La prossimità del camper ai territori di vita delle persone ha giocato un ruolo fondamentale nel favorire l’accesso alla vaccinazione e ha rappresentato un’occasione di dialogo con i cittadini. L’esperienza di Bologna.
La campagna vaccinale antiCovid-19, avviata il 27 dicembre 2020, si è sviluppata sulla base del Piano strategico ministeriale approvato il 2 gennaio 2021 e si è ispirata a valori e principi di equità, reciprocità, legittimità, protezione, promozione della salute e del benessere. La strategia vaccinale si è basata sulla definizione di gruppi prioritari dando la precedenza agli operatori sanitari e socio-sanitari, ai soggetti più anziani o con patologia che definiscono la vulnerabilità o fragilità. La campagna vaccinale di massa è stata fortemente condizionata nel suo sviluppo, andamento e pianificazione dai tempi e dalle quantità delle forniture dei vaccini autorizzati e disponibili. Tuttavia, il successo di una campagna vaccinale di massa, oltre a basarsi sull’efficienza ed efficacia logistica e organizzativa, si fonda sull’adesione alla vaccinazione da parte della popolazione al fine di raggiungere un tasso di copertura adeguato. La velocità con la quale sono stati sviluppati i vaccini antiCovid rappresenta un grande risultato per la scienza, ma è un elemento in grado di generare ansia, timori e scetticismo nella popolazione riguardo al tema della sicurezza[1] alimentando il fenomeno della cosiddetta vaccine hesitancy.
Quest’ultima è stata definita dalla World Health Organization come il ritardo nell’adesione o il rifiuto di vaccini sicuri nonostante la disponibilità di servizi di vaccinazione[2]. Essa è un fenomeno complesso e contesto-specifico che varia nel tempo e dipende dal luogo e dalla tipologia di vaccino ed è influenzata da fattori demografici, socioeconomici e storico-culturali[3]. La vaccine hesitancy è anche correlata a informazioni distorte, disinformazione, pettegolezzi e teorie del complotto, diffuse in particolare attraverso i social media[4,5]. Inoltre, le disuguaglianze socioeconomiche e sanitarie, bassi livelli di istruzione, uno scarso accesso a informazioni accurate, la mancanza di messaggi di salute pubblica efficaci o campagne mirate fino alla presenza di barriere all’accesso sono aspetti che concorrono ad alimentare la scarsa fiducia nei vaccini e una bassa adesione [2,6-8].
Affrontare la vaccine hesitancy è una sfida in quanto non esiste un singolo intervento in grado di fronteggiarla pienamente, in particolare nel contesto della pandemia da Covid-19 dove le evidenze relative alle strategie più efficaci sono limitate[9]. Certamente, una strategia chiave per costruire o consolidare la fiducia nei vaccini è ascoltare le preoccupazioni delle persone, rispettando le diverse posizioni religiose o culturali, offrire comunicazioni su misura da fonti affidabili come i rappresentanti della comunità, operatori sanitari e autorità locali, migliorare l’accesso ai vaccini e puntare sulla formazione e istruzione di coloro che operano in attività di coinvolgimento a livello locale[9,11,18].
La vaccine hesitancy sarà la vera sfida per la campagna vaccinale in Italia che è a un punto di svolta: al 3 giugno 2021 si contano 36.392.761 somministrazioni in Italia con il 23,5% della popolazione over 12 che ha completato il ciclo vaccinale e su indicazione del Commissario straordinario dal 3 giugno sono scomparse le categorie vaccinali e ciascuna Regione svilupperà un piano di accesso per tutta la popolazione senza limiti di età. In questa fase potrebbe essere critica l’adesione delle fasce più giovani facendo emergere l’esigenza di rendere sempre più strutturali delle iniziative di promozione della vaccinazione.
L’Azienda USL di Bologna ha cominciato a muoversi in questa direzione sperimentando la vaccinazione con unità mobile, un camper attrezzato, in due quartieri della città nei quali è stata dimostrata una più bassa adesione della popolazione con età superiore a 70 anni. L’Azienda USL di Bologna è una delle più grandi in Italia con una popolazione residente all’1/1/2021 di 885.164 soggetti e la campagna vaccinale è stata sviluppata puntando su una distribuzione capillare dei punti vaccinali nei Distretti sanitari per favorire l’accessibilità alle fasce di popolazione più anziane arrivando all’attivazione di 53 sedi vaccinali su tutto il territorio aziendale. Al 3 giugno sono state somministrate nel territorio di competenza Azienda USL 571.640 dosi che rappresentano il 20,7% di quelle somministrate nella regione Emilia-Romagna, in linea con la relativa popolazione residente. In Azienda USL il 25,3% della popolazione over 12 ha completato il ciclo vaccinale. L’adesione della fascia di popolazione con età superiore a 70 anni si attesta all’88% e supera il 90% per gli 80-84enni. Pur essendo dati complessivamente positivi, un’analisi svolta dal Dipartimento di Sanità Pubblica riguardo all’adesione alla vaccinazione in relazione allo stato socio-economico ha messo in evidenza alcune differenze di accesso alla vaccinazione. Lo stato socio-economico è stato valutato attraverso l’indice di deprivazione, attribuito in base alla residenza per tutti i soggetti presenti in anagrafe sanitaria all’1 gennaio 2021. Esso è un indicatore sintetico di stato socio-economico che viene calcolato per ogni sezione di censimento Italiana dai dati del Censimento 2011, considerando 5 variabili (Percentuale di popolazione con istruzione pari o inferiore alla licenza elementare; Percentuale di popolazione attiva disoccupata o in cerca di prima occupazione; Percentuale di abitazioni occupate in affitto; Densità abitativa; Percentuale di famiglie mono-genitoriali con figli dipendenti conviventi). Osservando i tassi specifici per età è stato evidenziato che le classi di popolazione più deprivate mostrano rapporti tra vaccinati e residenti più bassi rispetto a categorie meno deprivate. Nella classe di età 85+ anni la categoria “molto deprivato” ha circa 76 vaccinati ogni 100 residenti contro gli 84 su 100 degli appartenenti alla categoria “molto ricco”. Un’altra valutazione relativa ai tassi standardizzati di vaccinati per classi d’età nei quartieri della città di Bologna ha messo in luce alcune aree della città con tassi di persone vaccinate significativamente più bassi rispetto alla media cittadina.
Sulla base di questi dati sono state organizzate due giornate di vaccinazione in camper, il 26 e il 27 maggio, a Borgo Panigale e nel quartiere Savena della città di Bologna. Questo tipo di iniziativa con unità mobile era già stata sperimentata in molti Paesi del mondo come gli Stati Uniti[12] ed è stata indicata e declinata nel Decalogo per il Piano Vaccinale Anti-Covid 19 a cura della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica[13] come utile strategia per raggiungere target e comunità marginali.
Nella prima giornata il team vaccinale composto da un medico, due infermieri, un amministrativo e alcuni volontari del posto resisi disponibili, con il suo camper, posteggiato davanti alla parrocchia in via del Triumvirato, alla Birra, una zona di Borgo Panigale, ha vaccinato in tutto 41 persone arrivate in accesso libero. Nell’arco della giornata, sono state vaccinate sia persone over 60 che caregiver di soggetti disabili, tutte categorie a cui era aperta la campagna in quella fase. L’adesione nel turno mattutino non è stata alta, pertanto nel pomeriggio sono state attivate reti di comunità e i volontari Anpas e della Croce Rossa, mobilitati dalla Protezione civile del Comune, hanno girato per le strade con un megafono pubblicizzando l’iniziativa. La relazione con i cittadini in questo contesto è stata più diretta, favorendo il dialogo e consentendo di vincere dubbi e paure.
Il giorno successivo, l’iniziativa si è ripetuta presso il Mercato di Via Mazzoni nel quartiere Savena dove sono state vaccinate 77 persone. In quel contesto, sono stati presenti anche un’antropologa e un antropologo del Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale (CSI) dell’Università di Bologna, impegnati in una ricerca-azione nell’area che ha l’obiettivo di analizzare l’impatto dei determinanti locali nella riproduzione delle disuguaglianze in salute al fine di informare interventi e politiche di contrasto[14,15].
Attraverso l’osservazione partecipante e la realizzazione di brevi interviste, i ricercatori hanno indagato le motivazioni che hanno spinto le persone residenti nella zona a non aderire prontamente alla campagna vaccinale. In primo luogo, è emersa la paura degli effetti collaterali, in particolare per quanto riguarda il vaccino prodotto da AstraZeneca: la maggior parte delle persone intervistate ha raccontato infatti di essersi recata al presidio mobile perché a conoscenza del fatto che sarebbe stato somministrato il vaccino Moderna, considerato da loro più sicuro ed efficace. Secondariamente, i cittadini hanno spiegato di non essersi ancora vaccinati a causa delle difficoltà incontrate nel corso della prenotazione della prima dose del vaccino o per il raggiungimento delle sedi vaccinali: si trattava di persone che, pur non rientrando nella categoria di coloro per cui era previsto l’accompagnamento, presentavano un carico di vulnerabilità che ne rendeva difficoltoso lo spostamento.
La prossimità del camper ai territori di vita delle persone ha dunque giocato un ruolo fondamentale nel favorire l’accesso alla vaccinazione; inoltre, ha rappresentato un’occasione di dialogo con i cittadini, utile a stimolare la fiducia nei confronti dei vaccini e, in generale, dei servizi sanitari. Le persone intervistate hanno riferito di essere state informate dell’iniziativa attraverso diversi canali (medico di famiglia, assistenti sociali, farmacia, protezione civile), rilevando l’attivazione di una forte sinergia tra una pluralità di attori e servizi.
Proprio per meglio cogliere gruppi di popolazione marginali, per il futuro, oltre ad utilizzare l’indice di deprivazione le varie comunità saranno analizzate sulla base dell’indice di fragilità socio-sanitaria sperimentato e utilizzato nel territorio bolognese fin dal 2011 in occasione della sorveglianza degli effetti sulla salute di eventi climatici sfavorevoli (ondate di calore e ondate di freddo)[16]. Questo indice è basato sia su dati sanitari che di natura sociale (in particolare stato civile, livello di istruzione, condizione economica, stato di solitudine anagrafica) e rappresenta una sintesi locale del ruolo delle condizioni sociali nel determinare salute. Tale strumento sarà anche di riferimento per lo sviluppo di campagne di vaccinazione per altre patologie quali quella antipneumococcica, anti HPV e anti Herpes Zoster tenendo conto di questa esperienza di prossimità vaccinale.
La Azienda USL di Bologna si sta attrezzando per vaccinare anche gli “invisibili”, le persone che, prive di un certificato di residenza o di un codice fiscale, non riescono ad accedere alle varie iniziative di vaccinazione, anche perché non informati o non ricercati. In Italia sono diverse centinaia di migliaia come descritto nel recente post di Salvatore Geraci e Alessandro Verona. La AUSL ha censito da varie fonti circa 3.000 migranti irregolari, circa 2.000 persone accolte in strutture di accoglienza e in attesa di regolarizzazione, circa 400 senza dimora. Ora in collaborazione col Gruppo regionale Immigrazione e Salute Emilia-Romagna (GrIS-ER) e con il personale del progetto ICARE per queste persone si stanno programmando le sedute vaccinali presso presidi AUSL territoriali facilmente accessibili.
In conclusione
Al fine di comprendere e affrontare la vaccine hesitancy, è necessario lavorare ancora a fondo con le comunità. Queste, infatti, non sono entità monolitiche, bensì costellate al loro interno da una eterogeneità di valori, aspettative, bisogni e livelli di capacitazione e di alfabetizzazione sanitaria. Per questo, come riportato anche in letteratura[17], le campagne di vaccinazione (inclusi gli aspetti comunicativi) devono prevedere la partecipazione diretta delle persone e la capacità di monitorare l’adesione alla campagna a livello di microaree territoriali: solo così potranno essere efficaci ed evitare di riprodurre le disuguaglianze sociali, già duramente esacerbate dalla pandemia.
Autrici/Autori: Vera Avaldi, Ilaria Di Battista, Paolo Pandolfi e Lorenzo Roti, AUSL Bologna
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fonte: saluteinternazionale.info