È stata trasmessa al Parlamento il 30 luglio 2021 la Relazione contenente i dati definitivi 2019 e preliminari 2020 sull’attuazione della L.194/78 che stabilisce norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria della gravidanza (IVG).
I dati sono stati raccolti dal Sistema di Sorveglianza Epidemiologica delle IVG, attivo in Italia dal 1980, che impegna l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il Ministero della Salute e l’Istat da una parte, le Regioni e le Province autonome dall’altra.
Interruzione di gravidanza e emergenza COVID-19
Nel 2020 anche i servizi e il personale impegnati nello svolgimento delle interruzioni volontarie di gravidanza sono stati coinvolti dall’emergenza pandemica da COVID-19. Il Ministero della Salute, fin dall’inizio della pandemia, nelle Linee guida per la rimodulazione dell’attività programmata differibile in corso di emergenza da COVID-19, ha identificato l’interruzione volontaria di gravidanza tra le prestazioni indifferibili in ambito ginecologico.
Per valutare l’impatto della pandemia da COVID-19 sull’effettuazione delle IVG, l’Istituto Superiore di Sanità ha organizzato una rilevazione ad hoc da cui è emerso che tutte le Regioni hanno reagito prontamente alla situazione e che i servizi hanno riorganizzato opportunamente i percorsi IVG (effettuazione dell’IVG solo in alcune strutture, percorso separato per le donne COVID-19 positive richiedenti IVG, etc.).
Principali evidenze anno 2019 e dati preliminari 2020
- In totale nel 2019 sono state notificate 73.207 IVG, confermando il continuo andamento in diminuzione del fenomeno (-4,1% rispetto al 2018) a partire dal 1983. Dal 2014 il numero di IVG è inferiore a 100.000 casi ed è meno di un terzo dei 234.801 casi del 1983, anno in cui si è riscontrato il valore più alto in Italia.
- Per l’anno 2020, tramite il Sistema di Sorveglianza IVG, sono stati rilevati i dati preliminari regionali del numero di IVG effettuate e sono stati stimati il tasso di abortività e il rapporto di abortività.
- Il tasso di abortività (N. IVG rispetto a 1.000 donne di età 15-49 anni residenti in Italia), l’indicatore più accurato per una corretta valutazione del ricorso all’IVG, conferma il trend in diminuzione: è risultato pari a 5,8 per 1.000 nel 2019 (con una riduzione del 2,7% rispetto al 2018) e pari a 5,5 per 1.000, valore preliminare nel 2020. Il dato italiano rimane tra i valori più bassi a livello internazionale.
- Nel 2019 il numero di IVG è diminuito in tutte le aree geografiche.
- Il ricorso all’IVG nel 2019 è diminuito in tutte le classi di età rispetto al 2018, tranne che tra i 35 e i 39 anni. In particolare questa diminuzione si è osservata tra le giovanissime, i tassi di abortività più elevati restano nelle donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni.
- Tra le minorenni, il tasso di abortività per il 2019 è risultato essere pari a 2,3 per 1.000 donne, valore inferiore a quello del 2018. Come negli anni precedenti, si conferma il minore ricorso all’aborto tra le giovani in Italia, rispetto a quanto registrato negli altri Paesi dell’Europa Occidentale.
- La percentuale di IVG effettuate da donne con precedente esperienza abortiva continua a diminuire dal 2009 ed è risultata nel 2019 pari al 25,2%. Analizzando i dati per cittadinanza nel 2019, si conferma che la percentuale di donne che ha effettuato precedenti IVG è maggiore tra le straniere (34,2%) rispetto alle italiane (21,3%). Il confronto con altri Paesi che nelle loro statistiche rilevano il dato riferito agli aborti ripetuti, mostra che tale indicatore per l’Italia rimane il più basso a livello internazionale.
- L’evoluzione della percentuale di aborti ripetuti conferma che la tendenza al ricorso all’aborto nel nostro Paese è in costante diminuzione, ormai anche tra le cittadine straniere; tale andamento è spiegabile presumibilmente con il maggiore e più efficace ricorso a metodi per la procreazione consapevole, alternativi all’aborto, secondo gli auspici della Legge 194.
- Le cittadine straniere continuano ad essere una popolazione a maggior rischio di abortire rispetto alle italiane: per tutte le classi di età le straniere hanno tassi di abortività più elevati delle italiane di 2-3 volte. Anche in tale gruppo di popolazione si osserva tuttavia una diminuzione del tasso di abortività (14,0 per 1.000 donne nel 2018, ultimo dato disponibile, 14,1 per 1.000 donne nel 2017).
- Continua ad aumentare la percentuale di interventi effettuati precocemente, quindi meno esposti a complicanze: il 53,5% degli interventi è stato effettuato entro le 8 settimane di gestazione (rispetto al 50,9% del 2018), il 29,6% a 9-10 settimane, l’11,4% a 11-12 settimane e il 5,4% dopo la dodicesima settimana.
- Anche per il 2019 risulta prevalente il ricorso al consultorio familiare per il rilascio del documento/certificazione necessari alla richiesta di IVG (44,2%), rispetto agli altri servizi (medico di fiducia: 19,9%, servizio ostetrico-ginecologico: 33,4%). Come evidenziato nell’indagine promossa dal Ministero della Salute (CCM Azioni centrali 2017) e coordinata dall’ISS, il consultorio non offre solo questo servizio ma svolge un importante ruolo nella prevenzione dell’IVG e nel supporto alle donne che decidono di interrompere la gravidanza, anche se non in maniera uniforme sul territorio.
- Il ricorso all’aborto farmacologico varia molto tra le Regioni sia per quanto riguarda il numero di interventi sia per il numero di strutture che lo offrono. Il confronto nel tempo evidenzia un incremento continuo dell’uso del mifepristone e prostaglandine e l’utilizzo esteso ormai in tutte le Regioni.
- Sono in diminuzione i tempi di attesa, pur persistendo una non trascurabile variabilità fra le Regioni, e si registra un aumento delle interruzioni entro le prime 8 settimane di gestazione, probabilmente, almeno in parte, dovuto all’aumento dell’utilizzo della tecnica farmacologica, che viene usata in epoca gestazionale precoce.
- Per quanto attiene all’obiezione di coscienza, nel 2019 il fenomeno ha riguardato il 67% dei ginecologi, il 43,5% degli anestesisti e il 37,6% del personale non medico, valori in diminuzione rispetto a quelli riportati per il 2018, con ampie variazioni regionali per tutte e tre le categorie. L’analisi dei carichi di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore non sembra evidenziare particolari criticità nei servizi di IVG, a livello regionale o di singole strutture ospedaliere.
fonte: Ministero della Salute