«Il momento migliore per piantare un albero è vent’anni fa. Il secondo momento migliore è adesso» dice un proverbio cinese attribuito a Confucio. Lo stesso vale per l’Assegno unico e universale per i figli (Auuf). Sarebbe stato utile alle famiglie per rispondere alle difficoltà economiche e all’insicurezza verso il futuro durante la Grande recessione del 2008.
Quantomeno in tempo per affrontare l’impatto della crisi sanitaria. Una proposta di istituzione di tale misura è rimasta, invece, per vari anni ferma in Parlamento, per poi trovare nuovo impulso nel contesto del Family Act. Dopo un percorso di rallentamenti e accelerazioni si è ottenuto solo ieri il via libera definitivo. Il Parlamento ha cercato di dare un segnale positivo con l’approvazione finale fatta arrivare qualche giorno prima della seconda Pasqua in confinamento e qualche giorno dopo la pubblicazione dei drammatici dati Istat sulla dinamica demografica durante la pandemia.
Il secondo momento buono è allora quello di un pieno avvio dell’Auuf a partire dal primo luglio 2021, come ribadito dalla Ministra Bonetti e confermato dal Presidente del Consiglio. Decidere di piantare l’albero è però solo l’inizio: è necessario preparare bene il terreno e poi aiutarlo a crescere in modo che possa dare i suoi migliori frutti.
Cruciali saranno i decreti attuativi e tutto ciò che consentirà una efficace implementazione, compreso il monitoraggio orientato a un processo di continuo miglioramento. La proposta contenuta nella legge Delega al Governo presenta, in ogni caso, varie novità importanti. In primo luogo la semplificazione e razionalizzazione delle frammentate e disomogenee misure esistenti. In secondo luogo, in combinazione con l’altro aspetto che caratterizza l’Auuf, ovvero il suo essere universale, ha come obiettivo un potenziamento con al centro la figura del figlio stesso. Adottando tale principio, l’assegno va a tutti i bambini, indipendentemente dalle caratteristiche dei genitori. Rispetto alle misure che va a sostituire, coinvolge di più emeglio chi ha genitori con attività autonoma e ha percorsi lavorativi meno stabili. È in questo senso una rivoluzione che mette al centro le nuove generazioni, con un sostegno economico che va da qualche mese prima della nascita a qualche anno dopo la maggiore età, in modo da favorire anche il raccordo con l’avvio della transizione alla vita adulta.
È coerente, quindi, con un approccio non statico e schiacciato sul presente, ma attento allo sviluppo del corso di vita; all’impegno che la famiglia si assume nel tempo (che va ben oltre la nascita); alla necessità di mettere in campo misure di policy con un orizzonte generazionale (che va ben oltre la prossima scadenza elettorale). Chiarisce, inoltre, che le politiche per le nuove generazioni e le politiche familiari non possono limitarsi al contrasto alla povertà.
In ogni caso, è prevista nella proposta anche una forma di selettività che va ad aggiungere ad un importo base, uguale per tutti, una parte variabile legata al reddito. Ciò risponde all’esigenza di aiutare maggiormente chi vive in famiglie economicamente più svantaggiate, ma si confronta con il limite delle sotto-dichiarazioni e con il rischio di disincentivare il lavoro, soprattutto femminile. Questo aspetto rafforza la necessità di pensare in modo integrato e sistemico l’Auuf con gli strumenti di conciliazione tra famiglia e lavoro oltre che con quelli di contrasto alle diseguaglianze e a favore delle pari opportunità.
Nell’obiettivo del potenziamento, oltre a raggiungere meglio tutti, c’è anche il dare di più. Secondo le simulazioni presentate in un documento congiunto di Fondazione Gorrieri, Arel e Alleanza per l’infanzia – per evitare che qualcuno ci perda rispetto alle misure finora in vigore, è necessaria una clausola di salvaguardia che corrisponde a 0,8 miliardi. Una incidenza tutto sommato limitata rispetto ai 20 miliardi destinati.
Non basta però avere uno strumento unico, più semplice e con la garanzia che nessuno ci perda. Perché sia davvero efficace deve combinarsi anche con la percezione di buona parte delle famiglie italiane di non essere più sole nella scelta di avere un figlio. Di poter pensare che c’è un paese attorno che dà valore a tale scelta e la sostiene. Non solo con un aiuto economico sostanziale, ma attraverso un sistema integrato di misure – compresi i servizi educativi, di conciliazione, di politiche attive – che contribuiscono a migliorare il benessere delle famiglie e favoriscono scelte che danno vitalità e solidità al futuro comune.
Fonte: IL SOLE 24 ORE 31.3.2021