I vaccini salvano la vita e occorre fare in modo che tutti li ricevano ma spetta al governo decidere se renderli obbligatori. Inaccettabile scaricare sul sindacato le contraddizioni e le debolezze della politica, come è inaccettabile eludere protocolli e accordi nati per tutelare la salute di chi lavora o scaricare sulle sue spalle i costi della quarantena
Da sempre la Cgil si è battuta e lavora per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Spesso non in ampia compagnia. Quando la pandemia si è affacciata nel nostro Paese abbiamo conquistato – sì, conquistato – i protocolli anti-Covid che hanno consentito alle aziende di continuare a produrre o riaprire, senza diventare luoghi di contagio. Ricordo che fummo noi a chiedere di rivedere i Documenti di valutazione dei rischi aziendali, per inserirvi il rischio biologico e il rischio batteriologico e virale. Confindustria, insieme alle altre organizzazioni datoriali, tranne alcuni, si rifiutarono nella maniera più categorica di permettere agli Rls nei luoghi di lavoro di modificare quei documenti. Se quelle modifiche allora fossero state fatte, oggi lavoratori e lavoratrici sarebbe ancor di più al sicuro.
Quando finalmente i vaccini sono arrivati, la Cgil con la stessa forza e con la stessa convinzione ha affermato la necessità della massima diffusione nel minor tempo possibile, ovvero dell’immunizzazione, ritenendo la vaccinazione una responsabilità individuale e collettiva. Abbiamo quindi lavorato alla predisposizione del protocollo per la somministrazione dei sieri nei luoghi di lavoro, sottolineando ancora una volta l’importanza della vaccinazione. Abbiamo chiesto, questo sì, che la campagna di somministrazione nei luoghi di lavoro avvenisse all’interno di quella generale, quindi con il coordinamento del Servizio sanitario nazionale e di quelli regionali. In alcune regioni ha funzionato meglio e in altre meno, ma questa è un’altra storia. E abbiamo, era aprile di quest’anno, aggiornato i protocolli del 2020 visto l’arrivo dei sieri.
È importante ricordare questi passaggi perché la linea dell’organizzazione è sempre stata coerente con la convinzione che occorre far in modo che tutta la popolazione dai dodici anni in su si vaccini: per noi la vaccinazione era ed è un atto non soltanto sociale e sanitario, ma di responsabilità soggettiva e collettiva rispetto alla diffusione del virus nel nostro Paese. Siamo sempre più convinti di ciò abbiamo più volte chiesto di promuovere insieme, con governo e parti sociali: una grande campagna di comunicazione e informazione sul valore della vaccinazione. Il consenso informato di lavoratori e lavoratrici, di cittadine e cittadine nel ricevere il siero è indispensabile. Rispondere ai dubbi e alle preoccupazioni sarebbe compito delle istituzioni. Invece non possiamo non denunciare che tra le comunità scientifica e il governo confusione e incertezze sono state protagoniste del dibattito pubblico. Faccio un esempio per tutti: con il cambio di governo è cambiato anche il Comitato tecnico. Il nuovo sembrava rispondere più a logiche partitiche che scientifiche, ma per noi la cosa più grave è stata aver escluso da quel tavolo l’Inail, che nella fase precedente è stata determinante nel contribuire alla messa in sicurezza dei luoghi di lavoro.
Noi abbiamo le carte in regole: da un anno e mezzo che siamo impegnati per garantire sicurezza e salute nei luoghi di lavoro e lo facciamo senza sconti. La vaccinazione è fondamentale, ma non elimina la necessità dell’utilizzo della mascherina, del distanziamento, della sanificazione dei luoghi di lavoro, della disinfezione delle mani. Insomma, la vaccinazione non elimina il Protocollo che – ricordiamo – non è un patto tra le parti ma è diventato legge dello Stato.
Questa è, brevemente, la storia di quanto accaduto negli ultimi 18 mesi. Oggi, unitariamente con Cisl e Uil, abbiamo ribadito la nostra convinzione sulla necessità della diffusione del vaccino. Contemporaneamente abbiamo sottolineato che l’articolo 32 della nostra Costituzione mentre garantisce la libertà di scelta rispetto alla cura, contemporaneamente pone in capo al governo e al Parlamento la responsabilità di decidere sull’obbligo vaccinale. Spetta quindi alla politica decidere. Peraltro, si tratta di una decisione che non dovrebbe riguardare solo lavoratori e lavoratrici. Siamo un Paese che, secondo i dati del 2019, ha una popolazione di 60milioni di abitanti, 25 milioni sono cittadini e cittadine dai 16 ai 65 anni in grado di lavorare. Di questi 25 milioni, soltanto 22 milioni sono quelli che oggi hanno un’occupazione e di questi 22 milioni l’8% sono cittadini stranieri regolari. Tutti gli altri? I non lavoratori? I pensionati? O quelli che in condizione di non di regolarità e quindi non in grado di accedere ai vaccini? I senza fissa dimora o tanti poveri che oggi non sono raggiunti?
L’obiettivo vero deve esser quello di mettere in sicurezza tutta la popolazione. Se questo è il quadro generale, la questione del green pass rischia di essere fuorviante e strumentale. I vaccini salvano la vita e occorre fare in modo che tutti lo ricevano. Spetta alla politica decidere se renderli obbligatori: aver introdotto il green pass nelle mense aziendali come nota a margine di una riunione già giunta al termine, omologando le mense alla ristorazione, è quantomeno una forzatura. Così come è una forzatura la Faq comparsa sul sito di palazzo Chigi il giorno di Ferragosto.
Le mense aziendali, grazie ai protocolli sulla sicurezza, funzionano da un anno e non sono luoghi di contagio. Perché introdurre il green pass? Immagini come quelle di lavoratori e lavoratrici Ikea che mangiano all’esterno seduti per terra sono inaccettabili. In ogni caso, insieme a Cisl e Uil, abbiamo ribadito che se venisse confermata questa decisione, è necessaria la gratuità del tampone per tutti i dipendenti. Per esempio si potrebbe ipotizzare che, almeno fino al perdurare dello stato di emergenza, la questione della gratuità dei tamponi possa essere introdotta come trattamento sanitario a carico anche della sanità integrativa.
Facciamo chiarezza: noi siamo per la vaccinazione come strumento principale per combattere il virus. Se governo e Parlamento si muovono nella direzione dell’obbligatorietà vaccinale, non solo non siamo contrari, ma siamo d’accordo che questa possa essere la scelta principale da realizzare. Obbligo per tutti i cittadini e le cittadine. Peraltro a luglio è stato proprio il governo ad estendere lo stato di emergenza fino a fine anno. Non vorremmo che l’idea del green pass nei luoghi di lavoro divenisse lo strumento per evitare l’assunzione di responsabilità sull’obbligo vaccinale.
Quel che, invece, anche in questo caso non è accettabile è firmare un protocollo con il ministro dell’Istruzione e il giorno dopo ascoltare le sue dichiarazioni che travalicano quanto sottoscritto. O leggere, dentro la norma che istituisce l’obbligo per il certificato verde per il personale scolastico, che il distanziamento di un metro non sarebbe più necessario. Bel modo per eludere la questione delle “classi pollaio”. Occorre serietà.
E ancora, è inaccettabile la circolare dell’Inps che comunica che i lavoratori e le lavoratrici in quarantena obbligatoria non saranno più a carico dell’Inps: significa meno salario e meno contributi previdenziali. Abbiamo chiesto al governo un incontro urgente e il ripristino della malattia per la quarantena obbligatoria, ma anche su questo non abbiamo ricevuto risposte.
In sostanza, queste sono le nostre convinzioni e mai abbiamo prestato il fianco o schiacciato l’occhiolino a chi è portatore di posizione diverse o dubbiose sui vaccini. Siamo talmente convinti della necessità della massima diffusione dell’immunizzazione che siamo stati tra i promotori della campagna per la sospensione dei brevetti sui vaccini e sui farmaci anti-Covid, perché riteniamo sia indispensabile che i sieri arrivino a tutta la popolazione mondiale rapidissimamente: solo così riusciremo a contenere e poi sconfiggere la pandemia.
Ipotizzare una titubanza della Cgil non solo è falso e mistificatorio, ma è il sintomo del tentativo di scaricare sul sindacato contraddizioni e debolezze che albergano in altri luoghi e in altri contesti. È il governo che deve dire cosa intende fare sull’obbligo vaccinale, sulla diffusione generalizzata del green pass o sulla sua introduzione parziale. A noi il compito e la responsabilità di promuovere tra lavoratori e lavoratrici la nostra convinzione, attraverso una serrata campagna di assemblee, sulla necessità dei vaccini.
fonte: Collettiva
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