Referendum. Con 850 mila firme raccolte, l’Associazione Luca Coscioni dà il via alla mobilitazione finale per l’eutanasia legale. Nelle piazze, online e anche nelle carceri. Non sarebbe stato necessario, perché le 500 mila firme utili per indire un referendum sulla legalizzazione dell’eutanasia sono state già raggiunte da un pezzo, in piena estate, con la pandemia e senza una campagna mediatica che alimenti la macchina referendaria.
Ma all’Associazione Luca Coscioni e al comitato promotore non basta evidentemente aver superato le 850 mila adesioni: con 13 mila volontari su 500 tavoli informativi dispiegati in 170 città – ma il numero è in continua crescita, fanno sapere – il comitato intende mettere in piedi “il più grande evento diffuso sul fine vita realizzato in Italia”, con il duplice obiettivo di consentire di firmare a chi ancora non è riuscito a farlo e di “colmare il vuoto informativo su un tema che coinvolge tutti”.
Fino al 12 settembre i volontari informeranno “sui temi legati al fine vita, dal testamento biologico al consenso informato, cure palliative, rifiuto e interruzione delle terapie, assistenza alla morte volontaria”. Non solo nelle piazze: i Radicali italiani hanno infatti iniziato a raccogliere firme nelle carceri, cominciando da Pavia. “Faranno seguito Cremona, Perugia, Rieti, Ravenna, Prato, Cuneo, Fossano, Milano, Arezzo, Brescia, Rimini e Torino – spiega la tesoriera Giulia Crivellini – con l’obiettivo finora inedito di raccogliere le firme per il referendum sull’eutanasia legale all’interno dei luoghi più dimenticati del Paese”. Fino al 30 settembre, poi, si può sottoscrivere il referendum anche tramite firma digitale (introdotta poche settimane fa grazie ad un’iniziativa parlamentare di + Europa).
“Dal 2018, data di entrata in vigore della legge sul Testamento biologico, non vi sono state campagne informative specifiche da parte del governo per aiutare le persone a intraprendere percorsi certi e con piena assistenza – fanno notare Filomena Gallo e Marco Cappato – È incomprensibile, in quanto le Dat sono uno strumento utile anche se si è in buona salute, per avere certezza di vedere affermate le proprie scelte in materia di trattamenti sanitari e di fine vita”.
La segretaria e il tesoriere dell’associazione Coscioni ricordano poi che il nostro codice penale del 1930 prevede il reato di aiuto al suicidio, ma nel 2019 la Corte costituzionale ha stabilito – con la “sentenza Cappato” in merito al suicidio assistito di Dj Fabo in Svizzera – i requisiti “che la persona malata deve avere per poter ottenere legalmente l’aiuto a porre fino alle proprie sofferenze”. “La politica – è l’accusa – crea ostacoli all’esercizio di libertà personali nelle scelte sul fine vita anche non garantendo una corretta informazione e formazione per coloro che sono chiamati a rispettare la volontà della persona”. Ecco allora che grazie al progetto coordinato da Valeria Imbrogno, l’ex compagna di Fabiano Antoniani, l’associazione radicale ha creato un “Numero Bianco”, infoline gratuita (06 9931 3409) per “informare adeguatamente i cittadini sui propri diritti”.
fonte: Il Manifesto 8.9.2021