I discorsi che politici, tecnici o cittadini fanno in questi giorni si sono riempiti di un insieme di opinioni condivise a riguardo della situazione epidemica almeno sui seguenti punti: a) il virus COVID-19 ha avuto delle varianti, tra queste la maggior parte, ed in particolare quella cosiddetta “inglese” è molto più contagiosa, i bimbi ed i ragazzi ne vengono maggiormente contagiati, e della letalità non è chiaro se rimane costante, cresce o diminuisce.
Queste opinioni sono vissute come certezze sia perché i media continuano ad affermarle ed anche perché sono compatibili con l’immagine attuale dell’epidemia prima all’estero e adesso in Italia. Infatti i contagi aumentano, aumentano anche alle età minori e il numero dei decessi è, più o meno, giornalmente stabile.
Premettiamo che queste opinioni e queste certezze sono del tutto credibili e sono compatibili con le conoscenze mediche sulla diffusione e sulla contagiosità dei virus. Vogliamo solo osservare che mancano delle vere “evidenze”, cioè delle valutazioni scientifiche basate su osservazioni condotte in modo metodologicamente ineccepibile.
Sulla maggior contagiosità delle varianti, ad esempio, l’Istituto Superiore di Sanità ne parla solo alla voce FAQ Varianti e richiama, senza citare alcun dato pubblicato, una stima di crescita del 37% della contagiosità, stima con “una enorme incertezza statistica”:
Qual è la trasmissibilità della ‘variante inglese’ in Italia?
In Italia, si è stimato che la cosiddetta ‘variante inglese’ del virus Sars-CoV-2 ha una trasmissibilità superiore del 37% rispetto ai ceppi non varianti, con una grande incertezza statistica (tra il 18% ed il 60%). Questi valori sono in linea con quelli riportati in altri paesi, anche se leggermente più bassi, che induce a considerare l’opportunità di più stringenti misure di controllo che possono andare dal contenimento di focolai nascenti alla mitigazione. La stima è stata ottenuta da uno studio di ISS, Ministero della Salute, Fondazione Bruno Kessler, Regioni/PA.
A proposito poi della contagiosità delle varianti nei bambini così l’Iss commenta richiamando anche un report dell’ECDC:
Le varianti provocano forme cliniche più gravi o più letali?
Nuove evidenze, basate su analisi preliminari nel Regno Unito, portano a ipotizzare un aumento della gravità di malattia, con maggiore rischio di ospedalizzazione e di decesso per i casi con variante inglese. Inoltre la maggiore trasmissibilità della variante inglese si traduce in un maggior numero assoluto di infezioni, determinando così un aumento del numero di casi gravi. Tale aumento di gravità o di letalità non è stato ipotizzato, al momento, per le varianti brasiliana e sudafricana.
Le varianti colpiscono in maniera particolare i bambini?
I bambini, in particolare i bambini più piccoli, sembrano essere meno suscettibili all’infezione da SARS-CoV-2 rispetto ai bambini più grandi e agli adulti, il che sembra verificarsi anche per la variante B.1.1.7, la cosiddetta variante ‘inglese’, che manifesta un aumento cospicuo della trasmissibilità tutte le fasce di età. Ulteriori studi e approfondimenti sono in atto.
Queste “oneste” dichiarazioni dell’ISS confermano quanto queste “certezze” siano, seppur effettivamente credibili, non ancora dimostrate con chiare e incontrovertibili evidenze e quindi potrebbero anche essere, almeno parzialmente non confermate.
Qualche dubbio nasce dall’analisi dei dati di diffusione attuale dei contagi in Italia. La crescita dei contagi potrebbe essere dovuta fondamentalmente a due fattori: l’aumentata frequenza dei contatti a rischio o la maggior contagiosità del virus a causa delle sue varianti. E’ però ipotizzabile che una maggior contagiosità, in costanza di numero di contatti, dovrebbe produrre una crescita esponenziale in quanto il crescente fattore R0 agirebbe in senso moltiplicativo, mentre si può ritenere che la crescita dei contatti possa comportare più facilmente una crescita lineare. Da gennaio l’andamento dei contagi in Italia espresso come medie mobili settimanali appare del tutto lineare e quindi farebbe sospettare che il fattore di contagiosità non si sia modificato in misura per lo meno determinante.
Rispetto invece alla contagiosità del virus nei bambini è interessante richiamare l’Indagine Istat/Ministero sulla prevalenza sierologica IgG Covid-19 che fornisce i valori per classi di età.
La siero prevalenza generale della popolazione è risultata essere attorno al mese di giugno 2020 del 2,5% e quella dei minori che hanno sviluppato IgG al Covid-19 è risultata di poco inferiore, e cioè il 2,2%. Nel commento pubblicato sul sito dell’Istat viene però specificato che la prevalenza nella classe di età 0-5 anni è stata ancora inferiore e precisamente pari all’1,3%. Queste prevalenze non corrispondono all’opinione diffusa che riteneva che i bambini ed i ragazzi non si infettassero mentre risulterebbe dall’indagine solo una riduzione di meno della meta nella prima infanzia e una quasi parità nell’adolescenza.
Anche dai dati rilevati dalle Regioni e pubblicati dall’analisi dell’AIE risulta che l’attuale incidenza per età non ha valori proporzionalmente molto differenti da quelli della prevalenza dell’indagine Istat soprattutto dopo la crescita avvenuta a gennaio. Sarebbe allora importante sapere se sono realmente cresciuti gli infetti o principalmente sono cresciute le diagnosi, ma per far questo sarebbe necessario conoscere la distribuzione per età dei test di positività con tamponi per assicurarsi che l’effetto non sia dovuto ad una maggiore attività diagnostica. Questa potrebbe esser stata innescata sia dall’opinione diffusa relativa alla accresciuta contagiosità nell’infanzia sia ad una crescente sintomatologia para-influenzale dei bambini nella stagione invernale.
Un’ultima considerazione riguarda invece la situazione riguardante la letalità. Le nostre analisi (che possono anche essere riprodotte utilizzando il sistema MADE ad accesso libero dalla home page dell’AIE o di E&P) ci fanno ipotizzare che la letalità non sia molto cambiata nell’ultimo mese.
Nel grafico qui riprodotto le linee rappresentano diverse percentuali dei casi diagnosticati e notificati 13 giorni prima della data di notifica dei decessi che risulta essere la distanza media in giorni tra notifica della positività e notifica del decesso. Si può osservare che la letalità si è ridotta sino a metà dicembre per poi avere una breve crescita che ha raggiunto quasi il 4% relativa ai contagi del periodo natalizio per poi diminuire ancora da inizio febbraio scendendo sotto al 2.5%. Anche per la letalità si deve notare che si tratta di letalità dei casi e non degli infetti e la prima potrebbe anche essere influenzata dalla tipologia della popolazione sottoposta a test. Questa diminuzione potrebbe anche non essere reale ma dovrebbe consentire di escludere un aumento della letalità dovuto alle varianti.
In conclusione è probabile che le opinioni sulla caratteristica delle varianti non siano lontane dalla realtà ma neppure che la riproducano con esattezza mentre sarebbero necessarie evidenza solide per poter prendere dei provvedimenti capaci di affrontare i rischi reali dell’epidemia. Si potrebbe pensare che in periodo di emergenza ci si deve impegnare solo sulla prevenzione e sull’assistenza rinviando a tempi migliori le attività di ricerca. Ma per programmare ed implementare misure realmente mirate ed efficaci è assolutamente necessario avere indicazioni certe da parte dell’epidemiologia, e queste si possono ottenere solo svolgendo approfondite attività di ricerca che auspichiamo che per il futuro non mancheranno più come sta accadendo nel presente.
In ogni caso una prudente precauzione ci invita a rendere ancora più stringenti le misure di confinamento per evitare in ogni caso la contagiosità del virus, aumentata o no, e per proteggere i minori che, seppur sembra non abbiano gravi conseguenze dai contagi, pur sempre sono efficientissimi vettori dell’infezione nei rispettivi nuclei famigliari. E per quanto riguarda la letalità non consideriamoci già soddisfatti della lenta diminuzione dato che, rispetto ad altre realtà, in Italia risulta essere del tutto eccessiva.
Bibliografia in argomento:
Cantagiosità delle varianti
- Davies NG, Barnard RC, Jarvis CI, Kucharski AJ, Munday J, Pearson CAB, et al. Estimated transmissibility and severity of novel SARS-CoV-2 Variant of Concern 202012/01 in England. medRxiv [Preprint]. 26 December 2020; Available from: https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.12.24.20248822v1
- Volz E, Mishra S, Chand M, Barrett JC, Johnson R, Geidelberg L, et al. Transmission of SARS-CoV-2 Lineage B.1.1.7 in England: Insights from linking epidemiological and genetic data. medRxiv. [Preprint]. 4 January 2021; Available from: https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.12.30.20249034v2
- Statens Serum Institut (SSI). Kontakttal for virusvariant B.1.1.7. [updated 4 February 2021]. Available from: https://covid19.ssi.dk/-/media/cdn/files/kontakttal-for-b117-d-3-februar-2021_04022021.pdf?la=da
- Public Health England (PHE). Investigation of novel SARS-CoV-2 variant: Variant of Concern 202012/01, Technical briefing 5. 2020 [updated January 2021]. Available from:https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/957504/V ariant_of_Concern_VOC_202012_01_Technical_Briefing_5_England.pdf
Severità delle Varianti
- SAGE-EMG – SPI-B – Transmission Group. Mitigations to Reduce Transmission of the new variant SARS-CoV-2 virus, 23 December 2020 [cited 11 February 2021]. Available from: https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/948607/s 0995-mitigations-to-reduce-transmission-of-the-new-variant.pdf
- GOV.UK – Scientific Advisory Group for Emergencies. NERVTAG: Update note on B.1.1.7 severity, 11 February 2021. [updated 12 February 2021]. Available from: https://www.gov.uk/government/publications/nervtag- update-note-on-b117-severity-11-february-2021
- Robert Challen, Ellen Brooks-Pollock, Jonathan M Read, Louise Dyson, Krasimira Tsaneva-Atanasova, Leon Danon – Risk of mortality in patients infected with SARS-CoV-2 variant of concern 202012/1: matched cohort study – BMJ 2021;372:n579 Available from: http://dx.doi.org/10.1136/bmj.n579
fonte: E&P