Il Consultorio familiare per la tutela e promozione della salute dei singoli e delle comunità: una riflessione ai tempi del Coronavirus. di Laura Lauria, Ilaria Lega, Enrica Pizzi, Serena Donati

RIASSUNTO

Il contesto: tra i servizi sanitari territoriali che possono rappresentare una risorsa per fronteggiare l’emergenza COVID-19 ci sono i Consultori familiari (CF). Uno studio nazionale coordinato dall’Istituto superiore di sanità (ISS) e finanziato dal Ministero della salute, ne ha recentemente descritto le attività e i bisogni, mettendo in evidenza un’ampia variabilità interregionale nella disponibilità di sedi e di personale. Fra le attività dei CF rivestono importanza strategica l’assistenza al percorso nascita, i programmi di screening del tumore della cervice uterina e le azioni rivolte agli adolescenti.

I CF di fronte al COVID-19: nonostante la necessità di limitare l’offerta ai servizi indifferibili durante il lockdown, tante realtà sono state esemplari nella capacità di riorganizzare prontamente le attività nel nuovo contesto. L’articolo presenta una selezione di esperienze relative alle attività strategiche dei CF realizzate da marzo a giugno 2020 in 8 aziende sanitarie di diverse Regioni italiane.

Conclusioni: la lettura combinata di alcuni dei risultati dello studio dell’ISS e delle esperienze realizzate al tempo del COVID-19 offre una misura della capacità dei CF di rispondere ai bisogni del territorio e di adattarsi al cambiamento. Si tratta di servizi improntati a un modello di salute innovativo, che meritano di essere valorizzati e sostenuti. Parole chiave: consultori familiari, servizi sanitari territoriali, COVID-19

INTRODUZIONE

La pandemia di COVID-19 ha determinato un’emergenza sanitaria senza precedenti. Soprattutto nelle aree a più alta incidenza, la risposta delle istituzioni e dei servizi sanitari ha dovuto fronteggiare un corto circuito tra l’aumento della domanda e l’offerta di assistenza. I diversi modelli operativi sociosanitari adottati dalle Regioni sono stati oggetto di discussione. Se da un lato è emersa la carenza di posti letto a elevata specializzazione in terapia intensiva, dall’altra si è identificato nella riorganizzazione della medicina territoriale un’opportunità concreta per fronteggiare l’emergenza, anche in un’ottica di contrasto alle disuguaglianze nell’accesso alle cure.1

In tale contesto possono giocare un ruolo i Consultori familiari (CF), servizi di base a tutela della salute della donna, degli adolescenti e della coppia e famiglia,2 censiti da un progetto promosso e finanziato dal Ministero della salute nell’ambito del bando CCM 2017 e coordinato dall’Istituto superiore di sanità (ISS),3 che ha fatto il punto sull’operatività e sulle buone pratiche dei CF nazionali. Il presente contributo origina dai risultati di questo progetto, concluso nel gennaio 2020, che ha coinvolto tutte le Regioni/PA, tutti i coordinatori dei servizi consultoriali pubblici a livello aziendale/distrettuale (88% di rispondenza) e tutte le sedi di CF pubbliche e private accreditate del Paese (84% di rispondenza).3

I CF NELLA FOTOGRAFIA DEL PROGETTO ISS

I CF, ad accesso diretto e gratuito, sono concepiti come servizi di prossimità con il territorio. Il numero ideale per offrire le attività previste, stimato in un CF ogni 20.000 abitanti, si attesta oggi intorno a uno ogni 35.000 abitanti, con grande variabilità tra Regioni.3

I CF prevedono la presenza di una équipe multidisciplinare costituita da ginecologo, ostetrica, psicologo e assistente sociale, cui si possono aggiungere l’infermiere e l’assistente sanitario, oltre ad altre professionalità con un rapporto di consulenza. Il progetto ha rilevato una diffusa carenza di personale. A fronte di un numero standard di 108 ore di lavoro settimanale per 20.000 abitanti che consente alle équipe di rispondere al proprio mandato istituzionale, il dato medio rilevato è di 60 ore, con una grande variabilità compresa tra 38 ore in Piemonte e 100 nella PA di Trento .3 Una modalità richiamata nei principi istitutivi dei CF è l’integrazione con altri servizi sanitari e sociali, alla quale i CF hanno saputo dare concretezza come testimoniato dalla ampia disponibilità di accordi formali con ospedali, punti nascita (PN), servizi sociali, centri anti violenza (presenti nel 75%-80% delle 183 ASL/Distretti partecipanti), con la scuola (65%), con i dipartimenti di salute mentale e l’autorità giudiziaria (51-55%), con associazioni di volontariato (44%), con pediatri di libera scelta (PLS)/medici di medicina generale (MMG) (34%).3 I CF realizzano inoltre programmi di attività strategica basati sull’offerta attiva relativi a quattro aree prioritarie di intervento,4 riportate a seguire con alcuni dati resi disponibili dal progetto.3

  1. Il percorso nascita: il 98% dei CF si occupa di salute della donna, il 90% offrendo assistenza al percorso nascita, l’81% assistendo la gravidanza fisiologica;
  2. I corsi di accompagnamento alla nascita (CAN), offerti dal 66% dei CF e seguiti nel 2017 da oltre 88.000 donne (il 10% straniere);
  3. L’attivazione di programmi di screening del tumore della cervice uterina: l’83% dei CF esegue Pap test e/o HPV test, il 90% nell’ambito di programmi di screening;
  4. Le attività rivolte ad adolescenti/giovani, effettuata dal 74% dei CF, il 57% dei quali ha aperto spazi dedicati, mentre il 97% realizza interventi di prevenzione e promozione della salute nelle scuole.

Esclusi gli utenti coinvolti nei programmi di screening e negli incontri nelle scuole, nel 2017 gli utenti dei CF sono stati il 5% dei residenti, con una media di 3 prestazioni per utente.3  Il Progetto CCM ha consentito di caratterizzare per la prima volta le diverse realtà regionali, aziendali e di singola sede consultoriale presenti nel Paese. È emersa una eterogeneità degli assetti organizzativi e dei modelli operativi adottati a livello regionale e aziendale per rispondere agli obiettivi strategici. Per esempio, Valle d’Aosta, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Provincia autonoma (PA) di Trento, che sono le aree geografiche con le più alte percentuali di donne che scelgono il consultorio per l’assistenza alla gravidanza hanno identificato nella figura dell’ostetrica il fulcro dei modelli assistenziali al percorso nascita, in linea con le raccomandazioni dalla linea guida SNLG “Gravidanza fisiologica”. Conseguentemente la media di ore di lavoro settimanale delle ostetriche ogni 20.000 abitanti è stata potenziata fino a 2-3 volte il valore medio nazionale.3

I CF DI FRONTE AL COVID-19

L’emergenza COVID-19 ha messo a dura prova l’accesso diretto e le attività di prevenzione e promozione della salute che caratterizzano i CF. Sebbene durante il lockdown nazionale numerose sedi siano state chiuse limitando l’offerta a servizi e prestazioni indifferibili,5 tante realtà sono state esemplari nella capacità di riorganizzarsi. La panoramica che segue, riferita ad alcune realtà non rappresentative di tutti i CF nazionali, ha l’obiettivo di descrivere alcune modalità riorganizzative di riferimento trasferibili in altri contesti e di fornire alcuni elementi conoscitivi a supporto di una riflessione sul ruolo dei CF nell’ambito della rete di servizi territoriali chiamata in causa durante la pandemia. La scelta delle aziende sanitarie si è avvalsa delle conoscenze acquisite con il Progetto CCM, della documentazione prodotta sotto forma di articoli e pagine web ufficiali e delle esperienze raccolte dalla viva voce dei professionisti sanitari, tenendo conto dell’appartenenza ad aree a diversa diffusione dell’epidemia nel primo trimestre 2020, secondo la classificazione dell’Istat.6

…leggi l’articolo integrale su E&P (pdf)

Autrici: Laura Lauria, Ilaria Lega, Enrica Pizzi, Serena Donati, Gruppo di Lavoro CF e COVID-19* Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute, Istituto superiore di sanità, Roma

 

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