Rivoluzione digitale. Le nuove regole europee per la gestione delle piattaforme e dei dati. di Cinzia Maiolini

L’analisi del quadro regolatorio che emerge dalle proposte del Parlamento e del Consiglio europei a proposito della gestione delle piattaforme: dalla rimozione dei contenuti illeciti al diritto degli utenti sul controllo sull’uso commerciale dei dati personali. Parole d’ordine: responsabilità, trasparenza, governo dei dati, diritti

Sui temi che attengono la cosiddetta rivoluzione digitale, che è di fatto stata accelerata  nelle sue applicazioni materiali a partire dall’inizio dell’emergenza sanitaria, è imprescindibile la necessità di rilanciare a livello europeo un’azione sociale e contrattuale. Se infatti parliamo di cambio sostanziale di paradigma, legato alle implementazioni tecnologiche e alla loro pervasività, è evidente che l’intero modello sociale ed economico europeo ne viene coinvolto e, con esso, il possibile ruolo delle rappresentanze sindacali.

Il rapporto stretto che esiste  tra legislazione europea e legislazione nazionale ci obbliga quindi  ad avere uno sguardo  che vada oltre i confini nazionali e tuttavia  ci indichi gli ambiti ed i principi possibili da agire. Abbiamo bisogno di un approccio globale sia in termini di ricognizione degli assetti e delle azioni  delle maggiori aziende mondiali che costituiscono ormai nuovi monopoli e forniscono i servizi più vari necessari per lo svolgimento delle attività dei singoli e delle collettività, sia in termini di valutazione del necessario quadro regolatorio che superi le disparità evidenti tra i nuovi potentati big-tech e i diritti e le libertà dei cittadini e delle cittadine. Per questo è necessario affrontare un’analisi delle recenti proposte di Regolamento Europeo che attengono il mercato digitale con l’idea che, anche nella fase di implementazione dei progetti nazionali contenuti nel Pnrr in materia digitale, sia necessario anticipare, anche a livello nazionale e laddove possibile, i principi ispiratori del quadro europeo. Le parole d’ordine sembrano essere responsabilità, trasparenza, governo dei dati, diritti, tutti temi di particolare interesse per il ruolo che la Cgil vuole svolgere in rappresentanza di lavoratrici e lavoratori e cittadine e cittadini.

Il pacchetto di norme proposte dal Parlamento europeo e dal Consiglio ha proprio  la finalità di creare un quadro regolatorio del mercato digitale uniforme in tutta la Ue ricomponendo la chiara disparità tra i big tech ed i singoli cittadini. Il Digital service act (Dsa) vede la luce dopo un percorso di consultazioni pubbliche ed ha come cardine  le modifiche al principio di esonero della responsabilità dei fornitori di servizi online che è ad oggi  previsto dalla Direttiva 2000/31/CE. Quando si parla di responsabilità dei fornitori di servizi hosting ci si riferisce alle responsabilità civili e penali dei provider di servizi, quali gestori di mercati on line anziché social network o piattaforme di condivisione di foto o video, blog di recensioni e quant’altro, circa i contenuti che vengono pubblicati sui siti web che ospitano nei loro server. E’ in particolare in riferimento ai social media che si pone il problema di individuare le responsabilità rispetto a comportamenti che possono dar luogo alla violazione di diritti personali quali ad esempio il diritto alla riservatezza,  all’identità personale, all’immagine o i diritti di  proprietà intellettuale. La scelta effettuata allora dall’Europa di limitare la responsabilità  dei prestatori intermediari serviva a sostenere le scelte imprenditoriali nel settore  con l’obiettivo di creare il mercato unico digitale europeo. Oggi dunque cambia sostanzialmente l’approccio. In primo luogo viene distinta la platea di applicazione del nuovo quadro regolatorio tra Lops (large online platforms) identificati come gatekeeper in base a criteri quantitativi e qualitativi,e Smes (small and medium enterprises), proponendo obblighi  diversi per le due tipologie di intermediari: le piccole piattaforme, infatti, saranno esonerate da gran parte degli obblighi previsti dal Dsa.

I punti salienti del Regolamento Dsa
Per prima cosa la proposizione di nuovi sistemi di rimozione di contenuti illeciti. Poi una nuova metodologia ed opportunità di segnalazione dei contenuti illeciti da parte degli utenti; si parla anche di trasparenza delle piattaforme in merito ai sistemi di profilazione, all’uso dei dati e al funzionamento degli algoritmi (con la previsione della possibilità per il singolo di opt out rispetto alla pubblicità personalizzata). L’utente deve poter saper perché è targettizzato! 
La conseguenza è la trasparenza rispetto a chi abbia sponsorizzato una pubblicità o un contenuto. Trasparenza anche sulle cause di rimozione di alcuni contenuti e possibilità per i singoli di contestare le decisioni di moderazione dei contenuti. Si intende inoltre imporre alle grandi piattaforme di  cooperare con le autorità  consentendo, dove necessario al rispetto delle suddette regole di trasparenza, l’accesso ai dati anche ai fini di valutazione dei rischi legati alla cybersecurity. In questo senso si prevede la possibilità, per i ricercatori, di accedere ai dati delle piattaforme anche solo al fine di esaminare come funzionano  e come si evolve il mercatoi digitale ed gli eventuali  rischi connessi.

Questi ultimi assunti sono essenziali e mutuabili per le azioni contrattuali. Il tema della trasparenza dell’algoritmo, della profilazione e dell’utilizzo dei dati è infatti il perno intorno a cui dobbiamo qualificare la nostra azione contrattuale anche agendo nelle fasi antecedenti l’applicazione di sistemi digitali, per fissarne limiti, obblighi di trasparenza, finalità. Il quadro regolatorio europeo propone anche un elemento sanzionatorio per le piattaforme che non rispettino gli obblighi di controllo e rimozione di contenuti illeciti fissati dal Digital Services Act e si prevede anche l’istituzione di un meccanismo di supervisione europeo. I nuovi obblighi previsti dal Dsa dovranno, poi, essere armonizzati con le normative nazionali, perché la norma non sarà sostitutiva di quelle nazionali, e dunque anche qui si apre un campo di possibile affinamento  delle norme europee e di maggiore tutela dei singoli.

fonte: COLLETTIVA

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