Questa pandemia sarà ricordata anche per la mancanza di decisioni rapide in direzione dell’equità e dell’inclusione. Un’inerzia globale e locale, ingiustificata e colposa, se commisurata alla gravità della situazione.
“I vaccini sono un bene comune globale. È prioritario aumentare la loro produzione, garantendone la sicurezza, e abbattere gli ostacoli che limitano le campagne vaccinali”. Parole del premier Mario Draghi nel giorno in cui “l’Unione Europea – annuncia Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione Europea, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione 2021 – è pronta a sostenere la sospensione dei brevetti vaccinali”. Parole che si allineano con quelle pronunciate meno di 24 ore fa dal presidente americano Biden, che ha ufficialmente dichiarato l’impegno del suo paese a favore di una sospensione temporanea dei brevetti, in nome dell’universalità dell’emergenza.
Questo si leggeva in un’agenzia del quotidiano La Stampa del 6 maggio scorso. Pareva che le più alte autorità politiche mondiali avessero preso coscienza dell’universalità dell’emergenza, del fatto che “la pandemia di COVID-19 non avrà fine finché non ci sarà un programma rapido di vaccinazione su scala globale per proteggere dalle forme gravi della malattia e preferibilmente puntare alla immunità di gregge”[1]. Per citare un concetto espresso in un editoriale di Lancet, condiviso da tutti: da questa pandemia nessuno si può salvare se non si salvano tutti.
Nell’articolo di Lancet non possono sfuggire due parole, soprattutto la seconda: programma “rapido”. La variabile tempo è fondamentale: quanto prolungata e massiva è la circolazione del virus, tanto maggiori saranno le probabilità di emersione di varianti che rendono l’epidemia più aggressiva, al punto da incidere sull’efficacia della vaccinazione praticata verso il ceppo originario del virus. Per questo è di fondamentale importanza arginare prima possibile la catena dei contagi sia attraverso misure di mitigazione (dall’uso delle mascherine a varie misure di lockdown) sia attraverso le vaccinazioni. Ebbene questa pandemia sarà ricordata anche per la mancanza di decisioni rapide. Un’inerzia, ingiustificata e colposa, se commisurata alla gravità della situazione.
Un’inerzia, prima di tutto a livello globale.
Le impegnative affermazioni registrate il 6 maggio sono risultate parole vuote: nessun passo è stato fatto nella direzione della sospensione dei brevetti e del trasferimento di tecnologie e know-how dal Nord al Sud: uniche, risolutive e durature soluzioni per garantire che i vaccini siano veramente un “bene comune globale”. Che si trattava di parole vuote lo si è capito ben presto quando al Global Health Summit – tenuto a Roma il 21 e 22 maggio sotto l’egida della Commissione Europea e della Presidenza Italiana del G20 – nella dichiarazione finale, pur riconoscendo che la pandemia non sarà sconfitta finchè il virus non sarà tenuto sotto controllo in tutti i paesi, non si fa alcun cenno alla sospensione dei brevetti, e si opta per la soluzione cara a Big Pharma, quella degli accordi volontari (licensing agreements) tra industrie farmaceutiche e governi. Servirebbe allora – secondo il Fondo Monetario Internazionale – un investimento di 50 miliardi di dollari da parte dei paesi ricchi per vaccinare almeno il 40% della popolazione in ogni paese entro il 2021 e il 60% entro il 2022. Ma economie che hanno speso per la pandemia 16 mila miliardi di dollari non ne trovano 50 per sostenere i paesi più poveri – dove solo l’1,1% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino – col risultato che il virus continuerà a circolare e a produrre varianti[2].
Un’inerzia anche a livello locale.
I paesi più ricchi che hanno fatto il pieno di vaccini – acquistando e prenotando quantità di dosi anche due volte superiori al fabbisogno nazionale – non sono stati in grado di evitare l’ondata epidemica della variante Delta per gravi errori di strategia, com’è avvenuto in Gran Bretagna, dove si è riaperto tutto senza aver prima raggiunto l’immunità di gregge attraverso la vaccinazione (l’80% di copertura vaccinale, a fronte dell’attuale 55% della popolazione vaccinata con due dosi), esponendo 17 milioni di persone (per lo più giovani) al rischio di contagio. Una strategia – secondo Lancet – “pericolosa e immorale”[3]. Nell’ultima settimana si è registrata una netta riduzione del numero dei casi giornalieri, Figura 1. Troppo presto – si legge nel quotidiano aggiornamento della BBC – per parlare di un’inversione di tendenza dell’epidemia. La riduzione dei casi può essere attribuita alla chiusura estiva delle scuole e alla bella stagione (sunny weather), ed è necessario avere più dati e più tempo prima di cantare vittoria. Per farlo – conclude l’articolo – dobbiamo aspettare l’autunno, quando riapriranno le scuole e le persone torneranno a riunirsi al chiuso.
La variante Delta sta alimentando in tutto il mondo la riaccensione dei casi di Covid-19. Gli USA e i paesi dell’Unione Europea si trovano in una situazione assai simile a quella inglese: i livelli di copertura vaccinale (solo una vaccinazione con due dosi è altamente protettiva contro la variante Delta) sono elevati – intorno al 50% – ma non sufficienti per bloccare la circolazione del virus, che imperversa tra le fasce non vaccinate della popolazione (Figura 2). La Spagna, con lo stesso livello di copertura vaccinale del Regno Unito (55%), ieri (28 luglio) registrava lo stesso numero di casi (27 mila) e un numero simile di decessi (73 vs 91). Negli USA le vaccinazioni, partite a razzo nei primi mesi dell’anno, hanno successivamente segnato il passo e attualmente il livello di copertura vaccinale è del 48% a livello nazionale, con enormi differenze tra i diversi Stati (Vermont, 67%; Louisiana, 37%). Nelle ultime due settimane c’è stato un incremento dei casi del + 145% (+ 169% in Louisiana), dei ricoveri + 70% e dei decessi + 10%. La situazione è così preoccupante che il Presidente Biden ha annunciato l’obbligo di vaccinazione per tutti i dipendenti federali e le compagnie hanno deciso di rimandare il “ritorno in ufficio” dai primi di settembre a metà ottobre.
Anche in Italia la variante Delta sta producendo una nuova ondata epidemica. Il monitoraggio di Gimbe rileva nella settimana 21-27 luglio 2021, rispetto alla precedente, un incremento di nuovi casi (31.963 vs 19.390) e decessi (111 vs 76). In aumento anche i casi attualmente positivi (70.310 vs 49.310), le persone in isolamento domiciliare (68.510 vs 47.951), i ricoveri con sintomi (1.611 vs 1.194) e le terapie intensive (189 vs 165). E rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni: decessi: 111 (+46,1 per cento); terapia intensiva: +24 (+14,5 per cento); ricoverati con sintomi: +417 (+34,9 per cento); isolamento domiciliare: +20.559 (+42,9 per cento); nuovi casi: 31.963 (+64,8 per cento); casi attualmente positivi: +21.000 (+42,6 per cento).
Con oltre 31 milioni di soggetti pienamente vaccinati il livello di copertura vaccinale è del 52% dell’intera popolazione. L’obiettivo è quello dell’80%, da raggiungere nelle intenzioni del Gen. Figliuolo entro la fine di settembre. Una difficilissima montagna da scalare, non solo in termini quantitativi. Nella parte di popolazione che rimane da vaccinare (tra cui oltre 2,4 milioni di soggetti over 60) si concentrano i gruppi meno informati e meno raggiungibili, i gruppi delle persone esitanti di fronte al vaccino o dichiaratamente contrarie, i gruppi dei cosiddetti “invisibili” dagli immigrati irregolari ai senzatetto.
Il governo sta dimostrando di non possedere gli strumenti, la cultura, e la volontà politica per affrontare adeguatamente questa sfida.
Gli strumenti. È incredibile che di fronte a un tema così polarizzante per l’opinione pubblica e insieme così esposto alla disinformazione il Ministero della salute non abbia organizzato un’imponente, spettacolare, capillare campagna di comunicazione e di corretta informazione attraverso tutti i possibili canali, dalla radio alla tv, da internet ai social, dalla carta stampata ai cartelloni stradali. Perché non è stata fatta è un mistero e sarebbe interessante capirne la ragione.
La cultura. Fin dall’inizio l’organizzazione delle vaccinazioni anti-covid si è distinta per il primato della logistica, che ha ovviamente la sua fondamentale importanza per l’approvvigionamento, la conservazione e la distribuzione dei vaccini. Ma la logistica col suo approccio centralistico ha occupato tutta la scena e ancora una volta il Ministero della salute è stato il grande assente, rinunciando a presidiare nella campagna vaccinale l’approccio di sanità pubblica, che significa:
- rapporto stretto con un determinato territorio, con le sue comunità e le sue scuole, anche in termini di educazione e informazione.
- Costruzione di anagrafi vaccinali e chiamata attiva della popolazione target.
- Valutazione epidemiologica del livello di copertura vaccinale locale;
- Assumere iniziative locali per riuscire a vaccinare gli “hard-to-reach”.
La volontà politica. Sono diverse centinaia di migliaia le persone “invisibili” perché fuori dagli standard amministrativi nostrani, dagli immigrati senza un permesso di soggiorno agli stranieri che hanno fatto domanda di regolarizzazione, dai minori non accompagnati agli homeless. Sarebbe indispensabile renderli visibili e vaccinarli per la loro salute e per quella della comunità. Il governo conosce il problema, ma non adotta alcun provvedimento per risolverlo. Manca la volontà politica. Va riconosciuto che alcune Regioni – Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Campania, Puglia, Sardegna e Calabria – hanno assunto l’iniziativa per consentire agli “invisibili” di accedere ai portali di prenotazione delle vaccinazioni.
Per questo motivo le principali organizzazioni che si occupano di migrazioni e salute hanno chiesto al Ministro della Salute e ai Governatori delle Regioni:
- di assicurare gli opportuni strumenti amministrativi e tecnologici (con particolare riferimento ai portali regionali), in ciascuna Regione e Provincia Autonoma, per garantire l’effettiva possibilità di poter accedere alla vaccinazione a tutte le categorie di cittadini presenti sul territorio, indipendentemente dalla posizione giuridico-amministrativa nei confronti del SSN;
- di garantire, anche attraverso le associazioni del Terzo Settore e le istituzioni locali, una campagna informativa multilingue in grado di veicolare le corrette informazioni alle diverse comunità migranti.
Bibliografia
- Wouters O. J. et al. Challenges in Ensuring Global Access to covid-19 Vaccines: Production, Affordability, Allocation, and Deployment. “The Lancet” 2021; 397, 10278: 1023-34.
- Feltri S. Dobbiamo rassegnarci a convivere col Covid. Domani, 20.07.2021.
- Gurdasani D, Drury J, Greenhalgh T, et al. Mass infection is not an option: we must do more to protect our young. Lancet 2021. Published Online July 7, 2021 https://doi.org/10.1016/ S0140-6736(21)01589-0
fonte: saluteinternazionale.info