Il testo è la sintesi dell’articolo pubblicato nella sezione Tema del n. 3/2020 di Rps e scaricabile dagli abbonati nella versione integrale al link: https://www.ediesseonline.it/prodotto/rps-n-3-2020/.
Numerosi studi hanno evidenziato l’intensificarsi delle pressioni sulle relazioni di lavoro del settore pubblico, soprattutto dopo la crisi finanziaria, che ha visto intersecarsi le iniziative ispirate al programma di New public management (Npm) con più forti spinte al contenimento dei costi e a misure di austerità. Si è sottolineata la perdita di posti, la stagnazione o il declino delle retribuzioni, il deteriorarsi di altre condizioni, l’aumento dell’unilateralismo, l’indebolimento del dialogo sociale, la marginalizzazione dei sindacati e la riduzione del loro ruolo nella governance del settore. Tendenze agevolate dal rafforzarsi delle spinte (ideologiche) contro le istituzioni delle relazioni industriali in generale. Anche se permangono ancora differenze tra paesi, si osservano crescenti convergenze, a partire dalla maggiore esposizione del settore pubblico alle pressioni esterne, internazionali. In tale quadro, alcuni studi hanno esaminato – più spesso con analisi su singoli paesi – le risposte dei lavoratori e delle loro organizzazioni.
L’articolo intende contribuire a tale dibattito sui cambiamenti nelle relazioni industriali nel settore pubblico dopo la crisi finanziaria, osservando anche le strategie implementate dai principali sindacati per influenzare le trasformazioni del settore e in particolare i livelli e la qualità dell’occupazione. L’analisi si concentra su due specifiche aree della pubblica amministrazione, la sanità (in particolare gli ospedali) e la scuola (in particolare la scuola primaria), e propone una comparazione tra cinque paesi europei: Danimarca, Paesi Bassi, Francia, Italia e Spagna. Essa si basa sui risultati del progetto internazionale di ricerca Bargaining and social dialogue at the public sector, finanziato dalla Commissione Europea e coordinato dall’Università di Amsterdam. La ricerca è stata realizzata tra il 2016 e il 2018, utilizzando un approccio mixed methods, con analisi di documenti e statistiche di varie fonti, integrate da 52 interviste semi-strutturate, in prevalenza a sindacalisti nei vari paesi coinvolti e dei sotto-settori pubblici esaminati.
L’analisi evidenzia alcune tendenze generali comuni ai vari paesi. Conferma che dalla metà degli anni 2000 si è creato un contesto meno/poco favorevole alle relazioni industriali nel settore pubblico. Nei paesi considerati, con riferimento a scuola primaria e ospedali, è emerso un aumento dell’unilateralismo, l’indebolimento del dialogo sociale e il regresso del coinvolgimento dei sindacati: non solo nella definizione dei budget, ma anche nel disegno e nella implementazione delle riforme del periodo, spesso ispirate ai principi del Npm e sinergiche con le misure di austerità e i tagli alla spesa pubblica. I risultati mostrano alcune variazioni tra paesi, dovute anche all’intensità delle pressioni esterne, ma nell’ambito di una convergenza nelle dinamiche.
In tale quadro si è osservato l’aumento della conflittualità, con una varietà di forme di protesta, rivolte soprattutto contro i governi, ma anche contro gli enti pubblici nei territori, le singole scuole, i singoli ospedali, ecc., realizzate spesso coniugando modalità nuove e tradizionali. Dunque, si è modificata la tendenza degli anni precedenti verso un’estesa negoziazione e si sono interrotte o rovinate – con diversi gradi di gravità – relazioni collaborative, spesso di lunga data, sia a livello nazionale che all’interno delle singole organizzazioni. Inoltre, si è osservata una crescita della frammentazione della rappresentanza del lavoro per l’emergere e il rafforzarsi di sindacati di mestiere od occupazionali, spesso semplici associazioni professionali con funzione di lobbying sul potere politico, concentrati sulla tutela di gruppi, professioni, interessi particolari, agevolati dal deteriorarsi delle relazioni tra le parti e dall’insoddisfazione dei lavoratori.
Ma una tendenza rilevante è anche l’intensificarsi dei tentativi sindacali, soprattutto dei sindacati tradizionali, più in difficoltà, di costruire alleanze con movimenti sociali e organizzazioni della società civile impegnati sui temi dei servizi pubblici. Nell’ambito di tale strategia, molteplici sono state le iniziative intraprese, con vari livelli di successo e continuità. Si possono menzionare, a titolo di esempio, le esperienze delle mareas in Spagna, le mobilitazioni con le associazioni di studenti, genitori, ecc. in Italia e Francia, la coalizione per la scuola primaria PO in actie nei Paesi Bassi. In altre parole, i sindacati hanno reagito al declino della loro capacità di influenza incrementando le loro risorse collaborative (o coalizionali). In tali alleanze hanno visto una fonte di rinnovata la forza e un modo per rinvigorire la loro immagine. Collegata a tale tendenza, ovunque, tra i principali sindacati, si è poi osservata anche una mobilitazione di risorse «discorsive» o «comunicative», con un spostamento verso il tema dell’erosione della disponibilità e qualità dei servizi pubblici ed enfatizzando la connessione tra «buoni lavori» e buoni livelli di servizi pubblici.
Tuttavia, se tali strategie hanno consentito ai sindacati, almeno ai principali, di contenere il declino di membership e reputazione, non hanno influenzato in modo significativo le politiche, scontrandosi con le scelte – spesso presentate come inevitabili – dei governi. E scuola primaria e ospedali – come altri sotto-settori pubblici – hanno visto, oltre al deteriorarsi delle relazioni tra le parti, un declino di posti, condizioni di lavoro, livelli di soddisfazione. Ma la crescente preoccupazione delle organizzazioni dei lavoratori per la qualità dei servizi, condivisa da altri attori, aggiunge ulteriori importanti indicazioni sugli approcci e le politiche adottate dal datore di lavoro pubblico. Sembra avallare l’idea di una forte connessione tra valorizzazione e qualità del lavoro, da un lato, e progressi nella disponibilità e qualità dei servizi, dall’altro. L’emergenza sanitaria, collegata al diffondersi del Covid-19 conferma tale argomento, rendendo quanto mai attuale la riflessione sul ruolo del lavoro, anche nel settore pubblico.
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Fonte: RPS La Rivista delle Politiche Sociali free text