruolo benefico, in una popolazione anziana selezionata per essere sostanzialmente sana, dell’utilizzo delle scale.
In conclusione la camminabilità dei contesti può essere uno dei fattori da prendere in considerazione nella pianificazione urbanistica in quanto associato favorevolmente a esiti di salute importanti quali le fratture osteoporotiche ma restano da esplorare i meccanismi relazionali che possono modulare questo effetto, in particolare il grado di coesione sociale e di segregazione socioeconomica, che potrebbero avere un ruolo anche più importante su questo tipo di esiti (Stroscia et al, 2017; Stroscia 2018).
Sintesi a cura di Morena Stroscia, S. C. Igiene e Sanità Pubblica, ASL Città di Torino