Droghe e salute mentale. Per un pensiero critico comune. di Susanna Ronconi

La storia delle politiche sulle droghe è, anche, storia del tentativo di sottrarle ai processi di psichiatrizzazione e al sistema dei trattamenti psichiatrici, restituendo alla realtà dei consumi di droghe, legali e illegali, la complessità che le caratterizza come fenomeno sociale e culturale, che ha ricadute anche in termini di salute individuale e pubblica, ma non può essere letto e trattato secondo il riduzionismo biomedico e l’approccio morale. In parte questa sottrazione è stata formalmente riconosciuta dalle due successive leggi, la 685 del 1975 e la 309 del 1990, anche sotto il profilo dei modelli organizzativi, che si sono resi autonomi, e tuttavia si tratta di un processo rimasto ambiguo e mai del tutto compiuto.

La tenaglia della patologizzazione da un lato e della criminalizzazione e stigmatizzazione delle persone che usano droghe dell’altro ha di fatto tenuto sempre aperta la porta a continue, ricorrenti e diverse incursioni da parte della psichiatria più istituzionalizzante.  Negli ultimi anni è in corso a livello globale un processo di ri-psichiatrizzazione delle droghe molto aggressivo, in cui gioca un ruolo decisivo il neo-bio-determinismo che legge i consumi e i problemi correlati in termini di “malattia del cervello” (brain disease), secondo una pessima (e sbagliata) interpretazione riduzionista, appunto, di quanto le neuroscienze vanno indagando. Prospettiva ancor più paradossale quando si consideri come i consumi di droghe si siano normalizzati, quanto si affermino culture, norme sociali e processi di apprendimento a sostegno di un consumo controllato, e quanto la ricerca abbia messo in evidenza che chi usa droghe abbia la capacità e le competenze, in un contesto adeguato e non ostacolante, di regolarne l’uso in maniera sostenibile.

Per rilanciare una critica ragionata a questa tendenza la Summer School 2021 di Forum Droghe e CNCA è dedicata a La salute di chi consuma droghe e la salute mentale. Saperi critici a confronto per una alternativa alla patologizzazioneQuello che si discuterà non è solo una strategia difensiva contro la tendenza restauratrice di riportare le droghe nella psichiatria (cosa per altro già in atto con l’ingresso delle dipendenze nei Dipartimenti di Psichiatria di alcune ASL e il progetto di farne modello nazionale, assai criticato in entrambi gli ambiti), e tanto meno si intende dare voce a logiche corporative.  Quello di cui si parlerà è la messa in campo di una prospettiva alternativa, critica e radicale contro i processi di patologizzazione e stigmatizzazione che insieme caratterizzano tanto l’ambito delle droghe quanto quello della salute mentale. Il citato “esproprio di soggettività” a favore di una oggettivazione incapacitante è infatti un tema che fortemente avvicina il mondo critico delle droghe alla critica che Franco Basaglia portò alla psichiatria: non solo critica alla istituzionalizzazione, al manicomio, ma più a fondo critica alla medicalizzazione e ai processi di controllo ad essa correlati. Tanto che ancora oggi uno dei temi al centro del movimento basagliano – e che più sfida e spaventa la psichiatria mainstream – è proprio quello della “restituzione della soggettività”, della critica all’arroganza della diagnosi, della contestazione del bio-determinismo, della lotta allo stigma.  Di questa contestazione, in entrambi i campi, è urgente approfondire e individuare sintonie, assonanze e alleanze. Perché in entrambi i campi ci sono alternative alla patologizzazione, ci sono esperienze, c’è ricerca, ci sono soggetti – persone protagoniste e operatori – in movimento. E perché queste alternative sono, in entrambi i campi, sotto la minaccia di un grave ritorno al passato.

fonte: FUORILUOGO

Print Friendly, PDF & Email