Elena Lattuada, segretaria generale della Cgil Lombardia, commenta le scuse che l’assessora regionale al Welfare, Letizia Moratti, ha chiesto oggi agli anziani in un’intervista a Repubblica.
“Le scuse della Moratti non sono sufficienti. Questa regione è più di un anno che dovrebbe chiedere scusa per come ha gestito la pandemia”. La campagna vaccinale continua a rilento, la Regione ha inanellato finora una serie di errori fatali, che continuano a generare disservizi e confusione. E a farne le spese sono i più fragili, a partire dagli over 80 (mentre scriviamo le agenzie battono la notizia che il Pirellone sta pensando di somministrare anche ai più anziani, a chi ha più di 80 anni, il vaccino AstraZeneca).
“Dopo i ritardi inaccettabili dei vaccini antinfluenzali, dopo le lunghissime code per fare i tamponi – è la sintesi perfetta di un comunicato spedito oggi da Federconsumatori Lombardia – la regione non riesce a organizzare le vaccinazioni anti Covid-19. Gli over 80 che hanno ricevuto la prima dose, oscillano ancora tra il 30-40%, a fronte, ad esempio, del 56% del Lazio e del 47% delle Marche, mentre gli immunizzati con seconda dose, sono solo l’11,1% a fronte del 23,2% della Campania e del 20,3% del Friuli-Venezia Giulia”. I numeri parlano chiaro e “i disservizi sono quotidiani. Le cronache dei casi eclatanti, denunciati anche dal sindacato pensionati, ci raccontano di anziani costretti a fare più di 100 chilometri per raggiungere il centro vaccinale, poiché il portale non è riuscito a incrociare i dati sul luogo della somministrazione con quelli sulla residenza dei destinatari. È accaduto un po’ ovunque, ma in particolare a Cremona. E poi ci sono le cronache dei messaggi di convocazione non spediti o non arrivati o contraddittori”. Un grande caos.
“L’anno scorso abbiamo misurato sulla nostra pelle una gestione tutt’altro che eccellente della sanità regionale. Dall’inizio della pandemia, ha pesato come un macigno la mancanza di strutture territoriali che facessero forza e freno. Adesso la campagna vaccinale non fa altro che confermare questa evidenza”. L’impreparazione dei vertici politici regionali, incapaci di gestire e persino di rimediare in corsa agli errori di partenza.
“È così che si spiega perché, al netto di tutte le convenzioni che la Regione ha stipulato, continuiamo a registrare ritardi anche per chi avrebbe la priorità. Pensiamo alla forzatura con cui è stato firmato il protocollo tra Regione, Confapi e Confindustria per organizzare la vaccinazione anche nei luoghi di lavoro. Un’operazione portata a termine senza il coinvolgimento del sindacato e la disponibilità delle dosi. Una fuga in avanti che non garantisce alla popolazione il rispetto delle priorità stabilite dallo Stato, rispetto a personale sanitario e anziani, disabili, fragili”.
Noi chiediamo (n.d.r. all’assessore Moratti) un confronto sulla piattaforma Cgil, Cisl e UIl da quando si è insediata. Ma il tavolo non è neanche partito. La Moratti ci ha incontrato appena arrivata, dicendoci quanto eravamo importanti. Poi è sparita. La realtà è che ha parlato solo con le aziende, pensando che questo soddisfi le esigenze di tutto il mondo del lavoro”. Insomma, da un lato grandi accordi per sfruttare politicamente l’effetto annuncio che generano, dall’altro, una totale assenza di risposte sui fallimenti concreti e quotidiani del piano vaccinale.
E su Aria, la società di proprietà della Regione che in teoria dovrebbe selezionare e avvertire le persone e su cui Moratti ha scaricato molta parte delle colpe dei disservizi, Federconsumatori parla di una vicenda surreale, costata ben 22 milioni di euro. “È un carrozzone lanciato in pompa magna da Fontana per gestire le gare d’appalto e i sistemi informativi, nato dalla riunificazione di tre società regionali, già protagoniste in negativo delle cronache. Ovviamente non ha funzionato o comunque non è stato in grado di rispondere a un’esigenza che poteva essere immaginata anche prima della disponibilità dei vaccini. Ci si poteva – e ci si doveva – organizzare per tempo, farla funzionare. E invece è diventata l’ennesima figuraccia”.
“Accanto al covid, la priorità deve essere la riforma della sanità regionale. Nelle parole della Moratti, ma anche negli atti della giunta, non vediamo alcuna intenzione di dare corso e corpo alla riforma, di seguire le indicazioni arrivate dal ministero della Salute in merito al potenziamento della medicina del territorio. Eppure c’è un grande messaggio che arriva da tanti soggetti che vogliono provare a cambiare la sanità lombarda, a partire dalla piattaforma di Cgil, Cisl e Uil, ma anche dalle istanze della società civile, dall’operato dell’opposizione politica in consiglio regionale. E invece ci tocca assistere alla continua riproposizione di un’idea, quella che la sanità si fonda solo sulle grandi strutture pubbliche e private. In Lombardia il 50 per cento del settore è rappresentato dai privati e quindi persegue un profitto. Non è un caso che Confindustria abbia dato vita a quel protocollo e i primi a partire siano stati i privati. Non c’è il barlume di un’idea di riforma sanitaria che sia tesa a potenziare il territorio, a partire dal ruolo dei medici di medicina generale, dalle Usca, le unità speciali di continuità assistenziale, che da noi, purtroppo, non si sono viste, di fatto. Se allarghiamo un po’ il quadro e usciamo fuori dall’emergenza dettata dalla pandemia, diciamo che mettere a sistema una struttura sanitaria territoriale significa creare una struttura di cura, che tenga conto di tutto quello che è rimasto indietro, che offra sostegno alle persone, risponda ai bisogni della popolazione. Una risposta che manca quando tutto è orientato solo alla cura dell’acuzie. Non è un caso che anche le risorse del Recovery Plan includano, tra gli assi portanti dei progetti, il rafforzamento della medicina territoriale”.
fonte: Collettiva