Gli invisibili e il diritto al vaccino. di Salvatore Geraci, Alessandro Verona

La pandemia ha messo a nudo e amplificato i problemi di giustizia sociale e la scarsa accessibilità e fruibilità dei servizi. In Italia sono diverse centinaia di migliaia le persone di fatto escluse – per varie ragioni – dal diritto alla vaccinazione.

«La pandemia ha messo allo scoperto la difficile situazione dei poveri e la grande ineguaglianza che regna nel mondo. E il virus, mentre non fa eccezioni tra le persone, ha trovato, nel suo cammino devastante, grandi disuguaglianze e discriminazioni. E le ha aumentate! La risposta alla pandemia è quindi duplice. Da un lato, è indispensabile trovare la cura per un virus piccolo ma tremendo, che mette in ginocchio il mondo intero. Dall’altro, dobbiamo curare un grande virus, quello dell’ingiustizia sociale, della disuguaglianza di opportunità, della emarginazione e della mancanza di protezione dei più deboli».

Papa Francesco

Udienza generale del 19 agosto 2020

È ormai diventato un mantra: la pandemia Covid-19 ha creato nuove disuguaglianze, ha aumentato quelle esistenti a livello dei singoli territori, delle Nazioni, tra Paesi, nel mondo. Questo per causa diretta della malattia e per tutti gli effetti diretti ed indiretti della stessa. Poi ci sono gli invisibili[1]. Ci sono persone, gruppi di popolazione a livello locale, nelle nostre città, tra le nostre case, e intere comunità nazionali che non esistono nei programmi di mitigazione, di prevenzione, nei “ristori” o nelle future politiche di rilancio. Invisibili ma presenti. Sono tutti coloro fuori dagli standard amministrativi nostrani o esclusi dalle cronache internazionali, sono quelli sotto casa ma senza una casa[2] e quelli di paesi lontani dalle rotte del benessere e dei diritti[3]. Non deve sorprendere che una piccola società scientifica nazionale, la SIMM (Società Italiana di Medicina delle Migrazioni), abbia ritagliato in ambito locale ed internazionale, sul piano tecnico politico il primo[4] e sull’aspetto di sensibilizzazione il secondo[5], il proprio impegno in questa pandemia. Per questo ha promosso, o si è inserita, in reti e alleanze, per portare all’attenzione e far emergere diritti di persone e di gruppi dimenticati: e sui vaccini il confronto è diventato di drammatica attualità.

Gli invisibili di casa nostra 

La priorità è la vaccinazione, per tutti e presto. Abbiamo azzardato a fare un calcolo di quante possano essere in Italia le persone, nell’ambito della “fragilità sociale”, che rischiano di essere escluse se non si attivano delle iniziative e dei percorsi adeguati: sono circa 500.000 gli immigrati senza un permesso di soggiorno[6], alcuni dei quali senza documenti o con documenti non riconosciuti dal nostro ordinamento anche se possono avere il codice STP (Straniero Temporaneamente Presente) che viene dato loro per l’accesso alla sanità e, per i comunitari non in regola amministrativamente, difficilissimi da quantificare ma diverse decine di migliaia, la tessera ENI (Europeo non iscritto, non garantita da tutte le Regioni); ci sono gli stranieri, poco più di 200.000[7], che hanno fatto domanda di regolarizzazione che nella stragrande maggioranza dei casi ancora non è stata esaminata e così queste persone si trovano in un “limbo amministrativo”, non più irregolari ma non ancora riconosciuti[8]. Ci sono immigrati accolti in strutture d’accoglienza governative e locali spesso ancora in fase di esame della loro posizione amministrativa o con difficoltà di inserimento sociale: sono circa 78.000 (67% in centri d’accoglienza straordinari – CAS)[9], essi hanno diritto all’iscrizione al SSN ma, soprattutto nei CAS, i percorsi amministrativi sono incerti e frammentati. Ci sono i minori stranieri non accompagnati, le persone vittime di tratta, accolte in specifiche strutture, ed ancora molti rom, sinti e caminanti[10] che vivono in campi di fortuna o decine di migliaia di persone, italiane e straniere, presenti in insediamenti informali[11], ghetti, palazzi occupati. E infine ci sono i senza dimora[12], italiani e stranieri, che popolano spesso angoli anonimi delle grandi città, pensiamo alle stazioni ferroviarie, e nel passato anche le hall o i giardinetti degli ospedali, i parchi pubblici non chiusi di notte, le tettoie non presidiate. Alcuni di loro sono accolti in strutture organizzate o seguite da volontari direttamente sulla strada: alcune decine di migliaia di persone fragili socialmente e spesso vulnerabili dal punto di vista sanitario[13].

Sono quindi diverse centinaia di migliaia di persone, con livelli di esclusione diversi ma spesso invisibili all’amministrazione perché i documenti non sono tracciabili, senza tessera sanitaria o questa scaduta per una residenza incerta, a volte difficili da raggiungere, con problemi comunicativi, con pregiudizi reciproci: sono un anello debole ma per questo sono misura della nostra “volontà costituzionale” di tutelare ciascuno.

Dopo alcune incertezze iniziali, da più parti si è chiarito che anche questa variegata popolazione deve essere inclusa nei percorsi specifici di tutela ed hanno certamente diritto alla vaccinazione. Ma quando, come, dove?

Su queste domande è in atto il confronto con proposte puntuali da parte dell’Associazionismo e del Terzo settore, anche quello sanitario, ma senza, ad oggi, puntuali e concrete risposte istituzionali. Abbiamo comunque un buon punto di partenza che è il chiaro posizionamento AIFA[14] che ha indicato una strada amministrativa che deve essere circostanziata e resa operativa a livello locale.

FAQ 7. Saranno vaccinati soltanto i cittadini italiani? Secondo lo schema di priorità definito nel Piano vaccini saranno vaccinate tutte le persone presenti sul territorio italiano, residenti, con o senza permesso di soggiorno ai sensi dell’articolo 35 del testo unico sull’immigrazione”

“FAQ 9. Che documenti sono richiesti per effettuare la vaccinazione alle persone (italiane e straniere) in condizioni di fragilità sociale? Sulla base di quanto sancito dall’articolo 32 della Costituzione italiana e di quanto previsto dall’articolo 35 del Testo Unico sull’immigrazione, può essere accettato: un qualsiasi documento (non necessariamente in corso di validità) che riporti l’identità della persona da vaccinare e/o Tessera sanitaria – TEAM (Tessera Europea Assicurazione Malattia) – Codice STP (Straniero Temporaneamente Presente) – Codice ENI (Europeo Non Iscritto). In mancanza di un qualsiasi documento verranno registrati i dati anagrafici dichiarati dalla persona e l’indicazione di una eventuale ente-struttura-associazione di riferimento.”

E le proposte fatte dalla SIMM, congiuntamente al Tavolo Immigrazione e Salute[15], esprimono alcune richieste puntuali all’Amministrazione e cioè di:

  • esplicitare tra le priorità nel Piano Vaccinale Nazionale ed in quelli Regionali la “fragilità sociale”, oltre a quella “clinica e anagrafica”, includendo quindi i soggetti più vulnerabili, che vivono in insediamenti informali, i senza fissa dimora compresa la popolazione migrante, i richiedenti asilo, rifugiati e apolidi a prescindere dal proprio status giuridico e le persone accolte in strutture collettive emergenziali o particolarmente affollate;
  • introdurre una flessibilità amministrativa per agevolare la procedura che consenta la vaccinazione a chi si trova sul territorio regionale pur non avendo l’iscrizione al SSN o documenti validi coerentemente con quanto definito da AIFA, prevendendo la possibilità di iscriversi/prenotarsi alla vaccinazione al di fuori dei portali istituzionali attivando risorse territoriali;
  • indicare la più idonea tipologia e le modalità di vaccinazione per tali gruppi di popolazione facendo riferimento in particolare a vaccini monodose che per il target proposto, pensiamo in particolare ai senza dimora, possono essere particolarmente efficaci;
  • prevedere una interlocuzione operativa con l’associazionismo ed il III settore, che, oltre alla collaborazione attiva per la vaccinazione nei luoghi d’accoglienza, può, insieme alle Aziende sanitarie locali, avere un ruolo determinante nella mappatura degli insediamenti formali ed informali. Può anche identificare le persone affette da particolari fragilità socio sanitarie da sottoporre subito a vaccinazione anche prevedendo, in alcuni casi, un’offerta vaccinale attiva in specifici luoghi di aggregazione (‘sanità pubblica di prossimità’);
  • considerare il diretto coinvolgimento delle comunità di immigrati e di mediatori culturali per scongiurare la diffusione di informazioni non corrette e per favorire la trasmissione di messaggi chiave per la prevenzione nelle lingue comprese dai migranti ed in modo culturalmente appropriato.

La pandemia e le responsabilità individuali e pubbliche

Fra la dimensione locale e quella globale, emergono tratti trasversali nel disequilibrio delle responsabilità nel controllo della pandemia, un’emergenza sociale tanto quanto sanitaria, che ha messo a nudo e amplificato i problemi di giustizia sociale, la scarsa accessibilità e fruibilità dei servizi, la debolezza di una medicina territoriale che non è mai stata valorizzata a sufficienza[16-18].

Malgrado ciò, le scelte politiche in ambito sociale e sanitario, sul piano nazionale e sul piano internazionale, hanno mostrato un approccio di tutela non trasversale, come avrebbe dovuto essere per la tutela della salute di tutte e tutti senza distinzioni, bensì un approccio omologante i bisogni e le risorse. Emblematico, in questo senso, come il “restate a casa” abbia insito in sé lo scontato prerequisito per essere tutelati, ossia avere il Dispositivo di Protezione Individuale più importante, un tetto sotto cui abitare. Alla popolazione si è chiesto responsabilità individuale, ignorando la difficoltà per molti di applicare le disposizioni che li avrebbero resi “responsabili”.  Tutta questa attenzione alle responsabilità individuali ha distolto l’attenzione dalle responsabilità pubbliche, ugualmente dovute, che dovrebbero rendere gli individui sufficientemente tutelati al punto di poter richiamare credibilmente a tale responsabilità individuale.

A dicembre 2020 il New York Times ha pubblicato un modello che illustra le responsabilità rispetto alla pandemia con una metafora basata su una serie di fette di formaggio svizzero[19] (Figura 1): molti strati di protezione contribuiscono a bloccare la trasmissione del coronavirus, e sono rappresentati da fette di formaggio con più buchi, che quando si allineano aumentano il rischio di infezione. La combinazione di più strati (distanziamento fisico, mascherine, lavaggio delle mani, tracciamento dei contatti, messaggi delle autorità, …) diminuisce la trasmissione e quindi il rischio disinfezione. Tale schema, che carica in massima parte la responsabilità di controllo della pandemia sugli individui, è stato brillantemente criticato in un articolo di Juan Gérvas e Mercedes Péres, appartenenti al gruppo NoGracias (NoGrazie in Italia), attraverso una revisione dello schema[20] (Figura 2), aumentando gli strati di responsabilità pubblica, in chiave di welfare e medicina sociale.

È stato inoltre analizzato in Italia[21] come a fronte di critiche condizioni di marginalità, la protezione oggettivamente possibile dal rischio di contagio sia minima, l’assistenza reale e percepita siano minori della media territoriale, e la percezione di rischio dello stesso aggravi ulteriormente le condizioni di precarietà. Tale condizione richiama alla contraddizione che chi ha maggiore bisogno di cure ne riceva meno, come osservato 50 anni fa dal medico di famiglia Julian Tudor Hart con la “Legge dell’assistenza inversa[22] e ripreso da un recente post di Saluteinternazionale.

Non c’è brevetto. Si può brevettare il sole?

E se in ambito locale il confronto è sull’operatività ed il coinvolgimento diretto, a livello internazionale il profitto si oppone alla tutela della salute degli esseri umani. La pandemia da COVID-19 continua a causare vittime, malattia e sofferenza sociale, psichica ed economica, e deve destare ulteriore preoccupazione l’impatto sui Paesi a medie e scarse risorse. Fra le problematiche che impattano su questi Paesi, emerge la difficoltà di accesso a prodotti medici per la prevenzione ed il trattamento della COVID-19, quindi medicine, strumenti diagnostici, DPI, ma soprattutto vaccini.

Faceva sperare la dichiarazione congiunta del 20 aprile 2020 dei direttori generali dell’OMS e del WTO che auspicavano la condivisione dei diritti di proprietà intellettuale e una piena collaborazione transnazionale in contrasto alla pandemia[23]. Così come la dichiarazione del 4 giugno 2020 quando il segretario generale delle Nazioni Unite dichiarava che il vaccino per la COVID-19 deve essere considerato un bene pubblico globale[24].

Il 2 ottobre 2020 India e Sud Africa depositano al WTO (World Trade Organization – Organizzazione Mondiale del Commercio) una richiesta di moratoria temporanea per i brevetti sui vaccini e sui farmaci anti COVID-19, al fine produrre su scala mondiale in quantità sufficienti al fabbisogno della popolazione mondiale. La sospensione anche temporanea dei brevetti è l’unica strada a tal fine: senza ciò, la protezione dalla COVID-19 rischia di diventare irraggiungibile, in particolare per i Paesi con meno risorse economiche, esponendo ad uno scenario pandemico incontrollabile e drammatico, causando molte ulteriori morti e sofferenze, fisiche e sociali. La richiesta di moratoria si riferisce all’articolo dei TRIPs (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights – Accordo sui diritti di proprietà intellettuale) che prevede il diritto degli Stati membri del WTO di disporre dell’uso del brevetto senza autorizzazione del titolare per facilitare l’accesso ai farmaci (la cosiddetta “licenza obbligatoria”), in circostanze di emergenza.

Malgrado gli ovvi criteri d’emergenza, la discussione della richiesta è stata continuamente rimandata.

Il comitato italiano della Campagna Europea Diritto alla Cura, Nessun Profitto sulla Pandemia – Right2Cure#NoprofitOnPandemic, cui aderisce la SIMM, così come Intersos e altre 67 realtà, il 5 Marzo 2021 ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio Draghi, alla Presidente del Senato Casellati ed al Presidente della Camera Fico, chiedendo di sostenere la richiesta di India e Sud Africa.

Il sostegno italiano, e degli altri paesi europei, sarebbe stato il contributo al posizionamento della Commissione Europea a favore della proposta, proprio come hanno già fatto oltre 100 Paesi e oltre 400 organizzazioni a livello mondiale fra cui l’OMS, UNAIDS, UNITAID e la Commissione africana per i diritti umani e dei popoli.

La lettera inviata ai vertici del governo italiano è rimasta senza risposta, e l’11 marzo al Consiglio TRIPs del WTO la proposta di India e Sud Africa non è stata approvata per l’opposizione dell’Unione Europea, USA, UK, Giappone, Brasile, Canada Svizzera, Australia e Singapore. Così facendo, i governi che hanno votato contro tale richiesta mettono a rischio la salute dell’intera popolazione mondiale, inclusa quella dei propri cittadini. Mentre, come scritto recentemente su Salute Internazionale, “le aziende farmaceutiche che detengono i brevetti potranno decidere chi favorire e chi penalizzare sulla base del prezzo e degli interessi geopolitici”[25].

Lo slogan del comitato italiano della Campagna Diritto alla Cura, “O i brevetti, o la vita!”, è di cruda attualità: l’assetto attuale rischia di lasciare scoperto il bisogno vaccinale di quote di popolazione sia tra i Paesi più ricchi, sia interi popoli nelle aree più svantaggiate del pianeta. Le aziende farmaceutiche, restando proprietarie dei brevetti, tengono sotto scacco l’intera popolazione mondiale limitandone enormemente la tutela della salute, e a pagarne il prezzo più alto rischiano di essere, di nuovo, le popolazioni di Paesi a scarse risorse. Secondo un’indagine di Oxfam international e Amnesty International nei Paesi a scarse risorse 9 persone su 10 rischiano di non ricevere la vaccinazione nel 2021[26]. Questo determinerebbe una trasmissione virale ancora sostenuta, con, fra l’altro, un verosimile aumento delle varianti e diminuzione della capacità di controllo delle stesse.Qualsiasi altra risposta sarà insufficiente. Ad esempio, il programma internazionale COVAX (Covid-19 Vaccine Global Access, guidato dall’OMS, con Cepi e Gavi Alliance) iniziato nel giugno 2020, ha l’obiettivo di fornire accesso ai vaccini anti COVID-19 in particolare ai Paesi a scarse risorse attraverso un pool di acquisti globale, e ha visto l’adesione di 190 Paesi. Il programma punta ad immunizzare il 20% della popolazione più a rischio e a basso reddito, una quota importante per un singolo programma, ma che non può rispondere al bisogno globale.

È perciò fondamentale continuare ad insistere sull’urgenza di sospendere i brevetti vaccinali. Per farlo ognuno e ognuna di noi può firmare l’ICE (Iniziativa dei Cittadini Europei) promossa dalla Campagna Europea Diritto alla Cura, Nessun Profitto sulla Pandemia. Perché la Commissione Europea consideri un atto legislativo in materia, è necessario raccogliere un milione di firme provenienti da tutta l’Unione Europea. A sostegno della campagna e della raccolta firme, in una stagione in cui unirsi è ancora più difficile, la SIMM ha deciso di promuovere un digiuno di sensibilizzazione a staffetta, iniziato il 26 marzo e che durerà sino al 7 aprile[27]-

Il 26 marzo di 68 anni fa il dott. Salk annunciò scoperta del primo vaccino antipoliomelite, che non venne brevettato, per garantirne la massima distribuzione. Quando in una intervista televisiva gli fu chiesto chi possedesse il brevetto del vaccino, lui rispose: “La gente, suppongo. Non c’è brevetto. Si può brevettare il sole?”.

Il 7 aprile, giornata mondiale della salute e termine della staffetta di digiuno, il Comitato Italiano della Campagna prevede un evento di sensibilizzazione trasmesso in diretta facebook sulla propria pagina (Right2cure/DirittoallaCura pagina italiana dell’ICE). È possibile partecipare alla staffetta di digiuno indicando il proprio nome a questo link: https://doodle.com/poll/x8t8vsatpr5etna3 .

Perché non “si brevetti il sole” è necessaria una forte presa di responsabilità collettiva, chiedendo che, sia sul piano locale che su quello globale, il ruolo della politica (e delle politiche sanitarie) sia quello di contrastare le diseguaglianze, a tutela della dignità e della salute di tutte e di tutti.

Salvatore Geraci (SIMM e Caritas Roma), Alessandro Verona (SIMM e Intersos)

Bibliografia

  1. Marzia Ravazzini. Covid-19: gli invisibili. Salute Internazionale, 31.03.2021
  2. Salvatore Geraci, Giulia Civitelli, Marica Liddo e Maurizio Marceca.

    Vorrei stare a casa. Salute Internazionale, 02.04.2020

  3. A caro prezzo. Le diseguaglianze nella salute. 2° Rapporto dell’Osservatorio Italiano
    sulla Salute Globale. Edizioni ETS, 2006
  4. Piano strategico vaccinale SIMM e TIS scrivono al Ministro Speranza. Simmweb.it
  5. 67 organizzazioni Scrivono al Presidente Draghi: diritto alla cura, nessun profitto sulla pandemia! Simmweb.it
  6. XXVI Rapporto ISMU sulle migrazioni 2020. Ismu.org, febbraio 2021
  7. Emersione dei rapporti di lavoro 2020. Interno.gov.ir, agosto 2020.
  8. Report monitoraggio regolarizzazione. Arci.it, marzo 2021
  9. Cruscotto statistico giornaliero. Libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it, 28.02.2021
  10. Gli insediamenti Rom, Sinti e Caminanti in Italia. A cura di Monia Giovannetti, Nicolò Marchesini, Emiliana Baldoni. Finito di stampare dicembre 2016
  11. Insediamenti informali. Marginalità sociale, ostacoli all’accesso alle cure e ai beni essenziali per migranti e rifugiati. SECONDO RAPPORTO. Medici senza frontiere, febbraio 2018
  12. Le persone senza dimora. Comunicato stampa, ISTAT
  13. Gli effetti della pandemia sui servizi. FIOPSD.org, 27.11.2020
  14. AIFA: domande e risposte sui vaccini COVID-19 
  15. Come aderire alla SIMM
  16. Marra M, Costa G. Un Health Inequalities Impact Assessment (HIIA) della pandemia di COVID-19 e delle politiche di distanziamento sociale. disuguaglianzedisalute.it, 2020.
  17. Kluge, Hans Henri P et al. Refugee and migrant health in the COVID-19 response. Lancet 2020;395(10232): 1237-9.
  18. DeBruin D et al. Social justice in pandemic preparedness. Am J Public Health 2012;102:586-9120
  19. Ian M. Mackay Swiss chees Respiratoy Pancdemic Defense . Nytimes.com, 12.05.2020
  20. Juan Gérvas and Meredes Pérez. Management of the covid19 pandemic, individual and social barriers (social justice). saludineroap.blogspot.com, 23.12.2020
  21. La pandemia diseguale, INTERSOS
  22. Hart JT. The inverse care law. Lancet 1971; 1: 405-412
  23. Dichiarazione congiunta del direttore generale del WTO, Roberto Azevêdo, e del direttore generale del WHO, Tedros Adhanom Ghebreyesus 
  24. Global vaccine summit, 4 giugno 2020, dichiarazione del Segretario Generale UN Antonio Guterres
  25. Gavino Maciocco. Vaccini, la salute e il profitto. Salute Internazionale, 21.03.2021
  26. Campaigners warn that 9 out of 10 people in poor countries are set to miss out on COVID-19 vaccine next year. Oxfam, 09 .12.2020
  27. Staffetta di digiuno di sensibilizzazione – COVID-19: o i brevetti o la vita! Simmweb.it.

fonte: saluteinternazinoale.info

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