LA COVID-19 IN IMMAGINI: Icone, infografiche, fotografie. Uno studio sulla rappresentazione grafica della scienza.

Introduzione

La pandemia di COVID-19 ha portato, forse per la prima volta nella storia della comunicazione pubblica, il mondo della scienza e della salute come argomento centrale dell’agenda pubblica e istituzionale. Non sono mai stati scritti così tanti articoli, tenute così tante conferenze stampa e trasmessi così tanti minuti di telegiornale in così poco tempo su un virus microscopico e sulla scienza dedicata a indagarlo.

La pandemia ha generato una serie di immagini-simbolo ad essa associate. Medici nascosti dietro protezioni, file su file di pazienti intubati nelle unità di terapia intensiva degli ospedali, tesi funzionari governativi che presentano il conteggio della giornata per infetti e deceduti, strade vuote in città solitamente affollate e cittadini mascherati in coda al supermercato, oltre a grafici e mappe che tracciavano l’inarrestabile progressione della malattia, scienziati chini sui banchi di laboratorio che si affrettano a produrre test affidabili o vaccini efficaci, e il virus stesso, un blob colorato coperto di minacciose punte simili a chiodi.

Come è stata rappresentata visivamente la pandemia di COVID-19 da parte dei media, del mondo politico e istituzionale e del mondo scientifico-accademico? Quali messaggi sono stati trasmessi dalle immagini? Quali aspetti della pandemia sono stati messi in risalto? Ci sono differenze di rappresentazione tra queste tre fonti di comunicazione? Quali punti di vista vengono mostrati e quali omessi? Ci sono differenze tra le immagini visive della COVID-19 e quelle delle pandemie precedenti (influenza, AIDS)?

Lo studio si è concentrato sull’analisi della situazione in Portogallo e Spagna, due paesi con un background abbastanza simile (scientifico, sociale, economico e politico) ma con esperienze abbastanza diverse con la pandemia: la prima ondata è stata molto più mite in Portogallo che in Spagna, al contrario della seconda, sebbene il tasso di mortalità è rimasto comunque più alto in Spagna.

La comunicazione scientifica si affida spesso alle immagini per trasmettere i suoi messaggi. Molti studi in letteratura hanno analizzato il ruolo delle immagini nella diffusione della conoscenza scientifica tra pari (Latour e Woolgar, 1986; Cetina, 1999) e nella comunicazione della scienza al grande pubblico. Secondo Davies e Horst (2016), “non importa quale sia il contenuto, le immagini, i grafici e le rappresentazioni visive sono una parte vitale di quasi ogni tipo di comunicazione scientifica, dalle notizie diffuse dai media alle conferenze pubbliche. Alcuni autori si sono concentrati sulle rappresentazioni visive della scienza nei media (Lewenstein, 1995; Jarman et al., 2012), mentre altri hanno messo in evidenza la necessità di un’alfabetizzazione visiva da parte dei comunicatori e del pubblico per una comunicazione scientifica efficace (Trumbo, 1999; Bucchi e Saracino, 2016). Desnoyers (2011) ha studiato, ad esempio, l’utilizzo delle immagini inserite negli articoli scientifici. Alcuni studi riguardano la rappresentazione visiva in particolari discipline (Nerlich, 2008) o su argomenti scientifici diversi (O’Neill e Smith, 2014). Anche la rappresentazione degli scienziati e della scienza veicolata dai media è stata un frequente oggetto di analisi (Cho et al., 2009).

L’uso delle immagini per la comunicazione della scienza non è neutrale. Cetina (1999) ha coniato la parola “viscourse” per descrivere l’elaborato reticolo di interconnessioni visive tra “le immagini e i loro contesti di presentazione, uso e critica” (Hentschell, 2014, p. 262). Haraway (1991) ha considerato le immagini scientifiche come sguardi oggettivanti che mirano a essere neutrali e oggettivi ma, di fatto, evidenziano alcuni punti di vista e ne oscurano altri. Per Davies e Horst (2016), le immagini mostrano una verità tra le diverse possibili, sono prodotte e interpretate in particolari contesti culturali e sono utilizzate per proporre argomenti e persuadere il pubblico.  La comunicazione visiva della scienza medica e delle questioni cliniche, ad esempio, ha le sue caratteristiche specifiche, dalle rappresentazioni del corpo umano all’imaging medico, dai manifesti di salute pubblica ai dispoitivi e strumenti medici (Jordanova, 2013).

Materiali e metodi

Allo scopo di raccogliere un campione di immagini che potesse incarnare le rappresentazioni visive più comuni della pandemia, lo studio ha raccolto immagini da tre tipologie di siti web di Spagna e Portogallo:

– Dipartimenti sanitari governativi: il Ministero della Salute in Spagna, la Direzione Generale della Salute, il Servizio Sanitario Nazionale, e una pagina web dedicata alla COVID-19 del Ministero della Salute in Portogallo;

– Enti scientifici governativi: un sito web dedicato all’interno del CSIC (Consiglio Nazionale delle Ricerche, una rete di istituti di ricerca simile al CNRS in Francia o al Max Planck in Germania) in Spagna e un sito web dedicato all’interno della Fondazione per la Scienza e la Tecnologia (agenzia di finanziamento della scienza) in Portogallo, in entrambi i casi incentrato sulle ricerche in corso sulla COVID19;

– Giornali on line: El Pais in Spagna e Público in Portogallo (i più importanti quotidiani dei due Paesi).

Lo scopo della scelta dei due paesi è stato quello di valutare se ci fossero differenze di rappresentazione tra due paesi vicini con esperienze abbastanza diverse con la pandemia. I risultati della ricerca mostrano differenze minime tra i due Paesi.

La raccolta è stata effettuata utilizzando il motore di ricerca di immagini di Google (per ricerche con una strategia simile si veda, per esempio, Christidou e Kouvatas, 2013, o Einsiedel et al., 2017) con COVID come termine di ricerca, tra il 24 novembre e il 10 dicembre 2020, identificando e codificando le immagini in base al loro tipo (disegno, foto, grafico, ecc.), contenuto (cosa viene rappresentato), messaggio (che tipo di informazione è allegata), e posizione (sezione all’interno del sito o giornale). Il contenuto è stato prima analizzato attraverso una descrizione dettagliata dell’immagine, che è stata induttivamente ordinata in tre categorie: scienza, medicina e aspetti sociali. Le immagini di ogni categoria sono state poi analizzate attraverso una codifica aperta al fine di identificare i principali temi rappresentati (Strauss e Corbin, 2008). Questo processo ha generato un campione contenente 600 immagini.

Questa procedura ha, naturalmente, molteplici limitazioni. Gli algoritmi di ricerca variano i risultati in base alla cronologia delle precedenti attività di ricerca (anche se la cronologia del browser è stata cancellata), la posizione dell’utente, la lingua preferita e la data della ricerca (le immagini più recenti vengono mostrate per prime). Anche la selezione dei siti web è limitata e si sarebbero potute esplorare altre possibilità, come le edizioni stampate dei giornali, altri materiali stampati (volantini, manifesti), social media, TV, ecc. Tuttavia, durante la pandemia di Covid 19 la ricerca di informazioni è avvenuta perlopiù attraverso il digitale per cui i siti analizzati possono rappresentare una base abbastanza solida per esaminare quali immagini di comunicazione della scienza siano state veicolate al pubblico (anche se non come le immagini siano state ricevute, comprese o interpretate dal pubblico) e in particolare come questo tema sia stato ritratto visivamente.

Risultati

Il campione contenente 600 immagini è stato classificato per tipo di sito web e per il contenuto che le immagini veicolano. Il contenuto è stato aggregato in tre tipologie principali: scienza, medicina e aspetti sociali. Le epidemie sono un oggetto di politica pubblica (Osborne, 1995). Spetta ai governi nazionali (e in parte agli organismi sovranazionali) prendere le misure per monitorarle, controllarle e debellarle. In entrambi i paesi, il governo ha creato siti web dedicati che si rivolgono soprattutto ai giornalisti e al pubblico in generale per concentrare le informazioni rilevanti e mostrare le azioni delle Istituzioni nell’affrontare il problema. Sul sito web del Ministero della Salute spagnolo (d’ora in poi sarà identificato come Policy ES), le immagini COVID-19 sono utilizzate principalmente come illustrazioni in infografiche, in particolare su due argomenti: informazioni relative alla salute (sintomi, misure di prevenzione, cosa fare in caso di infezione, trattamenti esistenti e vaccini) e misure sociali (cosa fare in caso di disoccupazione, diritti sociali, telelavoro, alloggio, ecc). L’obiettivo è principalmente pedagogico e pratico: aiutare i cittadini a adottare i comportamenti più adeguati, prevenire la diffusione della pandemia ed esercitare i loro diritti di cittadini e pazienti. La stessa infografica è resa disponibile in più lingue, non solo quelle usate nel paese (spagnolo, catalano e basco) ma anche dagli stranieri (inglese, russo e cinese). Il secondo tipo di contenuto più comune sono i grafici, usati principalmente nei report, che rappresentano il numero di casi e altri dati scientifici, come la carica virale e gli anticorpi.

Al contrario, sui siti web del governo portoghese (che d’ora in poi saranno identificati come Policy PT), il tipo di immagine più comune è la rappresentazione della sindrome respiratoria acuta grave-coronavirus-2 (SARS-COV-2) utilizzando immagini stock. Queste rappresentazioni sono utilizzate per illustrare articoli di notizie che coprono una vasta gamma di questioni senza una chiara tendenza: numero di casi, numero di focolai, cos’è la COVID-19, test di immunità, misure di confinamento, ecc. Il secondo tipo di contenuto più comune è rappresentato da rappresentazioni di persone (uomini e donne, di varie fasce d’età), per lo più sotto forma di foto o disegni, anch’essi illustranti articoli di notizie e recuperate da archivi. L’unica persona identificabile è il Ministro della salute, in un articolo di giornale sul rafforzamento del servizio sanitario nazionale. L’assenza di più foto di politici su un sito web del governo è abbastanza sorprendente. È stato trovato anche un numero significativo di infografiche, per lo più associate a raccomandazioni riguardanti l’igiene (lavaggio delle mani, preparazione del cibo e acquisti) e i comportamenti preventivi. Infine, ci sono anche immagini di oggetti di uso quotidiano, per lo più cibo, carrelli della spesa, e tavoli e sedie; e questi sono probabilmente associati con la priorità assegnata recentemente alle politiche di sana alimentazione da parte del Ministero, che sembrano aver esteso anche alle raccomandazioni per la COVID-19.

Per quanto riguarda i due siti web scientifici creati appositamente per la COVID-19, sono abbastanza simili nel contenuto nei due Paesi. Entrambi presentano principalmente informazioni sui nuovi progetti di ricerca sviluppati in Portogallo e Spagna in risposta alla crisi della COVID-19. Si rivolgono ai giornalisti, al pubblico in generale (per mostrare come la scienza nazionale abbia raccolto la sfida di combattere la pandemia), e alla stessa comunità scientifica, per pubblicizzare le opportunità di finanziamento e collaborazione. Le immagini sono per lo più illustrazioni che accompagnano le informazioni del progetto, alcune chiaramente da immagini di stock, altre direttamente attinenti a un progetto specifico. Nel caso del sito web spagnolo del CSIC (d’ora in poi sarà identificato come Scienza ES), contiene anche rapporti che riassumono i risultati delle ricerche internazionali (ogni sintesi di un articolo pubblicato è di solito accompagnata da un’immagine) e annunci di eventi (ognuno con il suo poster, foto dei relatori, e un’immagine collegata al tema di un dibattito). Il sito web della scienza portoghese (d’ora in poi sarà identificato come Science PT) ha anche inviti a presentare proposte di progetti e una sezione di notizie, sempre con immagini. Questo sito è destinato ad essere alimentato dagli stessi scienziati. Possono accedere al sito, creare un profilo con una foto e i loro interessi di ricerca, pubblicare notizie sui loro progetti e caricare serie di dati. La convalida delle informazioni viene effettuata da un comitato scientifico. Per entrambi i siti web, il tipo più frequente di contenuto di immagini è la rappresentazione della SARS-COV-2, per lo più attraverso un disegno utilizzato in un banner di una pagina web o come illustrazione che accompagna la descrizione di un progetto di ricerca. Su Science ES, il secondo tipo di contenuto più comune è costituito da oggetti per ricerca scientifica: attrezzature di laboratorio come provette e piastre di Petri, e rappresentazioni di cellule, eliche di DNA e molecole. Nella maggior parte dei casi, si tratta di immagini di repertorio (in particolare mani guantate che tengono provette non identificate). La terza immagine più frequente sono i grafici, tutti inclusi nei rapporti che riassumono i risultati e quindi recuperati da articoli scientifici pubblicati in riviste o pre-print. Su Science PT, il contenuto più comune trovato nelle immagini è costituito da persone di sesso ed età diversi, sia in fotografie che in disegni. La maggior parte delle persone nelle immagini indossano camici da laboratorio o dispositivi di protezione, e le immagini sono usate come illustrazione alla descrizione di un progetto di ricerca. In pochi casi, le persone sono mostrate in un ambiente non scientifico, come una coppia in una cucina (che illustra un progetto sulle abitudini alimentari sane al tempo della COVID-19) o due bambini che usano un dispenser di gel per le mani (che illustra un articolo di notizie sui progetti di ricerca condotti da una rete di ricerca sanitaria). In quattro casi, le persone nella foto sono identificate: il Ministro della scienza, della tecnologia e dell’istruzione superiore in visita ai laboratori di ricerca, in un caso accompagnato dal primo Ministro. Come nel caso precedente, anche gli oggetti di ricerca sono un contenuto comune delle immagini e vengono utilizzati come illustrazioni di un progetto di ricerca o di un articolo di giornale: provette, microscopi o un robot.

Infine, i siti web dei giornali, rivolti al grande pubblico, tendono a mostrare una più ampia varietà di contenuti in immagini. Mentre il sito web del giornale portoghese (che d’ora in poi sarà identificato come Giornale PT) ha creato un’intera sezione dedicata al nuovo coronavirus dove si trova la maggior parte delle immagini (78), sul sito web del giornale spagnolo (che d’ora in poi sarà identificato come Giornale ES) le foto sono utilizzate in più sezioni, ma soprattutto nelle sezioni lifestyle (15), affari (13), e società (13). Sul Giornale ES, i grafici sono il principale tipo di contenuto di immagini e, sorprendentemente, la maggior parte non sono legati ai casi COVID-19 ma piuttosto al valore delle azioni e ad altri dati economici. Il seguente tipo di contenuto più frequente nelle immagini sono le scene di strada, che illustrano articoli di notizie sugli impatti sociali della pandemia, non solo in Spagna, ma anche in Africa e in America Latina, ed evidenziano l’orientamento internazionale del giornale. Infine, le immagini delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) (computer, telefoni cellulari) sono utilizzate per accompagnare gli articoli sui nuovi servizi proposti dalle aziende tecnologiche, come Google e Twitter, sia per fornire informazioni valide che per limitare le false informazioni sulla pandemia, e sulle nuove applicazioni e giochi utilizzati per contribuire alla ricerca scientifica. Le immagini del virus (in questo caso, per lo più da fotografia microscopica) sono ancora dominanti sul Giornale PT ma quasi assenti sul Giornale ES. Il secondo tipo di immagine più frequente riguarda le persone, per lo più in formato fotografico, in articoli che parlano di gruppi a rischio, test, casi e decessi, e immunità. Ci sono solo due persone identificabili, il capo della Direzione Generale della Sanità e un famoso calciatore infettato dalla COVID-19. La mancanza di foto di politici è, ancora una volta, sorprendente, poiché sia in Portogallo che in Spagna, durante tutta la pandemia, ci sono state conferenze stampa quasi quotidiane con rappresentanti politici che sono diventati nomi e volti noti: Fernando Simon, il direttore del Centro di coordinamento per gli allarmi e le emergenze sanitarie del Ministero della Salute spagnolo e Salvador Illa, ministro della Salute del governo spagnolo; Graça Freitas, capo della Direzione generale della Salute e Marta Temido, ministro della Salute del governo portoghese. Il terzo tipo di immagine più comune rappresenta scene ospedaliere (di solito mostrando medici e pazienti) ed è usato in articoli di notizie su casi e decessi, capacità degli ospedali, immunità e epidemie negli ospedali. Con la stessa frequenza, fotografie di scene di strada, sulle restrizioni alle attività della vita quotidiana e sugli impatti della pandemia sulla popolazione anziana.

Discussione

– Visualizzare il virus

Quando emerge una nuova malattia, identificarne la causa è un passo necessario per diagnosticare i casi e trovare trattamenti efficaci. Hentschell (2014) ha descritto come le litografie colorate prima (che erano considerate troppo soggettive) e le microfotografie poi (considerate come “la vera retina dello scienziato”) del Bacillus anthracis furono strumentali per Koch per dimostrare l’esistenza di batteri come agenti causali di malattie. Come Treichler (1992, p. 75) ha postulato “un virus è un’entità costruita, una rappresentazione la cui legittimità è stabilita e legittimata attraverso tutta una serie di operazioni e rappresentazioni, tutte altamente stilizzate”. Le rappresentazioni grafiche di un virus, come i suoi schemi chimici e molecolari, sono costruzioni culturali, un modello simbolico della realtà.

I virus sono stati identificati per la prima volta nel XIX secolo, ma c’è voluta l’invenzione del microscopio elettronico negli anni ’30 per poterli visualizzare. L’AIDS ha iniziato a causare vittime alla fine degli anni ’60, ma solo nel 1983 è stato scoperto il virus dell’immunodeficienza umana (HIV). Da allora, la scienza ha accelerato al punto che la SARS-CoV-2 è stata identificata solo in un paio di settimane (12 gennaio 2020) dopo il primo cluster di casi della malattia nella provincia cinese di Wuhan (a fine dicembre 2019), e il suo sequenziamento genetico è stato pubblicato solo pochi mesi dopo (Wang et al., 2020). Le prime immagini del virus appena scoperto sono state prodotte lo stesso giorno in cui il Coronavirus Study Group dell’International Committee on Taxonomy of Virus ha nominato il virus SARS-Cov-2 e la malattia COVID-19 (11 febbraio 2020). Come è successo con l’AIDS (Treichler, 1992; Feldman, 1995), la malattia e il virus sono spesso confusi nei discorsi dei non esperti. Le prime immagini del virus furono prodotte utilizzando i microscopi elettronici a scansione e trasmissione dei Rocky Mountain Laboratories del National Institute of Allergies and Infectious Diseases (NIAID). Il virus non differiva molto da altri tipi di coronavirus, come il primo SARS-CoV (scoperto nel 2002), chiamato così per il suo aspetto a corona dovuto alle punte sulla sua superficie (NIAID, 2020). Le immagini della SARS-CoV-2 sono state messe a disposizione del pubblico gratuitamente e come tali sono tra quelle recuperate per il campione in questo articolo. Tuttavia, va detto che le fotografie reali del virus sono state trovate solo su Newspaper PT. La stragrande maggioranza delle 98 immagini del virus rintracciate nellos tudio sono disegni che smussano la sfocatura della fotografia microscopica (che di per sé è anche manipolata dalla colorazione) e mettono in evidenza l’aspetto a chiodo delle punte. I colori scelti per il virus sono vari ma spesso forti (rosso, blu e verde). In alcuni casi, le punte sono dipinte in un colore contrastante, spesso rosso, e il virus sembra galleggiare in uno sfondo dello stesso colore ma di una tonalità annacquata. Come ha sottolineato Weaving (2020), “Le immagini dei virus rivelano un mondo monocromatico di grigio. Come gli elettroni, gli atomi e i quark, i virus esistono in un regno dove il colore non ha significato”. L’uso del colore, quindi, evidenzia la natura pericolosa del virus, facendolo sembrare più minaccioso. I disegni rendono anche possibile combinare l’immagine del virus con altre immagini, aggiungendo un altro strato di significato, come un’immagine del virus con un teschio umano all’interno (un articolo sugli eventi culturali su Newspaper PT), con un’elica di DNA (illustrazione che accompagna un progetto di ricerca su Science PT), un microscopio (banner per un invito a presentare proposte su Science PT), linee di un grafico (un articolo sul numero di casi su Policy PT), o un segnale di stop (un poster su cos’è COVID-19 su Policy PT). Tra le immagini trovate su Newspaper PT e Newspaper ES c’erano foto di modelli stampati in 3D del virus, anche in colori vivaci, simili ai peluche prodotti dall’azienda Giant Microbes (Jermy, 2016), che ha anche debitamente rilasciato una versione di SARS-Cov-2 nel 2020.

– La scienza come laboratorio

Una dimensione cruciale della pandemia di COVID-19 è la scienza che la circonda, e questo è chiaro nelle immagini scelte per rappresentarla. Un problema che è stato visto per la prima volta in ospedale è stato immediatamente trasferito in laboratorio, in modo che potesse essere “risolto”. Quello che era iniziato come un caso di virologia e di scienza della salute clinica si è rapidamente trasformato in un oggetto multidisciplinare: immunologi, epidemiologi, matematici, farmacologi, esperti di salute pubblica, ingegneri meccanici, economisti, psicologi, sociologi e giuristi, sono diventati tutti attori chiave per affrontare la natura multiforme della pandemia. Al momento della scrittura del presente articolo, a meno di un anno dall’inizio della pandemia, ci sono quasi 60.000 articoli scientifici sulla COVID-19 sul Web of Knowledge e oltre 84.000 nel database PubMed. Linee di finanziamento dedicate a progetti di ricerca sulla COVID-19 sono state create, sia a livello nazionale (tra cui Portogallo e Spagna) che sovranazionale (ad esempio, l’Unione Europea), per molteplici aree scientifiche.

In contrasto con la natura ad ampio raggio della ricerca sulla Covid-19, le rappresentazioni pittoriche della pandemia si sono allineate alla vecchia abitudine di stereotipare la scienza come una sola attività da realizzare al banco del laboratorio con le provette. Lo studio rintraccia 66 rappresentazioni di scene di laboratorio o di oggetti per la ricerca (11% del campione di immagini). La stragrande maggioranza sono fotografie di laboratori con banchi e coperti di apparecchiature sofisticate, e persone che indossavano camici da laboratorio (la maggior parte con le spalle rivolte all’obiettivo, per indicare uno scienziato generico e non un professionista specifico), e di attrezzature di laboratorio (in particolare provette, capsule di Petri, pipette e microscopi), spesso raffigurate su sfondi bianchi neutri, tenute da mani con guanti, che rappresentano l’interazione uomo-non uomo che è alla base della produzione della scienza. L’attrezzatura da laboratorio, quindi, serve come metafora della scienza, insieme ad altri significanti scientifici facilmente riconoscibili: eliche di DNA, cellule, molecole, radiografie (che Henschell definisce “una delle più impressionanti culture visive mai create” (2014, p. 281); curiosamente, solo una di queste immagini rappresenta una radiografia dei polmoni, l’organo più colpito dalla malattia COVID-19, le altre sono immagini di ossa. L’unica concessione alla specificità della pandemia sta nel fatto che in alcune scene di laboratorio le persone indossano indumenti protettivi e maschere facciali. Le persone nelle scene di laboratorio sono sia uomini che donne, il che è in linea con l’equilibrio di genere della scienza in Portogallo e Spagna (quasi il 50% degli scienziati e degli ingegneri sono donne), ma non viene mostrata alcuna diversità etnica, il che rispecchia la sottorappresentazione delle minoranze nella comunità scientifica. La messa in scena delle foto di laboratorio rimanda il pubblico al ruolo di spettatore passivo, in alcuni casi (panoramica generale) osservando la scena da lontano, in altri (primi piani) sbirciando oltre la spalla di uno scienziato. Solo il sito web di Science PT ha incluso alcune di queste immagini direttamente legate a progetti di ricerca reali in corso sull’argomento e che non provengono da archivi di foto stock. Questo spiega perché c’è anche una maggiore diversità negli oggetti rappresentati, in particolare attrezzature non legate al laboratorio (un robot usato in ambienti ospedalieri, nuovi prototipi di ventilatori e stampanti 3D) e perché alcune scene di laboratorio includono figure pubbliche, come il Ministro della scienza, della tecnologia e dell’istruzione superiore.

In breve, la scelta delle immagini per illustrare la scienza intorno alla COVID-19 tende a riprodurre nozioni stereotipate della ricerca scientifica come attività centrata sul laboratorio, che a sua volta si replica nella percezione del pubblico laico e nelle rappresentazioni (Schummer e Spector, 2007; Christidou e Kouvatas, 2013; Bernard e Dudek-Rózycki, 2017). Questo segue una lunga tradizione di equiparazione della scienza medica alla ricerca di laboratorio (Warner, 1985).

– Rappresentare la malattia privata e la salute pubblica

La COVID-19 è prima di tutto una malattia e un problema di salute. Gli ospedali sono “macchine per guarire”, e le aree più evidenti e concentrate di pratiche mediche (Rose, 1995). Così, non sorprende che siano state trovate più di 50 immagini relative ad ambienti ospedalieri e dispositivi medici. La caratteristica speciale di una malattia contagiosa e grave si riflette nelle fotografie di scene ospedaliere: medici, in prossimità di pazienti in letti di terapia intensiva, circondati da macchinari e cavi. Altre foto mostrano persone che vengono testate da personale medico attraverso tamponi nasali, e altre ancora mostrano persone che si fanno misurare la temperatura con termometri a infrarossi o ambulanze parcheggiate fuori dagli edifici ospedalieri. Un tratto comune di queste foto è il pesante equipaggiamento protettivo che la maggior parte dei medici e del personale medico stanno usando: dispositivi di protezione personale (DPI), diversi strati di camici, guanti, maschere e schermi per il viso, copricapi e stivali di gomma. Queste immagini sono più comuni in altre malattie più mortali (vedi Gerlach, 2019, per il lavoro della tuta di materiale pericoloso (hazmat) come significante visivo di Ebola) o nei film sui disastri come Outbreak o Contagion che nelle immagini tradizionali degli ospedali, e rafforzano il messaggio che la COVID-19 è una nuova malattia pericolosa e sono necessari protocolli e protezioni più rigorosi. I colori dominanti in queste foto sono il bianco (letti e macchinari medici) e il blu (camici ospedalieri), evocando nozioni di pulizia, asepsi e professionalità. Nonostante il fatto che la maggior parte dei portatori del virus siano asintomatici, che la maggior parte dei casi sintomatici siano lievi e non richiedano l’ospedalizzazione, e che anche in quei casi solo una minoranza richieda cure intensive, la predominanza di queste immagini tende a generare un senso di paura e persino di panico che può anche avere lo scopo di indurre il pubblico a fare estrema attenzione ed evitare il contagio.

Alcuni oggetti sono anche usati come proxy per rappresentare la medicina. È il caso di fotografie e disegni di siringhe, fiale con sangue, flaconi di pillole e blister che simboleggiano diverse fasi dell’intervento medico: test e diagnosi, trattamento e vaccinazione. In particolare, sui siti web dei giornali, le immagini di fiale di vaccino sono diventate più frequenti dopo l’annuncio della produzione di diversi vaccini efficaci. I ventilatori sono tra i macchinari medici più comunemente rappresentati, evidenziando la dimensione tecnica della medicina (Lawrence, 1990), sia nelle scene ospedaliere sui siti web dei giornali che nell’ambito di un progetto di ricerca su Science PT. Essere attaccati a un ventilatore simboleggia il massimo rischio di COVID-19, la fase finale dell’evoluzione della malattia, dalla quale sono possibili due esiti: la morte o la morbilità a lungo termine (i pazienti ventilati sono posti in coma, a volte per settimane, dopo di che devono spesso sottoporsi a riabilitazione per reimparare a mangiare, camminare e svolgere compiti semplici). Il numero di ventilatori esistenti negli ospedali divenne un punto di preoccupazione e di contesa, in particolare durante la prima ondata della pandemia. La mancanza di attrezzature ha portato alla necessità di improvvisazione e adattamento (ad esempio, la stampa 3D di parti e la fabbricazione di macchine a basso costo-Iyengar et al., 2020).

A causa della sua natura contagiosa, la COVID-19 non è solo una malattia individuale ma anche una minaccia per la salute pubblica. Questo è particolarmente evidente nell’alto numero di grafici che abbiamo trovato tra le immagini campione. I grafici sono un punto fermo della comunicazione scientifica e in realtà hanno iniziato ad essere utilizzati nelle scienze sociali già nel XVIII secolo (Hentschell, 2014), In questo caso, grafici a barre, grafici a colonne, grafici a linee, grafici a torta, e combinazioni di essi appaiono in articoli di giornale, rapporti scientifici, o comunicati stampa. Sono per lo più utilizzati per illustrare la cronologia della pandemia e il suo conteggio in termini di test, casi e vittime; ma nel caso del Giornale ES, i grafici sono utilizzati anche per mostrare gli impatti della pandemia, sia sugli indicatori economici (prezzi, valore delle azioni, assicurazioni, commercio internazionale e investimenti) che su quelli sociali (disoccupazione, tasso di emancipazione giovanile e sondaggi di opinione). Nel caso di Science ES e Policy ES, abbiamo trovato una maggiore diversità, compresa la riproduzione di grafici da pubblicazioni scientifiche che affrontano questioni specifiche: previsioni di casi, carica virale, conteggio degli anticorpi, resistenza agli antibiotici a livello molecolare, profili genetici, dati sulla mobilità, risultati di indagini, confronti con altre malattie, ecc. I grafici a mappa sono un’altra caratteristica comune nell’illustrazione dei siti web riguardanti la COVID-19, non nel senso tradizionale delle mappe geografiche, che mostrano dati topografici, ma come grafici che posizionano i dati in un contesto geografico. Mentre i grafici mostrano spesso l’evoluzione della pandemia nel tempo, le mappe permettono di visualizzarla in termini spaziali, sempre in relazione ai casi e ai decessi, ma più spesso in termini di tassi (più comparabili) che di cifre assolute. La natura globale del problema è espressa nella presenza di mappe mondiali che spesso mostrano la distribuzione dei casi per paese o regione o i flussi attraverso i quali il virus si è diffuso dal suo punto di origine (Cina) a tutte le regioni del mondo, evidenziando i rischi di un mondo intensamente e ampiamente interconnesso. Come membri dell’Unione Europea e soggetti alla sua influenza politica e alle questioni di salute pubblica, i siti web spagnolo e portoghese includono anche mappe dell’Europa. Tuttavia, spetta ai governi nazionali prendere misure per monitorare e sedare la malattia all’interno dei propri confini. Così, i siti web governativi  contengono più spesso mappe del paese, con dati per regione o comune. Ciò è diventato più frequente nell’autunno del 2020, poiché entrambi i paesi erano passati da misure a livello nazionale (blocco totale) nella prima ondata della pandemia a misure regionali o locali nella seconda ondata della pandemia: in Spagna, alle comunità autonome è stata data maggiore responsabilità nel definire le proprie restrizioni; in Portogallo, una classificazione del rischio per comune basata sul numero di casi per 100.000 abitanti ha portato a misure specifiche in base al livello di rischio (rappresentato in una scala colorata di crescenti minacciose sfumature di rosso).

Le infografiche sono combinazioni di immagini e testi che forniscono una panoramica su un argomento. Sono sempre più utilizzate nella comunicazione della scienza e nella comunicazione della salute pubblica, perché sono accattivanti e facili da capire (Lazard e Atkinson, 2015; Polman e Gebre, 2015; Occa e Suggs, 2016; Li et al., 2018). Lo studio ha rintracciato diverse infografiche che sono state utilizzate per molti scopi diversi. Sui siti web scientifici, sono utilizzate principalmente per illustrare le fasi di un progetto di ricerca o i suoi risultati. Sui siti web politici, le infografiche sono per lo più utilizzate per fornire semplici spiegazioni di informazioni scientifiche (come si trasmette il virus, quali trattamenti esistono, e come funzioneranno i vaccini) e per rilasciare prescrizioni e raccomandazioni: come evitare di essere infettati; come riconoscere i sintomi; cosa fare in caso di infezione; come mantenere l’igiene (lavarsi le mani, preparare il cibo) e indossare una mascherina; come comportarsi in particolari ambienti (come scuole, luoghi di lavoro, negozi, trasporti pubblici, ristoranti, spiagge e piscine); come fornire supporto psicologico ad anziani, bambini e adolescenti; e come richiedere le prestazioni sociali (in caso di disoccupazione, licenziamento, telelavoro o sfratto). Di conseguenza, queste infografiche si basano principalmente su disegni (icone) di persone, parti del corpo (viso, mani), oggetti o azioni, a volte collegati da frecce per illustrare i processi. Sebbene siano sempre accompagnate da informazioni testuali (in diverse lingue nel caso della Policy ES), alcune sono pensate per essere comprese anche da un pubblico analfabeta. I discorsi sull’igiene derivano da campagne moralizzatrici, precedenti alla scoperta dei microrganismi, che attribuivano le malattie alla sporcizia (Martin, 1994; Lupton, 2012). Le campagne di igiene supportate da supporti visivi, come manifesti e cartoline, sono un argomento spesso studiato nell’analisi sociale delle epidemie, come la sifilide o l’AIDS (Cooter e Stein, 2010; Bastos, 2011; Hamilton, 2019). Questo strumento di salute pubblica esorta gli individui ad assumersi la responsabilità del proprio corpo per mantenere la salute e prevenire le malattie (Lupton, 2012). Eppure, la sociologia della salute e della malattia mostra che “non c’è una relazione diretta tra il livello di conoscenza e gli atteggiamenti di un individuo verso una malattia e il comportamento. La sola informazione è quindi insufficiente a promuovere cambiamenti significativi nel comportamento a rischio” (Pollak, 1992, p. 32). Lo stesso autore ha spiegato che i messaggi più efficaci devono contenere informazioni esplicite sulla gravità di una malattia, la suscettibilità individuale, la probabilità che il cambiamento di comportamento abbassi la probabilità di ammalarsi, e come i benefici del cambiamento di comportamento siano superiori ai costi. Sui siti web dei giornali, le infografiche sono per lo più utilizzate per trasmettere informazioni dalla ricerca scientifica in modo chiaro e comprensibile. Di particolare rilievo sono le due infografiche animate pubblicate da Newspaper ES su “Un’analisi di tre focolai di Covid-19: come sono accaduti e come possono essere evitati” (18.06.2020) e su “La trasmissione per aerosol del Covid-19-Una stanza, un bar e un’aula: come il coronavirus si diffonde attraverso l’aria” (29.10220), che sono state ampiamente condivise e commentate. Quest’ultimo è stato letto da oltre 12 milioni di persone e ripubblicato in inglese, francese e portoghese. Questa infografica è stata preparata da un team dedicato del giornale, responsabile delle “Narrazioni visive” e ispirata da un articolo scritto da un ricercatore nello stesso giornale alcuni mesi fa (Equipo de Comunicación, 2020).

Aspetti sociali di una pandemia

La pandemia di COVID-19 è lontana dall’essere solo una questione scientifica o medica. Come in ogni pandemia, le condizioni sociali che trasformano una malattia individuale in un problema di salute pubblica (trasmissione) e gli impatti sociali di una malattia il cui controllo richiede restrizioni alla vita quotidiana sono le altre dimensioni che si esprimono anche attraverso mezzi visivi. Fotografie di strade vuote, negozi chiusi, persone che indossano maschere chirurgiche in una metropolitana, in un mercato di strada, o in un’aula scolastica (una vista regolare anche nelle fotografie della pandemia di influenza del 1918), e di persone sedute dietro divisori di plastica nei bar sono una caratteristica comune sui siti web dei due giornali, e sono utilizzati per illustrare articoli di notizie sulle misure del governo e le statistiche sul numero di casi e morti. Al contrario, si possono trovare anche foto dal contenuto diametralmente opposto: grandi raduni di persone senza maschere in parchi pubblici o in manifestazioni di strada. Queste foto accompagnano articoli di notizie su paesi che hanno evitato le chiusure o dove hanno avuto luogo manifestazioni contro misure politiche restrittive. Su Newspaper ES, è curioso notare la diversità geografica di queste foto, che mostrano scene non solo in Europa ma anche in Africa e Asia, un simbolo della natura globale della pandemia (e anche della portata internazionale del giornale). Su Science ES, le foto di scene di strada sono usate per esemplificare progetti di ricerca di natura sociologica e un dibattito online tra scienziati sugli impatti sociali della pandemia. Immagini di persone comuni (non identificabili come scienziati o personale medico), sia fotografie che disegni, sono per lo più utilizzate per illustrare gli impatti sociali della pandemia e i gruppi a rischio (in particolare gli anziani e le donne incinte). Essi tendono a mostrare la diversità di genere e di età, ma non la diversità etnica. Nonostante le considerevoli comunità di origine non europea in entrambi i paesi, esse sono per lo più sottorappresentate o invisibili, cancellate dallo spazio pubblico e “dalle rappresentazioni del paese” (Carvalheiro, 2006, p. 87; vedi anche Ferin et al., 2008; Marcos Ramos et al., 2020). Gli impatti sociali più spesso illustrati da queste immagini sono la crescita del tasso di disoccupazione, la diminuzione del turismo (particolarmente preoccupante in due paesi le cui economie dipendono fortemente da questo settore), le restrizioni al consumo (negozi non essenziali, ristoranti e attività per il tempo libero costretti a chiudere), e gli impatti sull’istruzione (chiusure di scuole che influenzano i risultati di apprendimento). Gli oggetti quotidiani, come i cibi, gli utensili da cucina, i carrelli della spesa e i flaconi dei detersivi, sono di solito mostrati isolati (valore iconico) e sono usati per rappresentare i progetti di ricerca sui siti web scientifici e le raccomandazioni di prevenzione sui siti web politici, che rimangono particolarmente focalizzati sull’igiene (lavare le mani, disinfettare le superfici e decontaminare il cibo) piuttosto che sulla protezione contro la trasmissione di aerosol. Gli oggetti ICT sono qui in una classe a parte. Foto o disegni di telefoni cellulari e computer, di per sé o nell’atto di essere usati da attori umani, sono presenti in tutti i tipi di siti web. Mostrano come le tecnologie digitali giocano un ruolo senza precedenti in questa pandemia. Sono mostrate in immagini che rappresentano app per rintracciare i contagi, il diffuso passaggio al telelavoro, le fake news che circolano nei social media e gli sforzi per arginarle, la crescita dello shopping online, il supporto psicologico telefonico, o i tracker globali COVID-19 forniti da diverse istituzioni scientifiche (OMS, Johns Hopkins University) e mediatiche (BBC, CNN). Essi illustrano come gli oggetti ICT sono diventati strumenti fondamentali per raccogliere e condividere informazioni sulla malattia, fare ricerca scientifica, fornire servizi ai consumatori, e consentire molte attività giornaliere seppur a distanza. Sono rappresentati inoltre come simbolo delle ricadute negative del loro utilizzo: il diffondersi della disinformazione e della misinformazione sui temi scientifici e delle fake news.

Osservazioni finali

Le pandemie sono questioni sociali, sanitarie, scientifiche, mediche e politiche, e la loro natura diversa si riflette nel modo in cui sono comunicate visivamente con diversi media. L’analisi del contenuto visivo dei tre tipi di siti web di Portogallo e Spagna ha permesso di esplorare le molteplici forme di rappresentazione di una pandemia. Le differenze tra i due paesi sono lievi, con alcune eccezioni, come la predominanza di immagini del virus sui siti web portoghesi, di grafici economici sul sito web del giornale spagnolo, o poche più immagini di politici sui siti web portoghesi.

Come nelle pandemie precedenti, la rappresentazione visiva del virus, con le sue caratteristiche distintive dell’epidemia, disponibile in una fase molto precoce, è diventata il simbolo grafico più facile per identificare tutti i contenuti dei siti web relativi alla pandemia. Disegni stilizzati o fotografie sfocate al microscopio elettronico segnalano che ciò che il pubblico sta per leggere riguarda il COVID-19 come malattia, argomento di ricerca, oggetto di intervento politico o causa di impatto sociale.

La dimensione scientifica della pandemia è ancora molto rappresentata da persone in camice bianco e occhiali, banchi di laboratorio o microscopi, ed eliche di DNA. Nonostante il loro strenuo lavoro epidemiologi, matematici, biostatistici, ingegneri, economisti e sociologi, non hanno ancora i loro simboli e identità grafiche. Tuttavia, i dati che producono appaiono, sotto forma di grafici, mappe e altre illustrazioni di risultati scientifici.

Il lato clinico della COVID-19 è presente in immagini spesso angoscianti di unità di terapia intensiva, medici in tute hazmat, e pazienti incoscienti attaccati ai sistema di ventilazione artificiale. Un ulteriore motivo di panico è l’impatto visivo delle statistiche di curve sempre più grandi e macchie sempre più grandi sulle mappe. Alcune rappresentazioni grafiche sono esplicitamente intese a indurre un cambiamento nel comportamento attraverso illustrazioni prescrittive di misure di protezione in diversi contesti o, se ciò fallisce, di cosa fare in caso di contagio.

Gli aspetti sociali della pandemia sono per lo più rappresentati da immagini impressionanti degli impatti delle misure di lockdown (strade inquietantemente vuote, serrande chiuse nei negozi, e pendolari con maschere chirurgiche), e delle misure di prevenzione particolarmente focalizzate sull’igiene (lavarsi le mani e disinfettare i carrelli della spesa) e sull’alimentazione sana. È sorprendente quanto centrali siano diventate le tecnologie digitali e quanto spesso siano presenti nelle illustrazioni della pandemia.

Quindi, cosa c’è di nuovo nella rappresentazione visiva della pandemia COVID-19? Non tutto, dato che ci sono molti richiami a pandemie precedenti (AIDS, l’influenza del 1918, persino Ebola) e a modi stereotipati di mostrare la scienza. È senza precedenti la rapidità con cui la scienza è stata in grado di produrre fotografie di un nuovo virus invisibile a occhio nudo, la diffusione delle rappresentazioni grafiche dei dati relativi alla diffusione della pandemia, e l’eccezionalità delle immagini di città un tempo animate e ora vuote. Invisibili come il virus sono i modi in cui viene trasmesso. Le infografiche tentano di rendere visibile questa invisibilità, fornendo consigli utili ai cittadini preoccupati.

C’è più di un modo di rappresentare visivamente una pandemia. Ovviamente il presente studio non li ha potuti esplorati tutti, ma ha fornito una fotografia abbastanza variegata di come la scienza e la salute pubblica possono essere comunicate attraverso le immagini.

fonte: DORS a cura di E. Tosco – Traduzione, sintesi e adattamento dell’articolo: Delicado A., Rowland J., Visual Representations of Science in a Pandemic: COVID-19 in Images, Frontiers in communication, 2021

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