Spendere per la sicurezza sul lavoro è un investimento. di Rossana Dettori

Dalla strage silenziosa dell’amianto, che si è portato via, uno dopo l’altro, centinaia di migliaia di lavoratori e cittadini, a quella della ThyssenKrupp di Torino, tra le urla di chi uscì da quell’incendio coperto di ustioni per affrontare una lenta agonia, la storia del nostro Paese è costellata di morti sul lavoro. Dalle grandi stragi che hanno risvegliato per una manciata di ore o di giorni la coscienza civile sopita sul tema, alla Spoon River dimenticata di chi ogni giorno finisce schiacciato nel ribaltamento di un trattore o di un muletto, stritolato da una pressa o ucciso da una caduta dall’alto in un cantiere edile.

Un bollettino di guerra moltiplicato dai contagi da Covid, l’ultima piaga nascosta tra i tanti essenziali, tra chi non poteva proteggersi con lo smart working perché la catena di montaggio o il reparto non poteva portarseli a casa. Tra chi ha continuato a frequentare stazioni e affollare mezzi pubblici che, nonostante gli sforzi, restano snodi a rischio. Eccolo, più crudo che mai, il boccone avvelenato di un lavoro che dovrebbe essere cibo per l’anima e sapere di vita, ma troppo spesso soffoca chi lo assaggia con un sapore di morte.

Oggi (ndr: il 28 aprile) è una data che il mondo dedica alla salute e alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Una giornata è poco per sensibilizzare chi ha avuto la fortuna di non sbatterci mai il grugno su questo muro di morti. Pochissimo per i sindacati, che il loro 28 aprile lo celebrano ogni giorno, lottando metro su metro per proteggere i lavoratori dalle situazioni a rischio. Dove il rischio mortale è solo l’ultimo, più alto e più tragico di una catena infinita di rischi che va dalle patologie dovute all’esposizione a sostanze nocive allo stress da lavoro correlato. Ai rischi generati dalle condizioni sociali. Perché ad essere pericolose, in questo pianeta che a volte sembra girare alla rovescia, sono anche le situazioni imposte al lavoratore: i diritti calpestati, il mobbing, i salari troppo bassi, le discriminazioni verso le donne, i richiami di un capo che ti ha puntato e vuole renderti la vita impossibile, i turni, i festivi. Ogni tassello intimorisce, ricaccia in gola le denunce, le proteste, sposta la sicurezza dei lavoratori un metro più in là.

“Continueremo a commemorare i lavoratori morti, ad aiutare le vittime di infortuni, malattie professionali e amianto. Lo faremo con più forza quest’anno che il dramma del Covid ha reso più amaro il bilancio della nostra battaglia per un lavoro sicuro. Chiediamo al governo italiano e a tutti i governi che il tema della salute e sicurezza sul lavoro e ambientale diventi centrale. Senza politiche adeguate non ne usciremo mai. Come movimento sindacale la nostra mobilitazione non si ferma. Il governo e i datori di lavoro devono garantire maggiore sicurezza, anche migliorando le condizioni sociali più generali dei lavoratori. Con la consapevolezza, troppe volte dimenticata, che ridurre gli infortuni rappresenta un investimento. Per ogni euro speso in sicurezza c’è un ritorno altissimo che deriva dal risparmio dei singoli imprenditori e dal minor costo sociale pagato dalla collettività”.

Rossana Dettori, segretaria confederale della Cgil

 

 

Fonte: Collettiva – a cura di Giorgio Sbordoni

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